12 Ottobre 2021

Nullità parziale della fideiussione proposta sul modello ABI e onere della prova a carico del fideiussore

di Emanuela Ruffo, Avvocato Scarica in PDF

App. Venezia, 13/09/2021, n. 2356, Pres. Taglialatela, Est. Zanon

Fideiussione – Schema ABI – nullità parziale – onere della prova a carico del fideiussore

[1] Poiché l’Autorità amministrativa ha circoscritto l’accertamento dell’illiceità ad alcune specifiche clausole dello schema ABI, dal relativo accertamento non discende la nullità dell’intero contratto, dovendo la nullità del contratto c.d. “a valle” essere valutata dal giudice adito alla stregua degli artt. 1418 e 1419 cod. civ. Il fideiussore deve dimostrare l’applicazione nel caso concreto di tali clausole e quali effetti conseguirebbero dalla loro espunzione dal contratto oggetto di causa. Il fideiussore deve produrre tempestivamente il modello ABI su cui si fonda l’eccezione e provare l’appartenenza della banca alle intese vietate così come l’uniformità e la non occasionalità delle condizioni contrattuali applicate.

Disposizioni applicate

Art. 1957 c.c., art. 1418 c.c., art. 1419 c.c., art. 2 L. 287/1990

CASO

In primo grado gli attori ha convenuto in giudizio la banca per veder dichiarata, tra le altre, la nullità delle clausole del contratto di fideiussione che prevedevano la deroga agli artt. 1938, 1945 e 1957 c.c.

La banca costituita eccepiva esclusivamente l’inadempimento degli attori, senza nulla eccepire sotto il profilo dell’asserita nullità delle clausole della fideiussione.

Il tribunale di primo grado ha respinto le domande attoree.

Quest’ultimi hanno quindi proposto appello, chiedendo la declaratoria di nullità della fideiussione in quanto trattasi di contratti stipulato a valle dell’intesa illecita sanzionata da Banca d’Italia con provvedimento 55/2015 e, come tale, in violazione dell’art. 2 della L. 287/90.

SOLUZIONE

La Corte d’Appello adita ha respinto l’appello non ritenendo assolto l’onere della prova da parte dei fideiussori. Con la pronuncia in commento la corte conferma di aderire all’orientamento per cui dall’accertamento dell’illiceità delle clausole contrastanti con lo schema ABI non deriverebbe la nullità dell’intero contratto, ma semmai della singola clausola, a condizione tuttavia che il fideiussore provi l’applicazione nel caso concreto di tali clausole e gli effetti che conseguirebbero dalla loro espunzione dal contratto oggetto di causa. Il fideiussore deve altresì produrre tempestivamente il modello ABI su cui si fonda l’eccezione e provare l’appartenenza della banca alle intese vietate così come l’uniformità e la non occasionalità delle condizioni contrattuali applicate.

QUESTIONI

La pronuncia in commento ha ad oggetto la verifica della nullità delle clausole di una fideiussione contrastanti con il noto schema ABI, secondo le disposizioni contenute nella legge “antitrust” 10 ottobre 1990, n. 287 che detta norme a tutela della libertà di concorrenza.

Giova ricordare che con il provvedimento n. 55 del 2.5.2005 la Banca d’Italia, all’esito dell’accertamento relativo al denunziato contrasto tra lo schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI e l’art. 2 della legge n. 287/190, ha circoscritto i propri rilievi alle clausole nn. 2, 6 e 8, in quanto contenenti disposizioni “che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a) della legge n. 287/90”.

Le clausole in questione sono: la “clausola di reviviscenza” (n. 2), che impone al fideiussore di rimborsare alla banca le somme da questa incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che debbano essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti, o per qualsiasi altro motivo; la clausola di deroga all’art. 1957 cod. civ. (n. 6) e la “clausola di sopravvivenza”, che prevede l’obbligo del fideiussore di garantire comunque la restituzione delle somme erogate dalla banca, anche nel caso in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide.

La natura anticoncorrenziale è stata, in particolare, ravvisata dall’Autorità garante nell’attitudine delle clausole in questione ad addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca, ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa, piuttosto che a garantire l’accesso al credito.

Il dibattito sviluppato negli anni sul punto si è incentrato sulla valutazione dell’incidenza della “intesa” (o, quantomeno, del comportamento distorsivo della concorrenza attuato mediante l’impiego di tale modulistica contrattuale) sul contratto stipulato tra le parti.

La Corte d’Appello di Venezia interviene sul punto concentrandosi sull’esame degli “effetti derivati” della nullità di un’intesa anticoncorrenziale di tipo orizzontale, intervenuta tra i vari operatori economici di un determinato settore, rilevando se gli effetti distorsivi si siano effettivamente trasferiti sui negozi stipulati “a valle” dell’intesa illecita, osservando che, al riguardo, la Suprema Corte ha già avuto modo di chiarire che dalla declaratoria di nullità di una intesa tra imprese per lesione della libera concorrenza, emessa dalla Autorità Antitrust ai sensi della L. n. 287 del 1990, art. 2, non discende automaticamente la nullità di tutti i contratti posti in essere dalle imprese aderenti all’intesa (cfr. Cass. n. 9384 del 11/06/2003; in tema Cass. n. 3640 del 13/02/2009; Cass., sez. 3. n. 13486 del 20/06/2011; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9116 del 2014).

Escludere la nullità dell’intero contratto, secondo l’orientamento dei giudici di legittimità cui aderisce anche la corte d’appello con la sentenza in esame, dipenderebbe dal fatto che l’autorità amministrativa che è intervenuta sull’illiceità delle cennate clausole, avrebbe accertato la nullità esclusivamente di quelle determinate clausole e non dell’intero negozio. Diversamente si tratterebbe di estendere all’intero contratto una norma (l’art. 1419 c.c.) che ha carattere eccezionale, quale deroga al principio generale della conservazione del contratto che può essere dichiarata dal giudice solo se risulti che il negozio non sarebbe stato concluso senza quella parte del suo contenuto colpita dalla nullità.

La corte veneziana interviene infine per precisare come l’onere della prova spetti al fideiussore, il quale dovrà provare non solo la concreta applicazione nel caso specifico di tali clausole, ma anche quali effetti conseguirebbero dalla loro espunzione dal contratto oggetto di causa, nonché l’appartenenza della banca alle intese vietate e l’uniformità e la non occasionalità delle condizioni contrattuali applicate.