12 Aprile 2022

La condanna alla restituzione del bene trasferito in forza di un contratto dichiarato nullo è provvisoriamente esecutiva

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 8 ottobre 2021, n. 27416 – Pres. Vivaldi – Rel. Rubino

Sentenza dichiarativa della nullità – Capo condannatorio – Esecuzione provvisoria – Condizioni – Limiti

Massima: “L’anticipazione in via provvisoria, ai fini esecutivi, degli effetti discendenti da statuizioni condannatorie contenute in sentenze costitutive non è consentita, essendo necessario il passaggio in giudicato, nel caso in cui la statuizione condannatoria sia legata all’effetto costitutivo da un vero e proprio nesso sinallagmatico (come nel caso di condanna al pagamento del prezzo della compravendita nella sentenza costitutiva del contratto definitivo non concluso) e nel caso in cui sia legata da un nesso di corrispettività rispetto alla statuizione costitutiva, potendo la sua immediata esecutività andare ad alterare la posizione di parità tra i contendenti; è, invece, consentita quando la statuizione condannatoria è meramente dipendente dall’effetto costitutivo, essendo detta anticipazione compatibile con la produzione dell’effetto costitutivo nel momento temporale successivo del passaggio in giudicato” [massima ufficiale].

CASO

Il Tribunale di Latina dichiarava nullo, in primo luogo, il contratto di compravendita avente per oggetto alcune proprietà immobiliari concluso tra due società e, in secondo luogo, quello con cui la società acquirente aveva successivamente trasferito a un’altra i medesimi beni, con condanna al loro rilascio in favore dell’originaria proprietaria e venditrice.

Intervenuto il fallimento di quest’ultima e nelle more dell’impugnazione delle due sentenze che avevano dichiarato la nullità dei contratti, la curatela avviava l’esecuzione per il rilascio degli immobili, avverso cui veniva proposta opposizione, che veniva respinta in primo grado.

La Corte d’Appello di Roma, tuttavia, riformava la sentenza, affermando che la condanna alla restituzione degli immobili non poteva essere eseguita fino a quando non fosse passata in giudicato la dichiarazione di nullità degli atti di compravendita, essendo il capo condannatorio legato all’effetto costitutivo da un vero e proprio nesso di sinallagmaticità.

Avverso tale pronuncia, la curatela interponeva ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione ha accolto il ricorso, affermando che la condanna al rilascio dell’immobile in favore dell’originario venditore a seguito della dichiarazione di nullità della compravendita è legata a tale statuizione non già da un rapporto di sinallagmaticità o di corrispettività, ma di mera dipendenza, con la conseguenza che deve reputarsene ammissibile l’esecuzione provvisoria ai sensi dell’art. 282 c.p.c.

QUESTIONI

[1] L’art. 282 c.p.c. stabilisce che la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva e legittima, dunque, l’avvio dell’esecuzione forzata.

La norma, tuttavia, ha formato oggetto di un ampio dibattito in merito ai suoi limiti di applicabilità, dal momento che sia la dottrina che la giurisprudenza si sono chieste se essa vada riferita a tutte le pronunce giudiziali (siano esse di mero accertamento, costitutive o di condanna) o solo a quelle che sono suscettibili di esecuzione forzata nelle forme previste dal libro III del codice di procedura civile.

Sul punto, la Corte di cassazione, all’esito di un articolato processo di elaborazione, è giunta ad affermare, innanzitutto, che, nello stabilire che la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti, l’art. 282 c.p.c., in realtà, plus dixit quam voluit, giacché la regola non può applicarsi indistintamente a tutte le pronunce di primo grado, ma solo a quelle che hanno un contenuto condannatorio (restando escluse, dunque, quelle dichiarative e costitutive).

Nel contempo, sempre secondo i principi enucleati dalla giurisprudenza, quando nella medesima sentenza siano compresenti una statuizione dichiarativa o costitutiva e una statuizione di condanna, l’immediata esecutività della seconda dipende dal tipo di rapporto che la lega alla prima, potendosene individuare quattro:

  • rapporto di sinallagmaticità, ovvero di interdipendenza reciproca tra le statuizioni modificative della realtà giuridica poste, rispettivamente, a favore e a carico di ciascuna parte, che sussiste quando il capo condannatorio costituisce un elemento costitutivo delle altre statuizioni, sicché, mancando l’esecuzione di quello, non sarebbero applicabili queste (com’è a dirsi, per esempio, nel caso di condanna al pagamento del prezzo a carico del promissario acquirente contenuta nella sentenza di condanna all’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto ai sensi dell’art. 2932 c.c.);
  • rapporto di corrispettività, che sussiste quando il capo condannatorio, se messo in esecuzione in via provvisoria separatamente dalle altre statuizioni contenute nella sentenza, costringerebbe una delle parti a subire gli effetti sfavorevoli della decisione, senza godere i benefici pure da essa scaturenti, alterandosi così l’equilibrio preesistente alla pronuncia e la parità delle armi delle parti nel processo (è il caso, per esempio, della condanna al pagamento di un conguaglio in denaro pronunciata a carico di uno dei comproprietari e contenuta nella sentenza dichiarativa dello scioglimento della comunione);
  • rapporto di dipendenza, ravvisabile quando il capo condannatorio è la conseguenza necessaria e in senso stretto del capo dichiarativo o costitutivo, perché non integra esso stesso il nuovo assetto d’interessi, ma ne discende in via meramente derivativa (com’è a dirsi, per esempio, per la condanna al rilascio dell’immobile contenuta in una pronuncia di accoglimento dell’azione revocatoria di una compravendita);
  • rapporto di accessorietà, che sussiste quando il capo condannatorio non incide in alcun modo sul contenuto del capo dichiarativo o costitutivo (è il caso, per esempio, della condanna alle spese di lite).

Così, secondo la giurisprudenza, allorché ricorra un rapporto di sinallagmaticità o di corrispettività, il capo condannatorio non è immediatamente esecutivo, mentre negli altri due casi è predicabile la sua provvisoria esecutività, dal momento che possono ritenersi anticipabili gli effetti esecutivi dei capi (condannatori) della sentenza che sono compatibili con la produzione dell’effetto costitutivo in un momento temporale successivo, ossia con il passaggio in giudicato del capo di sentenza costitutivo.

Nel caso esaminato dalla sentenza che si annota, la statuizione di rilascio dell’immobile in favore dell’originario venditore a seguito della dichiarazione di nullità della originaria compravendita doveva considerarsi legata alla statuizione costitutiva da un rapporto di mera dipendenza (e non da un nesso di sinallagmaticità o di corrispettività), potendosene, quindi, ammettere la provvisoria esecutività, indipendentemente dal passaggio in giudicato della sentenza.

Sulla scorta del principio in base al quale non è consentito anticipare l’efficacia esecutiva di alcuni capi della sentenza solo quando ciò si traduca nella costrizione, a carico di una parte, a subire anzitempo (cioè in forza dell’esecutività provvisoria) gli effetti a sé sfavorevoli della pronuncia, senza potere beneficiare di quelli favorevoli ricollegabili alla formazione del giudicato e che dei primi costituiscono – anche nella sostanza – un corrispettivo, in quanto funzionalmente diretti a compensarli, se non addirittura a costituire la controprestazione in senso tecnico, i giudici di legittimità hanno affermato che l’esecuzione provvisoria della statuizione con cui la parte soccombente è condannata a rilasciare il bene all’originario venditore, in conseguenza della declaratoria di nullità del contratto di compravendita, non altera il rapporto tra le parti, perché è funzionale ad adeguare la realtà fattuale a quella giuridica, non costituisce un nuovo rapporto, non altera l’assetto degli interessi ed è, in sostanza, meramente dipendente dalla pronuncia principale.

Infatti, essendo venuto meno il titolo che ha trasferito la proprietà del bene, l’obbligo di restituirlo al soggetto che, in ragione della nullità del contratto traslativo, non ne ha mai perso la proprietà, è da considerarsi immediatamente operativo e, dunque, suscettibile di essere posto in esecuzione in via provvisoria anche prima del passaggio in giudicato della statuizione di nullità, non inficiando tale conclusione il fatto che l’eventuale riforma di quest’ultima, travolgendo anche i capi di condanna, potrebbe condurre all’esercizio di azioni recuperatorie (trattandosi di una conseguenza fisiologicamente connaturata alla provvisorietà che caratterizza l’esecuzione anticipata consentita dall’art. 282 c.p.c.).

In definitiva, gli effetti restitutori conseguenti alla statuizione di condanna contenuta nella sentenza dichiarativa della nullità del contratto traslativo sono da reputarsi immediatamente esecutivi perché da quest’ultima meramente dipendenti, rimanendo escluse dal perimetro della provvisoria esecutività solo quelle statuizioni che comportano una modifica dei rapporti, determinando un nuovo assetto d’interessi che è consequenziale alla definitività della statuizione costitutiva e non può, così, prodursi prima della stabilità (ovvero del passaggio in giudicato) di questa.

Esula, invece, dal tema dell’ammissibilità dell’anticipazione – in via provvisoria – dell’esecuzione dei capi condannatori contenuti in una sentenza costitutiva o di accertamento ai sensi dell’art. 282 c.p.c., la problematica concernente la possibilità di avviare l’espropriazione forzata in virtù di una sentenza di condanna generica, con la quale, ai sensi dell’art. 278 c.p.c., il giudice abbia dichiarato il diritto di ottenere il risarcimento del danno, rimettendone, tuttavia, la liquidazione a un momento successivo, ovvero a un diverso e separato giudizio: come recentemente affermato da Cass. civ., sez. III, 12 ottobre 2021, n. 27686, infatti, quando nella sentenza non sia precisato in termini monetari l’ammontare del risarcimento, né siano enunciati in maniera completa i parametri per determinarlo sulla base di un’operazione matematica, rimandandosi la specificazione di tali aspetti, è esclusa in radice la configurabilità di un titolo esecutivo, non potendosi né individuare una statuizione di condanna al pagamento di un importo determinato, né quantificare la misura della prestazione spettante all’interessato mediante semplici operazioni aritmetiche, eseguibili sulla base di elementi di fatto contenuti nella medesima sentenza o mediante il richiamo a criteri di legge senza un ulteriore intervento del medesimo o di un altro giudice.

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