14 Dicembre 2021

La competenza per valore nelle cause di opposizione all’esecuzione presso terzi si determina in base al credito azionato in executivis, senza tener conto dell’aumento del vincolo imposto ex lege al terzo pignorato

di Valentina Scappini, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, sesta sez., ordinanza del 30 novembre 2021, n. 37581; Pres. Amendola; Rel. Iannello

Ai sensi dell’art. 17, primo periodo, cod. proc. civ., «il valore delle cause di opposizione all’esecuzione forzata si determina dal credito per cui si procede»: pertanto, il valore della causa di opposizione all’esecuzione iniziata ex art. 615, comma secondo, cod. proc. civ. si determina in base alla somma per la quale si è proceduto ad esecuzione (conf. Cass. 23/08/2013, n. 19488; 27/06/2018, n. 16920).

CASO

Il Tribunale di Fermo, con sentenza n. 86/2021 del 19 febbraio 2021, si è dichiarato incompetente per valore, in favore del Giudice di Pace di Fermo, con riguardo all’opposizione proposta da un soggetto avverso l’esecuzione presso terzi promossa da un altro soggetto nei suoi confronti, per il recupero di un credito di € 4.639,60, oltre interessi.

Il credito era fondato su titolo giudiziale, il quale era stato messo in esecuzione con precetto intimante il pagamento della somma di € 4.896,54 e poi con pignoramento presso terzi per l’importo di complessivi € 7.344,81. Tale ultima somma era pari alla somma precettata aumentata della metà, cui il terzo pignorato deve considerarsi vincolato, ai sensi dell’art. 546, co. 1, c.p.c.

Il Tribunale di Fermo ha dichiarato la propria incompetenza, ritenendo che, per determinare il valore della causa di opposizione all’esecuzione, si debba guardare al credito per cui si procede in base al precetto ai sensi dell’art. 17 c.p.c., credito che era pari, come visto, ad € 4.896,54, a prescindere, quindi, dall’aumento previsto nell’atto di pignoramento, che conteneva, ovviamente, anche le spese della fase esecutiva.

SOLUZIONE

Il soggetto opponente ha proposto regolamento necessario di competenza alla Corte di cassazione, che ha deciso ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c. per il rigetto del ricorso, aderendo al principio consolidato riportato in epigrafe e confermando la decisione del Tribunale di Fermo.

QUESTIONI

Il ricorrente ha dedotto l’erroneità della decisione del Tribunale di Fermo, che si è dichiarato incompetente sul presupposto che, per determinare il valore della causa di opposizione, si dovesse fare riferimento al credito indicato nel precetto.

Il ricorrente ha rilevato che l’art. 17 c.p.c. (secondo cui “il valore delle cause di opposizione all’esecuzione si determina dal credito per cui si procede”) avrebbe imposto di guardare all’importo indicato nell’atto di pignoramento (ossia € 7.344,81), come peraltro previsto dall’art. 546, co. 1, c.p.c. e tenuto conto del fatto che “il G.E. non avrebbe mai ed in modo alcuno potuto liquidare le spese del pignoramento presso terzi in misura inferiore ad € 103,46, che è la differenza tra l’importo precettato e la soglia di competenza del G.d.P.”, con conseguente superamento di quest’ultima in favore del Tribunale del medesimo luogo.

La Suprema Corte di cassazione ha ritenuto la manifesta infondatezza del ricorso, sulla base delle seguenti considerazioni.

La Corte osserva che il ricorrente non ha tenuto conto del criterio di diritto secondo cui, ai sensi dell’art. 17, primo periodo, cod. proc. civ., “il valore delle cause di opposizione all’esecuzione forzata si determina dal credito per cui si procede”, discendendone che “il valore della causa di opposizione all’esecuzione iniziata ex art. 615, comma secondo, cod. proc. civ. si determina in base alla somma per la quale si è proceduto ad esecuzione” (principio già esposto da Cass. 23/08/2013, n. 19488 e 27/06/2018, n. 16920)”.

Premette la Corte che, sebbene, in caso di differenza tra credito precettato e credito indicato nel pignoramento, si debba considerare quest’ultimo ai sensi dell’art. 17 c.p.c., tuttavia, affinché tale differenza possa rilevare ai fini dell’individuazione del giudice competente, la differenza deve attenere al credito per il quale si procede, ossia il credito esecutivamente azionato. Sul punto, la Corte richiama il proprio precedente n. 19488/2013, in cui il creditore aveva dapprima notificato precetto per € 89.579,36 e, successivamente, con pignoramento aveva intimato il pagamento di soli € 2.408,73, essendo intervenuto medio tempore un pagamento quasi del tutto satisfattivo. Anche il secondo precedente citato riguardava un caso diverso da quello in esame, in cui vi era piena corrispondenza tra importo precettato e credito indicato nell’atto di pignoramento, cosicché ai fini della competenza doveva farsi riferimento a quest’ultimo, anche se l’opposizione stessa era limitata ad una sola parte del credito azionato esecutivamente.

Nel caso in esame, invece, il credito azionato con pignoramento non è maggiore di quello già indicato nel precetto, non essendo nemmeno dedotta la necessità di calcolare eventuali interessi nel frattempo maturati anche in misura da superare detta soglia. Il “credito per cui si procede” di cui all’art. 17, co. 1, c.p.c. è, dunque, lo stesso sia nel precetto sia nell’atto di pignoramento (la Corte richiama un altro precedente, n. 4530 del 15/02/2019).

Né può farsi riferimento alla somma cui il terzo pignorato deve considerarsi vincolato ai sensi dell’art. 546, co. 1, c.p.c. attualmente vigente, ossia la somma precettata aumentata della metà, corrispondente proprio agli € 7.344,81 che sono stati indicati nell’atto di pignoramento (= € 4.896,54 + 50%).

Tale somma è stata prevista per coprire le spese della fase esecutiva e non può affatto identificarsi con il “credito per cui si procede”, che invece deve individuarsi nell’importo che, logicamente e cronologicamente, precede l’azione esecutiva vera e propria e ne costituisce anzi il presupposto e il fondamento.

La somma di cui all’art. 546, co. 1, c.p.c. risponde solamente alla necessità di estendere il vincolo pignoratizio fino a che non sarà determinato l’esatto ammontare delle spese da recuperare all’esito della procedura esecutiva, cosa che può avvenire solo ad opera del giudice dell’esecuzione in sede di distribuzione della somma ricavata ex art. 510 c.p.c. Tale estensione dell’importo, peraltro, non è nemmeno oggetto di accertamento di natura decisoria emesso all’esito del processo di cognizione ed è quindi inidoneo ad essere l’oggetto di procedura esecutiva (cosicché non può certo costituire “il credito per cui si procede”).

Da ultimo, la Suprema Corte evidenzia che l’art. 95 c.p.c., nel prevedere che le spese sono a carico di chi ha subito l’esecuzione, preclude al giudice di emettere una pronuncia di condanna nei confronti del soggetto contro cui è promossa l’esecuzione, potendo il giudice solamente, ai sensi dell’art. 510 c.p.c., all’esito di una mera operazione di liquidazione delle varie voci che costituiscono il diritto del creditore in vista della pronuncia (non di condanna ma) di distribuzione ed assegnazione, determinare l’importo spettante al creditore per capitale, interessi e spese, che viene soddisfatto interamente o parzialmente in base alla consistenza della massa attiva ricavata dall’espropriazione (Cass., 29/05/2003, n. 8634).

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