Il fratello può adottare la sorella disabile e interdetta anche se il consenso non è prestato personalmente
di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDFCassazione civile sez. I, ordinanza n. 3462 3 febbraio 2022
Adozione di persone maggiorenni – Consenso – Rappresentanza dell’incapace
(Artt. 296 e 311 c.c. e artt. 357 e 414 c.c.)
Massima: “In materia di adozione di persone maggiori di età, la valenza solidaristica dell’istituto consente un’interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 296 c.c. e 311 c.c., nel senso di permettere al soggetto maggiorenne dichiarato interdetto, di manifestare il proprio consenso all’adozione anche tramite il suo rappresentante legale, trattandosi di atto personalissimo che non è espressamente vietato e tenuto conto di quanto previsto dalla Convenzione sui Diritti delle Persone con disabilità adottata il 13 dicembre 2006, ratificata dall’Italia con L. 3 marzo 2009, n. 18”.
CASO
Una situazione familiare complicata. Il fratello decide di voler adottare la sorella dichiarata giudizialmente interdetta, convivente con la madre, nominata sua tutrice.
L’uomo si rivolge al tribunale di Modena ma i giudici respingono la domanda di adozione poiché l’adottanda, trovandosi in stato di interdizione giudiziale, è impossibilitata ad esprimere il consenso previsto dall’art. 296 c.c., che costituisce un presupposto necessario dell’adozione delle persone maggiori di età.
Trattandosi di un diritto di natura personalissima il consenso non può essere prestato dal legale rappresentante dell’incapace.
La decisione è confermata dalla Corte d’appello di Bologna.
L’uomo ricorre in Cassazione, sostenendo che l’art. 296 c.c. deve essere letto in coordinamento con l’art. 311 c.c., intitolato “Manifestazione del consenso” che, con specifico riferimento all’adottando, stabilisce che il consenso possa essere manifestato anche tramite il legale rappresentante.
Inoltre, secondo il ricorrente, se il legislatore avesse voluto negare all’interdetto il diritto di essere adottato, lo avrebbe detto espressamente, come per altri atti cosiddetti personalissimi (cfr. artt. 85,183,591 c.c.), e che, dall’assenza di un espresso divieto e dal mantenimento dell’inciso di cui all’art. 311 c.c., con riferimento alla sola persona dell’adottando, è intuibile la volontà del legislatore di considerare lo stato di interdizione come impedimento all’adozione solo per la persona dell’adottante.
Infine, l’uomo mette in luce quelle che sono le ragioni che rendono conveniente per la sorella incapace, essere adottata.
a) il rafforzamento del vincolo familiare già esistente, con garanzia di assistenza, anche economica, adeguata alle sue necessità presenti e future, poiché la comune madre, sua attuale tutrice, ha compiuto novantacinque anni e si trova in condizioni precarie di salute, necessitando essa stessa di assistenza continua per l’impossibilità di deambulare;
b) il rafforzamento dell’obbligo di alimenti, cui il ricorrente stesso sarebbe tenuto per legge anche con precedenza rispetto alla madre (ex art. 436 c.c.), se la sorella assumesse lo status di figlia adottiva;
c) la successione legittima come figlia e quindi erede diretta che comporterebbe ulteriori benefici per la sorella disabile.
La Cassazione ha accolto il ricorso rinviando alla Corte d’appello di Bologna per un nuovo esame alla luce del principio enunciato.
SOLUZIONE
L’interessante caso fornisce lo spunto per la Corte di compiere un importante passo interpretativo della normativa vigente in tema di adozione del soggetto maggiorenne con disabilità e incapacità dichiarata.
La riflessione contenuta nella decisione della Corte Suprema è che l’istituto dell’adozione della persona maggiore di età non ha più la stessa finalità di assicurare all’adottante la continuità della sua casata e del suo patrimonio, ma quella di riconoscimento giuridico di una relazione sociale e affettiva.
In una visione solidaristica anche l’adozione del maggiorenne può avere lo scopo di consentire la formazione di famiglie tra soggetti che sono tra loro già legati da solidi vincoli personali, morali e civili.
Inoltre, una lettura dell’attuale disciplina in funzione solidaristica è favorita, ancor più, dall’esistenza della Legge 3 marzo del 2009, n. 18, con cui l’Italia ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con disabilità, il cui obiettivo è promuovere, proteggere e assicurare alle persone con disabilità il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel rispetto della dignità umana.
Alla luce di tali considerazioni la Cassazione ha espresso il seguente principio di diritto:
“In tema di adozione di persone maggiori di età, l’indirizzo interpretativo ormai consolidato, volto a privilegiare la “valenza solidaristica” della disciplina, legittima un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 296 c.c. e art. 311 c.c., comma 1, nel senso di consentire al soggetto maggiorenne, che si trova in stato di interdizione giudiziale, di manifestare il proprio consenso all’adozione anche tramite il suo rappresentante legale, trattandosi di atto personalissimo che non gli è espressamente vietato e tenuto conto di quanto complessivamente sancito dagli artt. 1 e 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con disabilità adottata il 13 dicembre 2006, ratificata dall’Italia con L. 3 marzo 2009, n. 18″.
QUESTIONI
In materia di rappresentanza dell’incapace per il compimento di atti personalissimi la giurisprudenza è sempre più orientata nel consentire alla persona incapace il compimento di atti personalissimi tramite il suo legale rappresentante. Secondo quanto precisato recentemente dalla Corte, all’interdetto è consentito, mediante il rappresentante legale, il compimento di quegli atti (a meno che non gli siano espressamente vietati), ben potendo l’esercizio del corrispondente diritto rendersi necessario per assicurare la sua adeguata protezione (Cass. Civ. n. 14669/2018).
Fra le situazioni giuridiche soggettive che realizzano la personalità dell’individuo, ci sono il diritto alla separazione o lo scioglimento del vincolo del matrimonio, che possono essere esercitati tramite il legale rappresentante o da un curatore nominato ad hoc, in caso in cui ci sia conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato.
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