22 Febbraio 2022

Revoca della liquidazione del patrimonio pronunciata in sede di reclamo: è escluso il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, 7°co., Cost.

di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cass., sez. I, 27 gennaio 2022, n. 2461, Pres. Ferro – Est. Amatore

[1] Sovraindebitamento – Provvedimento di accoglimento del reclamo avverso il decreto di apertura della liquidazione del patrimonio – Ricorribilità per cassazione – Esclusione – Fondamento

Massima: “È inammissibile la ricorribilità per cassazione del decreto di accoglimento del reclamo avverso il decreto di apertura della liquidazione del patrimonio, venendo in rilievo una decisione non definitiva, priva di natura decisoria su diritti soggettivi, non suscettibile di passaggio in giudicato né idonea a precludere la reiterabilità dell’iniziativa concorsuale£. 

CASO

[1] Il provvedimento in commento trae origine da un ricorso straordinario per cassazione proposto da due debitori richiedenti l’accesso alla procedura di liquidazione del patrimonio ex artt. 14-ter e ss. della l. 27 gennaio 2012, n. 3.

Più nello specifico, l’adito Tribunale di Teramo aveva inizialmente accolto la domanda dei ricorrenti, dichiarando l’apertura della procedura liquidatoria; a seguito di reclamo proposto al collegio del Tribunale, il decreto di apertura veniva però revocato.

Avverso tale decreto di revoca i debitori, come anticipato, proponevano ricorso straordinario per cassazione, deciso dalla pronuncia in epigrafe.

SOLUZIONE

[1] Senza scendere nell’esame del merito dei motivi di ricorso per cassazione avanzati, la Suprema Corte rigetta il ricorso straordinario proposto per inammissibilità.

A sostegno della propria decisione, la Cassazione invoca l’orientamento di legittimità che, per l’appunto, qualifica come inammissibile il ricorso straordinario per cassazione proposto ai sensi dell’art. 111, 7°co., Cost., avverso il decreto reiettivo del reclamo dal debitore contro la decisione di rigetto della domanda di ammissione alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, trattandosi – al pari del decreto confermativo del provvedimento di rigetto dell’istanza di fallimento – di decisione non definitiva, priva di natura decisoria su diritti soggettivi e pertanto non suscettibile di passaggio in giudicato, non escludendo, pertanto, la reiterabilità della proposta medesima (in tal senso, Cass., 23 febbraio 2018, n. 4500; Cass., 23 luglio 2020, n. 15821).

Sulla base delle medesime argomentazioni, la pronuncia in esame ritiene di dover dichiarare inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso il provvedimento di accoglimento del reclamo che contesti l’ammissione alla procedura di liquidazione del patrimonio del debitore.

In aggiunta, la decisione della Cassazione evidenzia come, laddove il legislatore prescelga, per un determinato provvedimento, la forma del decreto, ove intenda assicurare l’esperibilità avverso lo stesso del ricorso per cassazione si cura di precisarlo, proprio perché consapevole del contenuto dell’art. 111, 7°co., Cost. che, come noto, riserva il rimedio straordinario alle sentenze.

QUESTIONI

[1] La questione affrontata dalla pronuncia in commento è ben definita, e riguarda l’assoggettabilità del provvedimento che, in sede di reclamo, revoca l’apertura della procedura di liquidazione del patrimonio ex l. n. 3/2012 a ricorso straordinario per cassazione.

Prima di procedere nell’analisi di tale questione, è senz’altro utile ricordare il quadro normativo applicabile alla fattispecie in esame e, con esso, i rimedi impugnatori spendibili avverso il provvedimento di apertura della procedura di liquidazione del patrimonio.

La norma di riferimento è rappresentata dall’art. 14-quinquies della l. n. 3/2012 il quale, oltre a rivestire tale provvedimento delle forme del decreto, sancisce l’applicabilità del precedente art. 10, 6°co., il quale effettua un rinvio alle norme che disciplinano il procedimento camerale (artt. 737 ss. c.p.c.), ivi compreso il reclamo, da proporsi al collegio del tribunale, del quale naturalmente non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.

Dunque, chiarita l’applicabilità del reclamo camerale al decreto di apertura della procedura di liquidazione giudiziale, ovvero al decreto di rigetto della relativa domanda, il dubbio interpretativo che può insorgere – e che coincide con la questione affrontata dalla pronuncia in epigrafe – riguarda la possibilità di assoggettare il provvedimento emesso all’esito del giudizio di reclamo a ulteriore gravame e, in particolare, a ricorso straordinario per cassazione.

Scontata la risposta affermativa in relazione al decreto che, in sede di reclamo, conferma l’apertura della procedura, stante l’indubbia incidenza del provvedimento su situazioni di diritto soggettivo e, così, la presenza di quei connotati di decisorietà e definitività necessari ad aprire le vie del ricorso straordinario per cassazione (così, M. Montanari, La liquidazione del patrimonio del debitore non fallibile, in M. Irrera, S.A. Cerrato (diretto da), F. Pasquariello (coordinato da), La nuova disciplina del sovraindebitamento, Bologna, 2021, 340), più problematica si è rivelata la questione inerente all’assoggettabilità al rimedio straordinario del decreto che, all’opposto, rigetta il reclamo avverso il provvedimento di diniego dell’apertura della liquidazione: una fattispecie contigua a quella conosciuta dal provvedimento in esame (di intervenuta revoca, in sede di reclamo, dell’apertura previamente disposta) ma che, ancorché a questa non perfettamente sovrapponibile, risulta identica nella sostanza, attenendo pur sempre a un decreto, emesso dal collegio, che nega l’apertura della liquidazione del patrimonio.

Sul punto, le opinioni appaiono sostanzialmente compatte nell’escludere un possibile sindacato del giudice di legittimità, adito in via di ricorso straordinario, su detto provvedimento, in ragione dell’inidoneità dello stesso a precludere la proposizione di una nuova domanda di apertura della liquidazione: il decreto in discorso, in altri termini, difetterebbe del requisito della definitività, imprescindibile per avere accesso al ricorso ex art. 111, 7°co., Cost. (in tal senso, M. Montanari, op. cit., 341; S. Giavarrini, Profili della liquidazione del patrimonio nella l. n. 3/2012, Padova, 2018, 164 ss.; R. Donzelli, Prime riflessioni sui profili processuali delle nuove procedure concorsuali in materia di sovraindebitamento, in Dir. fall., 2013, I, 628; in giurisprudenza, Cass., 3 luglio 2019, n. 17836).

Il provvedimento in commento, dunque, non ritiene di discostarsi dal filone interpretativo appena riportato, ripetendone altresì i principali passaggi argomentativi.

Un discorso in parte differente si potrebbe forse ipotizzare per il caso, del tutto peculiare, in cui il rigetto della domanda di apertura della liquidazione si fondi sulla ricorrenza di atti in frode ai creditori: in tal caso, la decisione di diniego della liquidazione appare come pronuncia sul merito basata su circostanze fattuali (gli atti in frode) destinati a permanere, quale eventuale condizione ostativa, anche nell’ipotesi di presentazione di una nuova domanda di accesso alla procedura di liquidazione del patrimonio: tali riflessioni potrebbero condurre, con riguardo circoscritto a tale particolare fattispecie, al riconoscimento di natura definitiva al provvedimento di rigetto in esame, con conseguente possibilità di suo assoggettamento a ricorso straordinario per cassazione (sul punto, se si vuole, V. Baroncini, Apertura della procedura di liquidazione del patrimonio e atti in frode ai creditori, in Giur. it., 2019, 579).

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