16 Novembre 2021

Le modalità di deposito del reclamo avverso l’ordinanza di estinzione del processo esecutivo: la parola alle Sezioni Unite

di Maddalena De Leo, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile sez. III, 21/7/2021 n. 20844; Pres. De Stefano; Rel. Valle.

Estinzione della procedura esecutiva – Reclamo avverso l’ordinanza che dichiara l’estinzione della procedura esecutiva – Nullità dell’atto processuale – Inesistenza in senso giuridico dell’atto processuale – Irregolarità dell’atto processuale – Sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo – artt. 156, 374, 630 c.p.c.

Va rimessa al Primo Presidente, affinché valuti l’opportunità di investire le Sezioni Unite, la questione circa la natura del reclamo avverso l’ordinanza che dichiara l’estinzione del processo esecutivo, per verificare se essa abbia natura di atto endoprocedimentale con la conseguenza che detto provvedimento debba essere firmato e trasmesso con modalità telematiche.

CASO

I debitori F.D. e S.A., con separate istanze, avevano eccepito al giudice dell’esecuzione immobiliare del Tribunale di Lamezia Terme l’estinzione della procedura esecutiva.

Il giudice dell’esecuzione accoglieva le istanze dei debitori: dichiarava pertanto l’estinzione di tale procedura esecutiva e ordinava la cancellazione del pignoramento.

Il creditore procedente ed i creditori intervenuti proponevano reclamo ex art. 630, co. 3, c.p.c., al Collegio del Tribunale, il quale accoglieva il reclamo e, di conseguenza, revocava l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che dichiarava l’estinzione della procedura esecutiva.

Avverso la decisione del Collegio i debitori F.D. e S.A. proponeva appello, che veniva rigettato dalla Corte d’appello di Catanzaro. Gli stessi debitori proponevano quindi ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello, fondato su tre motivi.

Per quanto qui di interesse, con il terzo motivo i ricorrenti deducevano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 630, co. 3, c.p.c. e art. 178, co. 3, 4 e 5, c.p.c., art. 16 bis, co. 2, del d.l. 179/2012, art. 121 c.p.c., art. 156, co. 1 e 3, c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3, c.p.c. In particolare, la sentenza impugnata avrebbe violato l’art 630, co. 3, c.p.c. e l’art. 178, co. 3, 4 e 5, c.p.c. nella parte in cui affermava che la presentazione in forma telematica del reclamo avverso l’ordinanza che dichiara l’estinzione del processo esecutivo sarebbe meramente facoltativa e non obbligatoria, in quanto il reclamo introdurrebbe una fase incidentale di nuovo giudizio di cognizione.

Secondo i ricorrenti, invece, il reclamo avverso l’ordinanza che dichiara l’estinzione del processo esecutivo avrebbe natura di atto endoprocedimentale, prosecutorio del processo, cosicché la sottoscrizione e la trasmissione con modalità telematiche dovrebbero essere obbligatorie ai sensi dell’art. 16 bis, co. 2, del d.l. n. 179/2012. Nella prospettiva dei ricorrenti, pertanto, il reclamo redatto e sottoscritto in forma cartacea doveva essere considerato giuridicamente inesistente, con conseguente insanabilità dell’atto di reclamo.

SOLUZIONE

Il Collegio ha ritenuto configurabile una questione di massima di particolare importanza sottesa al terzo motivo, relativa alle conseguenze sulla validità degli atti del processo prodotti o depositati in forma tradizionale o analogica, per i quali invece sia prevista quale unica forma di predisposizione e deposito in cancelleria quella telematica, rimettendo al Primo Presidente l’esame della questione ai fini dell’eventuale trasmissione alle Sezioni Unite.

QUESTIONI

La questione che si è posta all’esame della Suprema Corte attiene alla natura del reclamo avverso l’ordinanza che dichiara l’estinzione del processo esecutivo alla luce dei recenti interventi normativi relativi alla modalità di redazione, sottoscrizione e deposito degli atti processuali.

In particolare, l’art. 16 bis del d.l. n. 179/2019, convertito con modificazioni dalla l. n. 221/2012, rubricato “Obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali”, dispone al secondo comma che “nei processi esecutivi di cui al libro III del codice di procedura civile la disposizione di cui al comma 1 si applica successivamente al deposito dell’atto con cui inizia l’esecuzione. A decorrere dal 31 marzo 2015, il deposito nei procedimenti di espropriazione forzata della nota di iscrizione a ruolo ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.  Unitamente alla nota di iscrizione a ruolo sono depositati, con le medesime modalità, le copie conformi degli atti indicati dagli articoli 518, sesto comma, 543, quarto comma e 557, secondo comma, del codice di procedura civile. Ai fini del presente comma, il difensore attesta la conformità delle copie agli originali, anche fuori dai casi previsti dal comma 9-bis e dall’articolo 16-decies”.

La disposizione di cui al co. 1, richiamata dal terzo comma sopra riportato, prevede che “Salvo quanto previsto dal comma 5, a decorrere dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Allo stesso modo si procede per il deposito degli atti e dei documenti da parte dei soggetti nominati o delegati dall’autorità giudiziaria. Le parti provvedono, con le modalità di cui al presente comma, a depositare gli atti e i documenti provenienti dai soggetti da esse nominati”.

Dalla natura dell’atto processuale, quale atto endoprocedimentale ovvero quale atto introduttivo del processo, derivano rilevanti conseguenze: in particolare, qualora si qualifichi il reclamo avverso l’ordinanza di dichiarazione di estinzione della procedura esecutiva come atto introduttivo di un autonomo procedimento contenzioso, la redazione, sottoscrizione e proposizione in via telematica dell’atto sarebbe facoltativa; diversamente, considerando il reclamo ex art. 630, co. 3, c.p.c. come atto endoprocedimentale, che si inserisce nel procedimento esecutivo già iniziato, l’atto dovrebbe essere proposto obbligatoriamente in via telematica.

Peraltro, abbracciando la posizione che qualifica il reclamo di cui all’art. 630, co. 3, c.p.c., quale atto endoprocedimentale, si pone l’ulteriore e fondamentale questione attinente alle conseguenze della violazione delle disposizioni che impongono la predisposizione e il deposito in cancelleria dell’atto processuale esclusivamente in via telematica.

In materia di esecuzione concorsuale, la Suprema Corte nella sentenza n. 19151/2019 ha statuito che “il ricorso in opposizione allo stato passivo, ai sensi del d.l. n. 179/2012, art. 16 bis, co. 3, conv., con mod., dalla l. n. 221 del 2012, può essere depositato in forma cartacea, essendo lo modalità telematiche previste in via esclusiva soltanto per gli atti del curatore, del commissario giudiziale, del liquidatore, del commissario liquidatore e del commissario straordinario, fermo restando che l’eventuale vizio dell’atto introduttivo del giudizio è sanabile per raggiungimento dello scopo della costituzione del rapporto processuale, eventualmente mediante concessione di un termine all’altra parte per svolgere le proprie difese”.

Deve essere evidenziato che l’esame di tale precedente non è dirimente al fine di individuare una soluzione in materia di esecuzione forzata relativa alla questione attinente alle conseguenza della violazione delle disposizioni contenute all’art. 16 bis del d.l. n. 179/2012. Invero, il comma 3 dell’articolo appena richiamato, il cui ambito di applicazione è limitato alle sole procedure concorsuali, contiene una specifica indicazione degli atti che devono essere compiuti in via telematica e dei soggetti che devono compierli: il deposito in via telematica è previsto per i soli atti e documenti del curatore, del commissario giudiziale, del commissario liquidatore e del commissario straordinario.

Anche in materia di procedimenti speciali di cognizione gli Ermellini con la sentenza n. 2930/2019 hanno ritenuto che “nel rito cd. Fornero, il giudizio di primo grado, pur unitario, si articola in due fasi procedimentali e l’introduzione della fase di opposizione richiede un’autonoma costituzione delle parti, come dimostrato dal fatto che la L. n. 92/2012, art. 1, co. 52 e 53, preveda a loro carico gli stessi incombenti che caratterizzano l’introduzione del giudizio nel rito del lavoro; ne consegue che il ricorso in opposizione può essere depositato in forma cartacea, non ricorrendo i presupposti per l’applicazione del d.l. n. 179/2012, art. 16 bis, cov., con mod., in l. n. 221/2012, secondo cui il deposito degli atti processuali delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche”.

Tuttavia, i pochi precedenti in materia nonché la riferibilità di questi a specifici ambiti non permettono di ravvisare un orientamento giurisprudenziale univoco sulle conseguenze sulla validità degli atti del processo prodotti e depositati in forma cartacea, per i quali di contro era prevista esclusivamente la modalità telematica, non solo nell’ambito dell’esecuzione forzata, ma in generale. Proprio su tale aspetto la Suprema Corte ha ritenuto di rimettere gli atti al Primo Presidente al fine di valutare l’eventuale assegnazione della questione alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 374, co. 2, c.p.c.

Due sembrano essere le soluzioni fin qui delineate: da un lato, la posizione assunta dai ricorrenti nel caso in esame è quella di ritenere che l’atto depositato in forma soltanto cartacea, per il quale era previsto il deposito esclusivamente in via telematica, sia considerato giuridicamente inesistente e, quindi, insuscettibile di sanatoria ai sensi dell’art. 156, co. 3, c.p.c.; dall’altro, la Suprema Corte nella decisione n. 19151/2019 ritiene applicabili i principi di cui agli artt. 121 e 156, co. 3, c.p.c., di libertà delle forme degli atti processuali e della sanatoria della nullità dell’atto per raggiungimento dello scopo.

Posto che né l’art. 16 bis del d.l. 179/2012 né altra previsione legislativa comminano la specifica sanzione di nullità per la violazione delle disposizioni che introducono la modalità telematica per il deposito degli atti, si tratta di individuare quale vizio dell’atto processuale sia integrato dalla violazione dell’art. 16 bis, d.l. 179/2012, ovvero se si determini inesistenza, nullità, ovvero mera irregolarità dell’atto.

Nonostante il legislatore non preveda espressamente ipotesi di inesistenza degli atti, la giurisprudenza utilizza la categoria dell’inesistenza in senso giuridico quando l’atto processuale posto in essere è privo di elementi essenziali, contenendo vizi così gravi da rendere l’atto compiuto assolutamente diverso da quello previsto dalla legge. L’atto giuridicamente inesistente, pertanto, non può produrre effetti giuridici sostanziali o processuali. L’inesistenza, inoltre, non può essere mai sanata e può essere fatta valere in ogni momento, da qualsiasi interessato.

Si determina la nullità dell’atto, invece, quando la violazione delle norme processuali determina un vizio così grave da impedire il raggiungimento dello scopo dell’atto. In particolare, accanto alle ipotesi in cui la nullità è espressamente prevista per legge, la nullità si determina quando l’atto non si presenta idoneo al raggiungimento dello scopo per la mancanza di un requisito formale indispensabile.

Peraltro, il sistema della nullità dell’atto processuale delineato dall’art. 156 c.p.c. è completato dalla previsione, contenuta nel terzo comma, della sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo: la nullità non può essere dichiarata se lo scopo dell’atto è in concreto raggiunto. Deve essere qui precisato che per scopo dell’atto non si intende lo scopo prefissato dall’autore dell’atto, ma quello oggettivo ad esso assegnato dalla legge processuale: lo scopo dell’atto è la funzione tipica dell’atto nel processo.

Infine, la categoria della irregolarità abbraccia le ipotesi di violazione di norme processuali non essenziali al raggiungimento dello scopo, ma dettate al fine di consentire un più ordinato svolgimento del processo. L’irregolarità si determina quando il vizio dell’atto è così lieve da dare luogo a difformità formali di minima importanza.

Pare quindi decisivo individuare lo scopo dell’atto processuale telematico, prendendo in considerazione non tanto le previsioni normative introduttive del processo telematico, quanto la ratio della disposizione che prevede e regola l’atto, ricercando il ruolo svolto dall’atto all’interno del procedimento.

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