15 Marzo 2022

Contratto autonomo di garanzia e clausole vessatorie

di Martina Mazzei, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ. sez. III, ord. 18 febbraio 2022, n. 5423 – Pres. e Rel. Frasca

[1] Tutela del consumatore – Contratto autonomo di garanzia – Contratti atipici – Clausole vessatorie – Clausola di limitazione della proponibilità di eccezioni

(Cod. cons. D.lgs. n. 206/2005: artt. 33, 34, 35 e 36)

[1] “La disciplina degli artt. 33,34,35 e 36 del Codice del Consumo trova applicazione anche ai contratti atipici e ciò, quanto alla previsione dell’art. 36, comma 1, anche là dove la clausola accertata come abusiva esprima il profilo di atipicità del contratto. In relazione al contratto atipico di garanzia a prima richiesta e senza eccezioni, l’accertamento dell’eventuale posizione di consumatore del garante deve avvenire con riferimento ad esso e non sulla base del contratto garantito e nel caso di riconoscimento al garante della posizione di consumatore è applicabile a sua tutela la disciplina degli artt. 33,34,35 e 36 del Codice del Consumo ed in particolare la previsione dell’art. 33, lett. t) e ciò, quanto alla clausola di limitazione della proponibilità di eccezioni, sia con riferimento alle limitazioni inerenti ad eventuali eccezioni relative allo stesso contratto di garanzia, sia con riferimento all’esclusione della proponibilità di eccezioni relative all’inadempimento del rapporto garantito da parte del debitore garantito, con la conseguenza che in quest’ultimo caso, ove la clausola venga riconosciuta abusiva, il contratto conserverà validità ai sensi del comma 1 del citato art. 36 ed il garante potrà opporre dette eccezioni”.

CASO

[1] Tizio, pilota automobilistico, sottoscriveva un contratto con una società di automobili da corsa la quale si impegnava, dietro pagamento di un prezzo, a fornire alcune auto per partecipare a gare di corsa. Per garantire l’adempimento delle obbligazioni del pilota era stato sottoscritto un contratto autonomo di garanzia con il quale il padre di Tizio forniva una garanzia per l’adempimento da parte del figlio “a prima richiesta e senza eccezioni”. Nel corso dell’esecuzione del contratto, tuttavia, dato che Tizio si rendeva responsabile di alcuni inadempimenti contrattuali la scuderia agiva in giudizio chiedendo la risoluzione del contratto e il pagamento del prezzo ancora dovuto. A seguito del primo giudizio la scuderia agiva altresì avverso il padre-garante reclamando il rispetto delle obbligazioni previste nel contratto.

Il Tribunale prima, e la Corte d’Appello poi, accoglievano le doglianze attoree e respingevano le opposizioni del padre del pilota che invocava l’applicabilità, al caso di specie, delle garanzie del codice del consumo.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione adita dalla parte soccombente, con una lunga e articolata motivazione, ha accolto parzialmente il ricorso affermando la qualifica di consumatore del padre del pilota e la conseguente applicazione della tutela di cui all’art. 33 del Codice del Consumo. Da tali affermazioni ne ha desunto la parziale invalidità del contratto in questione nella parte in cui, non avendo provato la scuderia la trattativa sulle singole clausole, la garanzia stessa era offerta “a prima richiesta e senza eccezioni”.

Alla luce di numerose e approfondite valutazioni la Cassazione ha enunciato il principio di diritto sopra riportato cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello per una seconda valutazione nel merito.

QUESTIONI

[1] La sentenza in epigrafe ha chiarito i rapporti tra contratto autonomo di garanzia o c.d. garanzia a prima richiesta ed il Codice del Consumo con riguardo alla disciplina del Titolo I della Parte III, che reca le disposizioni sui contratti del consumatore in generale e, in seno ad esse, quella delle c.d. clausole vessatorie.

In via preliminare la Corte di Cassazione afferma che sebbene la soggezione del contratto autonomo di garanzia o a prima richiesta, quale figura contrattuale atipica espressione dell’autonomia privata ai sensi dell’art. 1322 c.c. all’applicazione della disciplina consumeristica sui contratti del consumatore in generale e, particolarmente, su quella delle c.d. clausole vessatore, di cui all’art. 33 Codice, sia da condividere, è necessario approfondirne le ragioni. Per la Corte, infatti, “è necessario interrogarsi sull’esistenza di eventuali limiti di tale applicazione e ciò avuto riguardo al profilo della causa della figura di contratto atipico in discorso”.

Tale profilo causale, che esprime la stessa atipicità del contratto autonomo di garanzia o a prima richiesta, è stato già individuato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 3947 del 2010 nei termini riassunti dal seguente principio di diritto, che ne ha segnato i caratteri distintivi dalla fideiussione: “Il contratto autonomo di garanzia (cd. Garantievertrag), espressione dell’autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, che può riguardare anche un fare infungibile (qual è l’obbligazione dell’appaltatore), contrariamente al contratto del fideiussore, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui (attesa l’identità tra prestazione del debitore principale e prestazione dovuta dal garante); inoltre, la causa concreta del contratto autonomo è quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no, mentre con la fideiussione, nella quale solamente ricorre l’elemento dell’accessorietà, è tutelato l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale. Ne deriva che, mentre il fideiussore è un “vicario” del debitore, l’obbligazione del garante autonomo si pone in via del tutto autonoma rispetto all’obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita, perché non necessariamente sovrapponibile ad essa e non rivolta all’adempimento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore”.

Le stesse Sezioni Unite hanno, altresì, affermato che “L’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia (cd. Garantievertrag), in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale” (c.d. exceptio doli).

La causa del contratto autonomo di garanzia, intesa come espressione di quella meritevolezza di tutela cui allude l’art. 1322 c.c., comma 2, che giustifica che le parti concludano un contratto non riconducibile ad uno dei tipi previsti dall’ordinamento, pertanto, è individuata nella prestazione della garanzia per il fatto oggettivo dell’inadempimento del debitore del rapporto garantito senza che possano rilevare ragioni giustificative di tale inadempimento e, dunque, con esclusione della possibilità di opporre eventuali eccezioni che potrebbero farlo ritenere giustificato.

Stante l’individuazione in tali termini del profilo della causa atipica del contratto autonomo di garanzia o a prima richiesta e, dunque, l’inerenza del divieto di opporre eccezioni giustificative dell’inadempimento del debitore la cui prestazione è stata garantita, la c.d. clausola a prima richiesta e senza eccezioni diventa una previsione che, in quanto espressiva della causa atipica del negozio, rappresenta la ragione giustificativa della sua stipula e dunque, fermo che non è a fortiori una clausola inserita in un tipo contrattuale che altrimenti potrebbe prescinderne, nemmeno assume i caratteri di clausola eventuale rispetto allo schema atipico. La previsione, in altre parole, non è a stretto rigore una clausola nel senso cui vi si riferisce il Codice del Consumo nell’art. 33, il quale suppone che il contratto possa essere concluso senza quelle che vengono definite come clausole che sono definite vessatorie nel comma 1 e riguardo alle quali il comma 2 individua poi alcune ipotesi contenutistiche cui assegna in via presuntiva natura vessatoria.

Nella norma dell’art. 33, comma 1, con previsione che connota pure il profilo delle clausole poi presunte vessatorie nel comma 2, la nozione di clausola è riferita ad un contenuto del contratto, che se non fosse previsto, non toglierebbe la possibilità di concluderlo senza di esso. Nel contratto autonomo di garanzia, la c.d. clausola a prima richiesta e senza eccezioni, se non sussistesse, non consentirebbe la stipula di una pattuizione riconducibile a detto contratto, ma assegnerebbe all’eventuale accordo inter partes un profilo causale diverso, nel senso che non sarebbe possibile assegnare all’accordo il profilo atipico del detto contratto.

Ciò posto la Corte di Cassazione ritiene che si debba privilegiare l’opzione interpretativa per cui ferma la generale applicabilità della tutela consumeristica alla garanzia autonoma o a prima richiesta, l’art. 33, lett. t) è applicabile anche al divieto di proposizione di eccezioni relative al rapporto garantito, cioè alla clausola stessa che connota ed individua l’atipicità di detto contratto.

Induce a tale conclusione l’esatta lettura della fonte comunitaria in adempimento della quale è stato emesso il c.d. Codice del Consumo. Essa evidenzia nei considerando precisazioni circa lo scopo della direttiva, le quali assumono rilievo decisivo per escludere che la disciplina consumeristica non debba trovare applicazione alla c.d. clausola di garanzia a prima richiesta e senza eccezioni per il fatto che essa connota la stessa atipicità della figura contrattuale. Deve considerarsi, infatti, che la Direttiva CE 93/13/CEE del 5 aprile 2005:

  • nel decimo Considerando assume che le regole uniformi in merito alle clausole abusive da adottarsi dagli Stati membri “devono applicarsi a qualsiasi contratto stipulato fra un professionista ed un consumatore” e di seguito indica i contratti esclusi dall’applicazione della direttiva nei contratti di lavoro, nei contratti relativi ai diritti di successione, nei contratti relativi allo statuto familiare e nei contratti relativi alla costituzione ed allo statuto delle società;
  • nel tredicesimo considerando, dopo avere registrato nel dodicesimo “che per le legislazioni nazionali nella loro forma attuale è concepibile solo un’armonizzazione parziale” e ribadito “che, in particolare, sono oggetto della presente direttiva soltanto le clausole non negoziate individualmente” e “che pertanto occorre lasciare agli Stati membri la possibilità di garantire, nel rispetto del trattato, un più elevato livello di protezione per i consumatori mediante disposizioni nazionali più severe di quelle della presente direttiva“, assume espressamente “che si parte dal presupposto che le disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri che disciplinano, direttamente o indirettamente, le clausole di contratti con consumatori non contengono clausole abusive” e “che pertanto non si reputa necessario sottoporre alle disposizioni della presente direttiva le clausole che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative nonché principi o disposizioni di convenzioni internazionali di cui gli Stati membri o la Comunità sono parte“.

Ebbene, il contenuto del decimo Considerando palesa che l’ambito di applicazione della direttiva è stato indicato dal legislatore con l’espressa precisazione che le regole uniformi sulle clausole abusive da dettarsi dagli Stati membri debbano trovare applicazione a tutti i contratti, esclusi quelli espressamente indicati. Tale contenuto induce a dovere interpretare la disciplina di diritto interno necessariamente nel senso che essa, dovendosi applicare a tutti i contratti, esclusi quelli indicati, debba trovare applicazione sia ai contratti tipici sia ai contratti atipici contenenti clausole abusive e tanto implica una prima ragione per ritenere che la direttiva abbia imposto l’applicazione della tutela consumeristica sulle clausole abusive anche ai contratti atipici in cui la clausola presuntivamente abusiva esprima proprio l’atipicità della figura contrattuale.

Il contenuto del tredicesimo Considerando, là dove ha supposto “che le disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri che disciplinano, direttamente o indirettamente, le clausole di contratti con consumatori non contengono clausole abusive” ed ha soggiunto “che pertanto non si reputa necessario sottoporre alle disposizioni della presente direttiva le clausole che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative nonché principi o disposizioni di convenzioni internazionali di cui gli Stati membri o la Comunità sono parte“, ha inteso implicitamente confermare che la direttiva deve trovare applicazione anche ai contratti atipici, giacché con la prima affermazione si è voluto dire che gli schemi contrattuali tipici, cioè quelli regolati dalle legislazioni nazionali, non contengono clausole abusive o sospette di abusività, e, dunque, oltre ad individuare come àmbito di applicazione della direttiva tali contratti in quanto contenenti clausole abusive o presuntivamente tali, aggiuntive allo schema regolato dalla legge, anche a maggior ragione ed a contrario i contratti atipici, in quanto il loro schema non è individuato dalla legge nazionale.

In altri termini, se il legislatore comunitario ha espresso il convincimento che i contratti disciplinati dalle legislazioni nazionali non contengono clausola abusive o presumibili tali, così sottraendo all’applicazione della direttiva le clausole che identificano il singolo tipo contrattuale nelle leggi nazionali, ha inteso a fortiori, tenuto conto della proclamazione generalista del decimo Considerando, sancire che alla direttiva invece soggiacciono gli schemi contrattuali atipici, qualora contenenti clausole abusivi o presunte tali e ciò ancorché si tratti di clausole che, per così dire, esprimano proprio l’atipicità della figura contrattuale. Ne segue allora che la legislazione italiana di attuazione della direttiva, là dove all’art. 36, comma 1, del d.lgs. n. 206 del 2005 sancisce che, nel caso di nullità di clausole abusive, il contratto rimane valido per il resto, non può essere inteso nel senso ipotizzato in precedenza, cioè come escludente dall’àmbito della sua applicazione l’ipotesi in cui la clausola presuntivamente considerata vessatoria dall’art. 33 rappresenti l’espressione della atipicità di un contratto.

L’applicazione in tale ipotesi del comma 1 dell’art. 36, ancorché conduca alla conservazione del contratto senza il profilo che ne scolpiva l’atipicità non realizza un risultato incongruo rispetto allo scopo della direttiva, ma del tutto coerente con esso. Inoltre, la stessa disposizione del comma 1 dell’art. 36, dicendo che il contratto “rimane valido per il resto” risulta di tale genericità da dovesi escludere che questa validità “per il resto” si presti a comprendere soltanto il profilo di un contratto atipico, così dovendosi reputare che il nostro legislatore nazionale non abbia affatto inteso esigere che la permanenza del contratto si debba intendere come permanenza del contratto tipico voluto dalle parti.

Tale esegesi è anche adeguata al fatto che nel ventunesimo Considerando il legislatore comunitario, dopo avere detto che le clausole abusive “non vincoleranno il consumatore“, ha detto che “il contratto resta vincolante per le parti secondo le stesse condizioni, qualora possa sussistere anche senza le clausole abusive“, il che evidenzia solo la necessità che, eliminata la clausola abusiva, il contratto possa comunque esprimere una sua funzione regolatrice dell’assetto di interessi. Il che è stato poi espresso chiaramente nell’art. 6 della Direttiva, secondo cui, riconosciuta la no vincolatività delle clausole abusive, il contratto deve restare “vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive“.

Dunque, con un riferimento al contratto autonomo di garanzia o a prima richiesta, l’eventuale eliminazione da esso per abusività, in assenza di dimostrazione dell’esistenza della trattativa sul punto, della clausola a prima richiesta e senza eccezioni, se è vero che comporta il venir meno della funzione contrattuale che ne esprime l’atipicità, non toglie che il contratto di garanzia possa sussistere fra le parti appunto come tale ma con la possibilità del garante di opporre le eccezioni relative al rapporto garantito che la clausola “a prima richiesta” impediva di opporre.

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