Inammissibile l’appello presentato con ricorso su impugnazione di una delibera assembleare notificato oltre il termine per impugnare
di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDFMassima: “L’appello avverso la sentenza che abbia pronunciato sull’impugnazione di una deliberazione dell’assemblea di condominio (nonostante il primo giudizio fosse stato introdotto con ricorso), ai sensi dell’art. 1137 c.c., va proposto, in assenza di specifiche previsioni di legge, mediante citazione in conformità alla regola generale di cui all’art. 342 cod. proc. civ., sicché la tempestività del gravame va verificata in base alla data di notifica dell’atto e non a quella di deposito dello stesso nella cancelleria del giudice ‘ad quem’ ”.
FATTO
Il giorno 19 giugno 2013 Tizio impugnava la delibera del 3 gennaio 2013, adottata dall’apposita assemblea del Condominio di via (OMISSIS), mediante la quale veniva approvata la modifica delle tabelle millesimali predisposte dal geometra Caio, sostituendo ipso facto quelle precedentemente in uso ed annullate dal Tribunale di Palermo con sentenza del 26 luglio 2011. attraverso il deposito di ricorso .
Il ricorrente sosteneva che le tabelle fossero contrarie al principio di proporzionalità, con specifico riferimento allo scantinato di sua proprietà esclusiva, al quale erano stati applicati dei coefficienti di riduzione illegittimi, nonché più elevati rispetto allo speculare locale di proprietà comune condominiale, seppur più luminoso e meglio esposto.
Il Condominio si costituiva in giudizio richiedendo il rigetto del ricorso.
Istruita la causa attraverso l’esperimento di indagini tecniche per la creazione di nuove tabelle millesimali, il Tribunale, in data 13 dicembre del 2017, emetteva sentenza mediante la quale rigettava l’impugnazione e contestualmente condannava al pagamento delle spese di rito il ricorrente.
Il 12 giugno 2018, Tizio impugnava la sentenza, sempre attraverso deposito di ricorso, chiedendo la riforma della sentenza.
Il Condominio si costituiva in giudizio eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’appello in quanto la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza sarebbe intervenuto oltre il termine di lungo di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza ex articolo 327 c.p.c., chiedendone il rigetto.
SOLUZIONE
La Corte dichiarava l’inammissibilità dell’appello di Tizio contro il Condominio, condannando l’appellate al pagamento in favore del resistente le spese relative al procedimento (quantificate nella cifra di 7.200,00 euro oltre alla refusione delle spese generali, IVA e CPA).
QUESTIONE
La Corte d’Appello siciliana esaminò in primis l’eccezione di inammissibilità dell’appello.
La questione, sollevata dal Condominio, era fondata sul presupposto che il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza sarebbero stati notificati dopo la scadenza del c.d. termine lungo previsto dall’art.327 c.p.c., conteggiato in sei mesi dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado. Oltre a quanto eccepito, il resistente ravvisò la sussistenza di un ulteriore vizio procedurale consistente nel fatto che Tizio avrebbe erroneamente proposto impugnazione mediante ricorso in luogo della citazione.
Infatti, viene spiegato nella motivazione, nella giurisprudenza della Corte di Cassazione è ormai affermato il principio in base al quale l’appello specificatamente proposto per la riforma della sentenza che abbia deciso in merito all’impugnazione di una delibera assembleare (nonostante il primo giudizio fosse stato introdotto con ricorso), ai sensi di quanto disposto dall’art.1137 c.c. e in assenza di specifiche previsioni di legge, debba essere proposto mediante atto di citazione conformemente alla regola stabilita dall’art.342 c.p.c.[1].
Ovviamente la questione se in questo specifico caso l’appello doveva essere introdotto mediante ricorso o citazione non può essere ridotto ad un mero esercizio dottrinale in merito alla correttezza formale della procedura, in quanto gli effetti della scelta si ripercuotono naturalmente sulla determinazione dei termini decadenziali per impugnare la sentenza di primo grado. Di fatti, il termine decadenziale c.d. lungo per l’impugnazione di una sentenza trova la propria naturale interruzione nel momento in venga correttamente finalizzato l’atto introduttivo del giudizio di gravame, dunque, o al momento del deposito presso la cancelleria del giudice ad quem, nel caso del ricorso, o una volta espletato il procedimento di notifica dell’atto di citazione.
Occorre riportare tuttavia come in giurisprudenza sia presente anche un filone di decisioni che giunge alla conclusione opposta rispetto a quella della Corte d’Appello di Palermo qui commentata. Infatti, la Suprema Corte, attraverso la sentenza del 26 luglio 2013 n. 18117, sostiene che, sulla scorta dei chiarimenti pervenuti dalle Sezioni Unite, “se la domanda di annullamento di una deliberazione condominiale, sia stata proposta impropriamente con ricorso, anziché’ con citazione, è egualmente valida, in quanto l’adozione della forma del ricorso non esclude l’idoneità al raggiungimento dello scopo di costituire il rapporto processuale, che sorge già mediante il tempestivo deposito in cancelleria”.
Tale interpretazione della norma processuale, e l’esistenza del sostenuto effetto sanante derivato dal deposito del ricorso, venne tuttavia fermamente rigettato dall’organo giudicante in quanto ritenuto, ormai, ampiamente superato. A sostegno di quanto indicato, la Corte citò un altro autorevole precedente della Cassazione, la sentenza n. 30044/2017, che ha precipuamente specificato che “…l’avverso orientamento, invocato dal ricorrente nella sua memoria, secondo cui, in tema di impugnazione delle deliberazioni assembleari del condominio, poteva essere introdotto con ricorso anche il giudizio di appello, dovendosi, in questo caso, intendere assicurato il rispetto del termine di gravame già dal deposito del ricorso in cancelleria, a prescindere dalla sua successiva notificazione (come sostenuto da Cass. 26.7.2013, n. 18117 e da Cass. 3.9.2014, n. 18573), deve intendersi superato a seguito di Cass. Sez. Un. 10.2.2014, n. 2907, la quale ha ritenuto di portata generale il principio per cui un appello erroneamente introdotto con ricorso, anziché con citazione, è suscettibile di sanatoria, a condizione, appunto, che nel termine previsto dalla legge l’atto sia stato non solo depositato nella cancelleria del giudice, ma anche notificato alla controparte, mentre la deroga, nel senso di un’assoluta equipollenza o indifferenza delle forme, delineata da Cass. Sez. U., 14.4.2011, n. 8491, trovava giustificazione soltanto per l’atto introduttivo del giudizio di primo grado di impugnazione delle delibere dell’assemblea condominiale, stante la formulazione dell’art. 1137 cod. civ., ante riforma del 2012″.
Tanto chiarito a livello generale, nel caso in esame la sentenza del Tribunale fu pubblicata il 13 dicembre del 2017, come da indicazione della cancelleria del giudice a quo sul fascicolo, dando inizio alla decorrenza del termine lungo. Successivamente, Tizio depositò il proprio ricorso in appello il 12 giugno del 2018, ossia il giorno prima della naturale decadenza del termine di legge, ritenendo tale evento idoneo all’interruzione della decadenza per la proposizione del gravame. Tuttavia, come riportato supra, posto che l’atto introduttivo corretto da produrre fosse la citazione e non il ricorso, l’interruzione della decorrenza del termine si sarebbe potuta verificare solo al momento della notificazione dell’atto in capo al soggetto appellato.
Nel caso di specie, in vero, la notificazione dell’atto avvenne il 2 luglio del 2018, ben oltre la scadenza dei 6 mesi dalla data di pubblicazione della sentenza oggetto del gravame[2].
In base a quanto correttamente dedotto dalla Corte d’Appello di Palermo, l’impugnazione della sentenza risultò essere manifestamente tardiva e determinò la dichiarazione dell’inammissibilità del gravame oltre alla condanna al pagamento delle spese di rito. Posto che l’appello venne dichiarato inammissibile, furono ritenuti sussistenti i presupposti di cui all’art. 13 comma I quater D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, come inserito dall’art. 1 comma 17 L. 24 dicembre 2012 n. 228 per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.
[1] Così Cass. n. 8839/2017; Cass. 6.11.2014, n. 23692; Cass. 21.3.2011, n. 6412; Cass. 8.04.2009, n. 8536.
[2] Termine lungo che precisamente sarebbe scaduto il 13 giugno del 2018.
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