Onere probatorio in caso di danno da illegittima occupazione di immobile
di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDFMassima: “Nel caso di occupazione illegittima di un immobile, il danno subito dal proprietario non può ritenersi sussistente in re ipsa, in quanto tale concetto è volto ad identificare il danno con l’evento dannoso ed a configurare un vero e proprio danno punitivo, ponendosi in contrasto sia con l’insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte (Sent. 11/11/2008, n.26972), secondo il quale quel che rileva ai fini risarcitori è il danno conseguenza, che deve essere allegato e provato, sia con il più recente intervento nomofilattico (Sent. 05/07/2017, n. 16601), che ha riconosciuto la compatibilità del danno punitivo con l’ordinamento solo nel caso di espressa sua previsione normativa, in applicazione dell’articolo 23 Cost.”
CASO
A seguito della dichiarazione di inizio della procedura concorsuale, il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. (OMISSIS) convenne in giudizio altre due società, la (OMISSIS) S.r.l. e la (OMISSIS) S. coop. p.a, con le quali aveva in precedenza[1] sottoscritto un contratto di locazione di un immobile, al fine di dichiarare ed accertare l’inefficacia e l’inopponibilità non solo del suddetto contratto ma anche di quello di sublocazione conclusosi tra la (OMISSIS) S.r.l. e un istituto di credito[2], con conseguente dichiarazione dell’occupazione senza titolo da parte dei convenuti e la loro condanna al rilascio ed al pagamento in solido dell’indennità d’occupazione.
A sostegno della domanda attorea il fatto che ai tempi della stipulazione dei contratti l’immobile risultava essere gravato da varie iscrizioni ipotecarie e dalla trascrizione di un pignoramento, derivandone l’inopponibilità alla massa dei contratti in virtù del c.d. sistema prenotativo delle trascrizioni[3] e della stessa legge fallimentare in tema di esecuzioni[4].
La (OMISSIS) S.r.l si costituì in giudizio chiedendo il rigetto nel merito della domanda della società fallita e proponendo domanda riconvenzionale nei confronti della stessa al fine di ottenere la declaratoria di subentro ai sensi dell’art. 80 L. Fall. nel contratto di locazione.
Esperiti i primi due gradi del giudizio di merito, i giudici decisero di accogliere le pretese del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. (OMISSIS), riconoscendo, in primo grado, l’inefficacia nei confronti dei creditori sia del contratto di locazione sia di quello di sublocazione, e, in appello, la condanna per la (OMISSIS) S.r.l. a corrispondere alla parte attorea una determinata somma di capitale a titolo di indennità di occupazione[5].
Avverso a tali decisioni delle Corti di merito, (OMISSIS) S.r.l. propose ricorso alla Corte di Cassazione sulla base di quattro motivi, il Fallimento (OMISSIS) S.r.l. (OMISSIS), a sua volta, presentò controricorso.
In base alle disposizioni della nuova disciplina introdotta dal Decreto Legge n. 137 del 2020, art.23, comma VIII-bis, poi inserito nella legge di conversione n. 176 del 2020, una volta fissata la data per l’udienza pubblica il ricorso venne trattato in camera di consiglio senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non essendo stato manifestato alcun interesse da parte degli interessati alla discussione orale.
Il Procuratore Generale ho inoltre depositata in prossimità della camera di consiglio le proprie conclusioni scritte demandando la rimessione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite quanto al primo motivo del ricorso principale e, in subordine, il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale.
SOLUZIONE
La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione decise di accogliere il primo motivo del ricorso principale inerente la sostenuta “violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,1226,2043,2056,2697,2727 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma I”, censurando dunque la sentenza impugnata.
Sentenza pertanto cassata e causa rinviata anche per la decisone inerente alle spese del giudizio di legittimità alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione.
Non sono stati ritenuti sussistenti i presupposti processuali per il versamento da parte di ambe due i ricorrenti[6] di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato in misura pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi.
QUESTIONI
Il fulcro della sentenza in commento ruota intorno al primo motivo di ricorso presentato dalla (OMISSIS) S.r.l., in base al quale censura la decisione della Corte d’Appello veneta nella parte in cui accolse la domanda incidentale presentata dal Fallimento, attraverso cui quest’ultimo aveva lamentato il mancato accoglimento della domanda di condanna della parte conduttrice e subconduttrice al pagamento dell’indennità per l’occupazione sine titulo degli immobili in questione. A destare le maggiori perplessità è stata la lettura data dalla Corte della natura del pregiudizio, in quanto ritenuto sussistente in re ipsa a seguito della perdita della disponibilità del bene, in quanto di per sé fruttifero e così presunto iuris tantum
A seguito delle motivazioni presentate dalla parte ricorrente, il Collegio ha osservato che, così come a più riprese affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità, il danno subito dal proprietario in occasione dell’illegittima occupazione di un immobile non può ritenersi sussistente in re ipsa in quanto tale concetto è finalizzato ad individuare gli estremi di un vero e proprio danno punitivo. Una valutazione difforme pertanto si porrebbe in contrapposizione sia con quanto affermato dalle Sezioni Unite[7] sia con l’ulteriore e più recente intervento nomofilattico[8] il quale ha riconosciuto la compatibilità del danno punitivo con l’ordinamento solo nel caso di sua espressa previsione normativa, in applicazione dell’art.23 della Costituzione.
Data la natura particolarmente evidente del danno derivante dall’occupazione di immobile sine titulo, appare chiaro che la sussistenza del medesimo possa essere provata in modo agevole anche attraverso presunzioni semplici, ma tale minor rigore sul piano dell’onere probatorio non può assolutamente essere frainteso con un esonero dagli obblighi di allegazione in capo a chi intenda avvalersi della prova.
Da tale orientamento discende dunque che il proprietario dell’immobile illecitamente occupato dovrà dar prova della propria concreta intenzione sfruttare la natura fruttifera del bene[9] e, pertanto, di aver subito un’effettiva lesione del proprio patrimonio a causa della impossibilità di locare il bene ovvero per aver perso l’occasione di vendere il medesimo ad un prezzo conveniente o per aver subito gli effetti di altre situazioni pregiudizievoli la cui valutazione sarà ovviamente rimessa al giudice di merito sulla base dei dovuti elementi indiziari allegati dal danneggiato.
Nel corpo della motivazione, il Collegio prese atto del fatto che sussistesse un orientamento insito nella giurisprudenza di legittimità che, contrariamente, rimarca la natura in re ipsa del danno da occupazione sine titulo[10]. Particolare menzione venne fatta per l’ordinanza n. 20708 del 31 Luglio 2019 emessa dalla Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, la quale, pronunciatasi in merito alla mancata riconsegna di un’area demaniale a seguito della scadenza della concessione, affermò che il danno in questione debba ritenersi sussistente in re ipsa e debba essere presumibilmente commisurato al valore locativo dell’immobile occupato. A rilevare sarebbe dunque l’impossibilità anche solo potenziale di conseguire un’utilità dalla messa a frutto del bene, comportando dunque l’applicazione, analogica, del criterio di valutazione ex art.1591 c.c. inerente alla commisurazione dei danni da ritardata restituzione, applicabile a tutti i tipi di contratto che concedano l’utilizzazione di un bene ad un altro soggetto dietro corrispettivo.
Tuttavia il Collegio ha ritenuto nella sua decisione che l’orientamento fosse ormai superato dalla più recente giurisprudenza di legittimità prodotta dalla stessa Seconda Sezione Civile, la quale, nella sentenza n. 21272 del 5 Ottobre 2020, ha statuito che “il danno subito dal proprietario discende dalla menomazione della facoltà di godimento anche indiretta del bene e ben può essere apprezzato sul piano presuntivo, come riconosce anche l’orientamento che esattamente nega rilievo al cd. danno in re ipsa (Cass. 24 aprile 2019, n. i1203)”, andando contestualmente a cassare la decisione che aveva rigettato la domanda risarcitoria per occupazione sine titulo poiché non vi era alcuna prova che il bene ove lasciato libero sarebbe stato fruttuosamente utilizzato.
Nel fatto di specie, la Corte d’Appello di Venezia ha affermato che il danno esaminato sussistesse in re ipsa e lo ha inoltre posto alla base di una presunzione di tipo relativa, il tutto senza essersi né confrontata né tantomeno tenendo conto di eventuali allegazioni della parte istante sul punto di merito la quale, aderendo alle disposizioni di diritto sopra esposte, avrebbe dovuto dedurre ed allegare gli estremi del danno-conseguenza subito dalla mancata disponibilità dell’immobile. Il motivo pertanto viene accolto.
In concomitanza con l’esame del punto di diritto, la Terza Sezione Civile si espresse anche in merito alla richiesta del P.G. di sottoporre la questione di diritto al Primo Presidente ritenendo che sul punto fosse necessario l’intervento delle Sezioni Unite al fine di dirimere il paventato contrasto di orientamenti in merito alla natura del danno da occupazione sine titulo e del discendente onere probatorio.
Sul punto il Collegio ha ritenuto non sussistenti i presupposti per la rimessione dell’esame della controversia al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle S.U., posto che, come enunciato nella motivazione stessa, l’orientamento prevalente richiamato, non solo dal presente Collegio ma dall’intera Terza Sezione, è stato altresì accolto dalla stessa Seconda Sezione Civile in pronunce più recenti e risulta essere totalmente conforme ai principi espressi dalle S.U. con la già citata sentenza n. 26972, 11 Novembre 2008.
L’accoglimento del primo motivo del ricorso presentato dalla (OMISSIS) S.r.l. ha comportato l’assorbimento dell’esame degli ulteriori motivi presentati sia attraverso il ricorso principale che attraverso quello incidentale.
Condivisibile sul punto appare l’orientamento dei giudici della cassazione, tanto più che in questo stesso senso appare indirizzata la giurisprudenza delle due sezioni che si occupano della materia, rendendo così superfluo, al momento e sino ad una “nuova puntata” un nuovo intervento delle Sezioni UUnite.
[1] Rispettivamente in data 16 Giugno e 7 Luglio 2009.
[2] Sottoscritto in data 1 Luglio 2009.
[3] Artt. 2643 c.c., n. 8, e 2644 c.c.
[4] Artt. 57 e 101 L. Fall.
[5] Quantificata in 173.360 euro, oltre agli interessi calcolati al tasso di legge dalla domanda al saldo.
[6] Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, art. 13, comma I quater, introdotto dalla L. 24 Dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma XVII.
[7] Sentenza 11/11/2008, n. 26972, in base alla quale ciò che rileva a fini risarcitori è il danno-conseguenza, che deve essere per sua stessa natura allegato e provato.
[8] Sentenza 5/07/2017, n. 16601.
[9] In tal senso: Cass. 25/05/2018, n. 13071; Cass. 24/04/2019, n. 11203; v. anche: Cass., ord., 5/06/2020, n. 10804; Cass. 5/10/2020, n. 21272.
[10] Così: Cass. 18/01/2006, n. 827; Cass. 8/03/2010 n. 5568, Cass. 7/08/2012, n. 14222 e Cass. 16/04/2013, n. 9137; Cass., ord. 6/08/2018, n. 20545.
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