La sentenza di rigetto della Corte Costituzionale sull’eccezione di incostituzionalità del c.d. “blocco degli sfratti”
di Saverio Luppino, AvvocatoSentenza Corte Costituzionale, 11 novembre 2021 n.213
Esecuzione forzata – Misure connesse all’emergenza epidemiologica da covid – 19 – sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche a uso non abitativo – Proroga, limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze (c.d. sfratto per morosità) inizialmente sino al 30 giugno 2021 – Ulteriore proroga: fino al 30 settembre 2021 per i provvedimenti adottati dal 28 febbraio 2020 al 30 settembre 2020; fino al 31 dicembre 2021 per i provvedimenti di rilascio adottati dal 1.10.2020 al 30.06.21 – Questione di legittimità costituzionale: art. 103, c.6 del DL 18/20 convertito in L.27/20; art. 17 bis del DL 34/2020, convertito in L.77/2020; art. 13, c. 13 del DL 183/2020, convertito in L.21/21; e art. 40 quater DL 41/21 convertito in L.69/21- Non fondatezza – Inammissibilità.
- “Nihil novum sub sole”: Le questioni di illegittimità costituzionale sollevate dai giudici remittenti
Sommessamente con un pizzico di autoreferenzialità e scusandoci con il lettore per l’autocompiacimento di natura squisitamente giuridica, riportiamo i passaggi conclusivi del commento dell’autore[1], utili ad introdurre quanto la Corte ha poi espresso nella sentenza n.213/2021: “Nell’epilogo del ragionamento conclusivo la Corte sembra offrire al legislatore un “salvacondotto”, su eventuali misure da adottare in ragione delle contingenze pandemiche, quasi a giustificare che ciò sia possibile, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità più volte evocati. Ma ciò che appare chiaro a chi scrive è che la Corte abbia volutamente circoscritto il perimetro della propria decisione alla questione di irragionevolezza del criterio adoperato dal legislatore nel non avere adeguato la proroga di cui in commento, in maniera “selettiva”; proprio da ciò, a ben pensare, discende come, viceversa, nelle misure relative all’esecuzione per rilascio d’immobile, di recente conio,[2] in cui la proroga delle esecuzioni è stata graduata selettivamente, attraverso la scelta di sospendere sino al 30.09.21, i provvedimenti di rilascio adottati dal 28.02.2020 al 30.09.2020; e fino al 31.12.2021 i provvedimenti di rilascio adottati dal 1.10.2020 al 30.06.2021, con ripresa al 30.06.21 di tuti gli altri, il legislatore abbia già predisposto un valido baluardo alle eccezioni di illegittimità costituzionali sollevate e di cui in epigrafe e di tanto la Corte ne terrà conto; proprio per questo, a parere di chi scrive: nihil novum sub sole !”[3]
Ivi si era scritto che i proclami di una parte della dottrina, ma soprattutto delle associazioni di categoria della proprietà edilizia, riguardo l’accoglimento della sentenza della Corte[4] sull’incostituzionalità dell’inefficacia della procedura per il pignoramento immobiliare ex articolo 555 cpc, avente ad oggetto l’abitazione principale del debitore, potessero intendersi ed estendersi – a loro dire – tout court all’ incostituzionalità dell’intero regime di “blocco degli sfratti”.
Ripercorrendo le tappe della vicenda di cui la Corte viene ad occuparsi, con il presente commento esse traggono origine da due distinte questioni di illegittimità costituzionale della normativa concernente il c.d. “blocco sfratti”, rispettivamente sollevate dal tribunale di Trieste e da quello di Savona.
Entrambe le ordinanze evocavano l’incostituzionalità della sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, per insanabile contrasto con l’articolo 3 Cost., poiché la sospensione degli sfratti risultava disposta ex lege e senza potere di verifica da parte del competente giudice dell’esecuzione, l’unico a poter invero correlare causalmente la morosità con gli effetti socio-economici dell’emergenza pandemica e l’incidenza sulla situazione delle parti, nonché per eccessiva e sproporzionata compressione del diritto di proprietà, testualmente “le norme censurate potrebbero essere costituzionalmente illegittime anche in riferimento all’art.42 Cost., laddove le stesse, anche per effetto delle proroghe, finirebbero per costituire una sorta di espropriazione in senso sostanziale senza indennizzo, ponendosi così in contrasto anche con la tutela del risparmio nel settore immobiliare riconosciuta dall’art. 47, secondo comma Cost.”.
Ed ancora, stando alla lettura delle ordinanze di remissione, per contrasto con l’articolo 24 Cost., “poiché il diritto del creditore a soddisfarsi in sede esecutiva è parte essenziale della tutela giurisdizionale dei diritti”. Da ultimo, ma non per minor importanza, anche per possibile conflitto con l’art. 117 Cost., primo comma, in relazione all’art. 6 CEDU ed all’art. 1 Protocollo Addizionale CEDU, irragionevole durata del processo di esecuzione e violazione del diritto di proprietà in capo al locatore.
La corte riteneva le questioni sollevate dalle due ordinanze di rimessione oggettivamente connesse, in quanto le norme asseritamente violate ed i parametri evocati in linea generale potevano sovrapporsi, di tal che decideva di riunire i giudizi incidentali e decidere univocamente la questione.
- Il ragionamento “selettivo” della Corte Costituzionale: “situazioni diversificate tra la prima sospensione 2020 e la seconda 2021”
Nella sentenza in commento opportunamente la Corte opera una sintetica ricostruzione del quadro legislativo di riferimento, dando conto come inizialmente le prime misure emergenziali in seguito alla “prima ondata pandemica”, hanno comportato la “pressochè totale paralisi della giustizia nei suoi vari settori”, e nella materia che ci occupa, l’articolo 103, comma 6, del d.l. n.18/2020 ha determinato dapprima la sospensione dell’esecuzione di ogni provvedimento di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, sino al 30.09.2020 e successivamente – per effetto dell’art. 17 bis del d.l. n.34/2020 poi convertito il L.77/2020 – sino al 31.12.2020, ivi ricomprendendo i provvedimenti di rilascio pronunciati nell’ambito degli sfratti per morosità e finita locazione quanto agli usi abitativi e diversi.
Successivamente proprio con opera “selettiva” e in ottica di diversificazione e progressiva riduzione dell’ambito applicativo[5], la sospensione ha investito esclusivamente i provvedimenti di rilascio collegati alla morosità, con sospensione solo dei medesimi sino al 30.06.2021 ed esclusione dei provvedimenti di rilascio resi per ragioni diversi dalla morosità.
Infine, a seguito del progressivo miglioramento della situazione sanitaria generale, il legislatore è nuovamente intervenuto in materia[6], ulteriormente prorogando e diversificando i regimi di sospensione delle procedure di rilascio degli immobili, sempre e limitatamente a quelli collegati alla morosità, rispettivamente sino al 30.09.2021 per i provvedimenti di rilascio adottati dal 28.2.2020 al 30.09.2020 e fino al 31.12.2021, per quelli adottati dal 1.10.2020 e fino al 30.06.2021, per ulteriori approfondimenti si rimanda ad una recentissima pubblicazione dell’autore.[7]
In sintesi, la Corte coglie come il legislatore abbia distinto differenti scaglioni di provvedimenti di rilascio, differenziandoli ratione temporis con graduazione temporale e progressiva, rispettivamente indicando quali scadenze finali: il 30.06.2021, il 30.09.2021, il 31.12.2021 e con definitiva cessazione sospensione alla ridetta ultima data.
- L’esame delle questioni di legittimità e la conferma della costituzionalità delle leggi
Sotto il profilo della rilevanza delle questioni trattate la Corte specifica che i titoli esecutivi formatisi nei rispettivi giudizi dei rimettenti non riguardassero la prima delle sospensioni, cioè quella dell’art. 103, comma 6, dl 18/2020, in quanto titoli esecutivi formatisi nel gennaio ’21, con il che il giudizio della Corte doveva intendersi circoscritto alla rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale solo per le disposizioni che hanno previsto la sospensione dell’esecuzione nel 2021.
Precisato che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea può essere invocata quale parametro in un giudizio di legittimità costituzionale allorquando la fattispecie oggetto della legislazione interna sia disciplinata anche a livello europeo[8], la Corte dichiara l’inammissibilità per difetto di questo limite, del richiamo all’art. 47 CDFEU da parte del Tribunale di Savona, in quanto il remittente non indicava i termini nei quali la fattispecie oggetto del giudizio sarebbe stata disciplinata a livello europeo.
Sgomberato il campo dalle questioni preliminari, la Corte rileva come entrambi i giudici remittenti abbiano assolto l’onere di chiarire i limiti della norma impugnata e la lesione dei diritti fondamentali rispetto alla protezione di tale diritto (rectius: il diritto di proprietà), così come sancito dalla costituzione e dalla CEDU.[9]
Poi la Corte passa in rassegna ogni singola censura, declinandola singolarmente e dichiarando quelle infondate:
- quanto alla violazione degli articoli 11 e 41 Cost., il giudice remittente non ha fornito adeguata motivazione dei motivi di censura; [10]
- quanto alla violazione dell’art. 77 Cost. per assenza di ragioni per la decretazione d’urgenza in materia, perché: “l’urgente necessità può riguardare una pluralità di norme accomunate dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate, ovvero anche dall’intento di fronteggiare situazioni straordinarie, complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti quindi materie diverse, ma allo scopo di approntare rimedi urgenti per situazioni straordinarie”;
- quanto alla violazione dell’articolo 3 Cost., poiché in situazioni di emergenza sanitaria, la discrezionalità del legislatore nel disegnare misure di contrasto della pandemia, bilanciando la tutela di interessi e diritti in gioco è più ampia che in condizioni ordinarie e, di tanto, ne è esempio il pronunciamento proprio di questa stessa Corte sull’accoglimento dell’illegittimità costituzionale della norna violata in materia di sospensione delle procedure di espropriazione immobiliare per abitazione principale di cui all’art. 555 cpc con la sentenza in epigrafe n.213/21;
- quanto alla violazione degli articoli 42 e 47 Cost. e art. 1 Prot. Addiz. CEDU, poiché già nel passato, la corte e anche la giurisprudenza CEDU hanno ribadito che l’ingerenza nel diritto al pacifico godimento dei beni è ammissibile, purché sia salvaguardato il criterio di proporzionalità ed adeguatezza della misura[11] e l’emergenza pandemica costituisce senz’altro un motivo imperativo di interesse generale alla sospensione.
- quanto alla violazione dell’articolo 24 Cost., poiché il legislatore dispone di ampia discrezionalità nella conformazione degli istituti processuali, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute, limite che nel caso dell’art. 24 Cost, viene superato solo allorquando emerga un’ingiustificabile compressione del diritto di difesa, che non si verifica di fronte all’eccezionalità della situazione pandemica, che semplicemente lo differisce nel tempo e gradualmente, ma non lo elimina;
- quanto infine alla violazione dell’art. 117, primo comma, in relazione all’art. 6 Cedu ed all’art. 111 Cost., perché il sacrificio di un diritto costituzionale non è irragionevole allorquando sia correlato ad un corretto bilanciamento degli interessi da proteggere e tutelare, che nella specie deve essere individuato nella peculiarità ed eccezionalità dell’emergenza pandemica.
- I “paletti” posti dalla Corte.
La giustificata ed autorevole difesa della Corte alla legittimità delle plurime norme sulla sospensione dell’esecuzione del rilascio di immobili nel periodo emergenziale pone senz’altro importanti “paletti”, in quanto il giudice delle leggi “proclama”: “Mette conto, infine, rilevare che, se l’eccezionalità della pandemia da Covid-19 giustifica, nell’immediato e per un limitato periodo di tempo la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili (anche perché, in particolare, vi è stato, da parte del legislatore, un progressivo aggiustamento del bilanciamento degli interessi e dei diritti in gioco, nei termini sopra indicati), d’altra parte però questa misura emergenziale è prevista fino al 31.12.2021 e deve ritenersi senza possibilità di ulteriore proroga, avendo la compressione del diritto di proprietà raggiunto il limite massimo di tollerabilità, pur considerando la sua funzione sociale (art. 42 Cost, comma 2). Resta ferma in capo al legislatore, ove l’evolversi dell’emergenza epidemiologica lo richieda, la possibilità di adottare altre misure più idonee per realizzare un diverso bilanciamento, ragionevole e proporzionato (sentenza n.128 del 2021)”.
Volendosi leggere il monito della corte proprio nel passaggio motivazionale finale della pronuncia, sembra cogliersi senza velati dubbi un chiaro avvertimento rivolto al legislatore a non emanare per il futuro ulteriori disposizioni di proroga, se non accompagnate da un corretto bilanciamento nei confronti della parte che si troverebbe a subire la misura e quindi del locatore.
D’altronde la corte ha già chiarito al legislatore i limiti entro cui operare il ridetto equilibrio, nella parte motivazionale in cui rigettando la questione di illegittimità per violazione dell’articolo 3 Cost, ha riaffermato il principio di salvaguardia secondo il quale: “il sacrificio per i locatori non può che essere temporaneo”, altrimenti l’invocata solidarietà economica e sociale cui ciascuna delle parti deve adottare la propria condotta, verrebbe a tradursi in solidarietà collettiva per il tramite innanzitutto dello Stato e della fiscalità generale.
Con il che se da una parte proprio la gradualità e diversificazione della misura di sospensione dei rilasci, ha consentito evitare l’illegittimità della stessa, dall’altro essa è risultata funzionale ad evitare la pressione insostenibile sugli uffici giudiziari, derivante dall’esecuzione contestuale di un cospicuo arretrato e comportante la sicura paralisi della funzionalità del sistema, per cui la misura di sospensione è risultata non arbitraria ed irragionevole.
Da qui la ragionevole e condivisibile conclusione della corte che giustifica il differente contenuto delle due coeve sentenze sulla misura di sospensione dell’esecuzione per il rilascio degli immobili nei due differenti casi di espropriazione immobiliare art. 555 cpc abitazione principale del debitore (sentenza di accoglimento della censura di illegittimità n.128/21) e sospensione per così dire “tout court” (sentenza di rigetto n.213/21), in quanto: “proprio mediante la progressiva e differenziata riduzione dell’ambito di applicazione della misura in esame, in simmetria con l’allentamento dell’emergenza sanitaria, il legislatore ha realizzato quel non irragionevole bilanciamento dei diritti costituzionali in rilievo, che invece è mancato ella parallela norma di proroga, nel 2021, della sospensione delle procedure esecutive immobiliari, aventi ad oggetto l’abitazione principale.”
[1] S. Luppino, La sospensione delle procedure esecutive immobiliari non interferirà con il blocco sfratti: nihil novum sub sole, EC legal, commento del 6.7.2021.
[2] Decreto sostegni bis 73/21
[4] Corte Costituzionale 22.6.21 n.128
[5] Art. 13, comma 13, dl. 183/2020.
[6] Art. 40 quater d.l. 41/21.
[7] S. Luppino, Sfratto esecutivo, il blocco dell’esecuzione ed i limiti operativi al rilascio degli immobili, S. Arcangelo di Romagna, Maggioli, 2021.
[8] Ex plurimis, Corte Cost. n.185,33,30 del 2021; n.278 e 254 del 2020 e n.194 del 2018.
[9] Quando vi è una concorrenza di tutele si parla comunemente di “Integrazione di garanzie”.
[10] Corte cost. n.178 del 2021 e n.356 del 2008; ordinanza n.26 del 2012.
[11] Corte cost. n.46 del 2021, n.276, n.235 e n.167 del 2020; CEDU, sentenza 6.10.2005 Maurice contro Francia.
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