Superbonus 110% nel “condominio minimo” formato da due distinti edifici: questioni sul codice fiscale condominiale e sui limiti di spesa
di Ilaria Ottolina, Avvocato Scarica in PDFAgenzia delle Entrate, risposta a interpello n. 196 del 18 marzo 2021
Immobili e proprietà – edifici insistenti su mappali distinti – sussistenza di parti comuni – fattispecie di condominio unico e di condominio minimo – sussiste – superbonus 110% – interventi di demolizione e ricostruzione senza aumento della volumetria, interventi di riduzione del rischio sismico e di riqualificazione energetica – limiti di spesa applicabili agli interventi – valorizzazione della situazione esistente all’inizio dei lavori – necessità di codice fiscale – non sussiste.
Riferimenti normativi: art. 1117 bis c.c. – artt. 119 e 121 D.L. n. 34/2020 (Decreto Rilancio) – artt. 14 e 16 Legge n. 63/2013 – circolare Agenzia delle Entrate 8 agosto 2020, n. 24/E – risoluzione Agenzia delle Entrate 28 settembre 2020, n. 60/E – circolare Agenzia delle Entrate 22 dicembre 2020, n. 30/E
I QUESITI DEL CONTRIBUENTE ISTANTE
Un contribuente sottopone all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate un caso di per sé piuttosto complesso, che offre lo spunto per chiarire alcuni aspetti – di natura civilistica e amministrativa – relativi alla materia del superbonus 110% in ambito condominiale.
La vicenda è la seguente: l’interessato riceve in donazione dal padre tre unità immobiliari di categoria catastale A/3 (abitativa di tipo economico), C/2 (magazzini e locali di deposito) e C/6 (stalle, scuderie, rimesse e autorimesse), ricomprese in un dato mappale e facenti parte di un medesimo edificio (denominato edificio B).
L’istante rappresenta l’intenzione di effettuare sulle tre proprietà un intervento di demolizione e ricostruzione senza aumento di volumetria, in seguito al quale esse saranno accorpate in un’unica unità abitativa di classe A/3, sulla quale saranno anche effettuati ulteriori interventi di riduzione del rischio sismico – attesa la riconducibilità dell’immobile entro la zona sismica 3 – e di riqualificazione energetica.
Si aggiunga che le tre proprietà donate sono strutturalmente unite ad un edificio adiacente (edificio A), insistente su un diverso mappale, composto da altre tre unità immobiliari, di cui una di proprietà dello stesso istante, una del di lui padre e la terza del cugino dell’istante.
Il tetto dell’edificio B è sostenuto dal muro portante in comune con l’edificio A; i due edifici hanno inoltre in comune le fognature, i canali di scarico e le fondazioni.
Anche l’edificio A sarà oggetto di un intervento di ristrutturazione per la riduzione del rischio sismico e di riqualificazione energetica.
L’istante precisa di non essere ancora in possesso del titolo abilitativo che autorizza i lavori e conferma che tutte le unità abitative oggetto di intervento di riqualificazione energetica sono provviste di impianti di riscaldamento; viene infine precisato dal contribuente che le spese relative agli interventi – comprese quelle di demolizione e ricostruzione – saranno sostenute dal condominio unico composto dagli edifici A e B, imputate secondo i criteri stabiliti dall’assemblea condominiale.
Sulla scorta della descritta situazione di fatto, ai fini dell’applicazione delle agevolazioni del Superbonus 110% (art. 119 D.L. n. 34/2020), il contribuente interpella l’Agenzia delle Entrate sui seguenti quesiti:
- se l’edificio A e l’edificio B possano considerarsi “condominio unico” (o per meglio dire “condominio minimo”), a prescindere dal fatto che insistono su due diversi mappali e tenuto conto che hanno una serie di parti comuni;
- se sia necessario richiedere un codice fiscale per il condominio minimo e, in caso affermativo, se le detrazioni debbano essere gestite tramite il codice fiscale anziché da parte delle singole persone fisiche;
- i limiti di spesa applicabili per gli interventi da realizzare e l’applicabilità della cessione del credito ad un istituto bancario (art. 121 D.L. n. 34/2020).
LA RISPOSTA DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Quanto al primo quesito, relativo alla possibilità di considerare gli edifici A e B come un condominio unico, l’Agenzia delle Entrate da’ (implicitamente) risposta positiva, in quanto la presenza di parti comuni ai due edifici A e B – muro di confine portante e sostenente il tetto dell’edificio B, fognature, canali di scarico e fondamenta – sono idonee a costituire un “condominio minimo”, che ovviamente presuppone l’unicità del condominio.
Quanto al secondo quesito, l’Agenzia delle Entrate esclude che, per fruire dei benefici fiscali, il “condominio minimo” necessiti di un apposito codice fiscale ed ammette l’utilizzo del proprio codice fiscale, da parte di ogni condòmino.
Infine, in merito al calcolo dei limiti di spesa, l’Agenzia delle Entrate afferma che, anche nel “condominio minimo”, gli interventi di recupero del patrimonio edilizio (compresi quelli di demolizione e ricostruzione, di cui all’art. 3, co. 1, lett. d), D.P.R. n. 380/2001), di risparmio energetico e di riduzione del rischio sismico, che abbiano ad oggetto – come nel caso di specie – l’accorpamento di più unità abitative (o la suddivisione in più immobili di un’unica unità abitativa), per l’individuazione dei limiti di spesa occorre considerare le unità immobiliari censite al catasto all’inizio degli interventi edilizi e non quelle risultanti alla fine dei lavori.
L’Agenzia delle Entrate chiarisce ulteriormente che ogni condòmino potrà usufruire dell’opzione per la cessione del credito d’imposta ex art. 121 D.L. n. 34/2020, in relazione ai lavori effettuati sulle parti comuni degli edifici, in ragione dei millesimi di proprietà o dei diversi criteri applicabili ai sensi dell’art. 1123 c.c.
IL COMMENTO
L’Agenzia delle Entrate, come di consueto, espone nella prima parte del parere un lungo riepilogo della disciplina generale del Superbonus 110%, mediante la disamina dell’art. 119 D.L. n. 34/2020, coordinata anche con le circolari n. 24/2020, n. 30/2020 e con la risoluzione n. 60/2020, che hanno interpretato ed integrato la disciplina della complessa norma tributaria.
In questa sede ci si limita tuttavia a commentare le questioni giuridiche che vengono sollevate dal contribuente: in primo luogo, l’Agenzia delle Entrate in commento conferma come il condominio minimo possa beneficiare del superbonus (tale chiarimento era già stato reso con la circolare Agenzia delle Entrate n. 24/E dell’8 agosto 2020).
Sulla natura giuridica del condominio minimo, si osserva preliminarmente che, in via generale, l’art. 119, comma 9, lett. a), D.L. n. 34/2020 ammette al superbonus del 110% i condomìni, per quanto riguarda gli interventi sulle parti necessarie all’uso comune (suolo su cui sorge l’edificio e fondazioni), sulle aree destinate a parcheggio e sui locali per i servizi in comune, sulle opere, installazioni, manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune (impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e simili)[1].
Sicché, sotto il profilo oggettivo, può dirsi che la presenza di parti comuni, ex art. 1117 c.c., consente di ritenere che vi siano più unità immobiliari e che, pertanto, sussista un condominio[2].
L’individuazione di parti comuni riconducibili all’art. 1117 c.c., tuttavia, non sono sufficienti a configurare un condominio, ai fini dell’accesso al beneficio fiscale in questione.
Infatti, sotto il profilo soggettivo, occorre che vi siano almeno due distinti proprietari di unità immobiliari.
Tale condizione è da considerare tassativa: come ha precisato l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 24/2020, “… Secondo una consolidata giurisprudenza, la nascita del condominio si determina automaticamente, senza che sia necessaria alcuna deliberazione, nel momento in cui più soggetti costruiscono su un suolo comune ovvero quando l’unico proprietario di un edificio ne cede a terzi piani o porzioni di piano in proprietà esclusiva, realizzando l’oggettiva condizione del frazionamento …”[3].
In ogni caso, com’è stato osservato[4], ai fini della configurazione o meno di un condominio su un edificio, rileva esclusivamente la proprietà delle singole unità immobiliari, non già la loro detenzione (sicché, al fine dell’accesso alla maxi-detrazione, non rileva l’eventuale sussistenza di più contratti di locazione, qualora il proprietario sia uno solo).
Tutto ciò detto, l’Agenzia delle Entrate in commento, riprendendo il contenuto della circolare n. 24/2020, precisa che si parla di condominio minimo nel caso di edificio composto da un numero non superiore a otto condòmini (si richiama a questo proposito l’art. 1129 c.c.), a cui si applicano le norme civilistiche in materia condominiale, con la sola esclusione di quelle relative alla nomina dell’amministratore (e del conseguente obbligo di apertura di un apposito conto corrente intestato al condominio) e del regolamento di condominio (necessario in caso di più di dieci condòmini)[5].
Nel caso di specie, l’edificio A e l’edificio B, uniti in condominio attraverso una serie di parti comuni (segnatamente le fondazioni, i canali di scarico e la rete fognaria), soddisfano i requisiti (oggettivi e soggettivi) di cui si è detto e possono quindi essere considerati condominio unico – a prescindere dall’insistenza su distinti mappali, si rammenta che il tetto dell’edificio B è sostenuto dal muro portante in comune con l’edificio A – e, in particolare, condominio minimo, a fronte del fatto che i condòmini sono meno di otto.
Con riguardo, poi, alla necessità del codice fiscale condominiale, ai fini dell’ammissione al beneficio del superbonus per i lavori eseguiti sulle parti comuni, l’Agenzia delle Entrate torna a specificare che i condomìni non obbligati alla nomina dell’amministratore non sono nemmeno tenuti a richiedere il codice fiscale.
In tali casi, ogni condomino può utilizzare il proprio codice fiscale; in particolare, i documenti di spesa potranno essere intestati per l’intero ad un unico condomino, il quale effettuerà il relativo pagamento; in alternativa, ciascun condomino effettuerà il pagamento per la propria quota di competenza (in ragione dei millesimi di proprietà o dei diversi criteri applicabili ai sensi degli artt. 1123 e seguenti del codice civile).
Come infatti è stato chiarito, a più riprese, dall’Agenzia delle Entrate[6], il comma 9-bis dell’art. 119, D.L. n. 34/2020, “… consente, in sostanza, al condomino o ai condòmini che abbiano particolare interesse alla realizzazione di determinati interventi condominiali la possibilità di manifestare in sede assembleare l’intenzione di accollarsi l’intera spesa riferita a tali interventi, avendo certezza di poter fruire anche delle agevolazioni fiscali. In tale ipotesi, ne risponderà eventualmente in caso di non corretta fruizione del Superbonus esclusivamente il condomino o i condòmini che ne hanno fruito”.
Passando alla terza ed ultima risposta resa dall’Agenzia delle Entrate in commento, viene affermato che ciascun condomino potrà fruire dell’art. 121 del Decreto Rilancio, vale a dire dell’opzione per la cessione del credito d’imposta ad un istituto bancario (così come per lo sconto in fattura)[7].
A questo proposito, come è stato giustamente osservato[8], il singolo condomino che sostiene la propria parte di spese detraibili rimane titolare di un diritto “individuale” all’agevolazione fiscale: ciò significa che, nel caso di interventi rientranti nell’ambito di applicazioni di diverse detrazioni edilizie, ciascun condomino può scegliere quale detrazione applicare alla propria parte di spesa detraibile.
Ma significa pure che il medesimo condomino potrà decidere se fruire direttamente della detrazione oppure se esercitare l’una o l’altra delle opzioni di cui all’art. 121, D.L. n. 34/2020 (sconto in fattura o cessione del credito): si veda la circolare Agenzia delle Entrate n. 24/2020).
E’ ben vero, tuttavia, che – con esclusivo riferimento agli interventi che beneficiano del superbonus 110% – il tenore letterale dell’art. 119, comma 9-bis, D.L. n. 34/2020, nella parte in cui fa espresso riferimento all’“… adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’art. 121 …”, fa ritenere che, in questi casi, il diritto individuale del singolo condomino receda dinanzi alla decisione dell’assemblea condominiale, assunta con le maggioranze ivi previste.
Quanto, infine, all’individuazione dei limiti di spesa applicabili, la risposta in commento richiama la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 30/E del 2020, la quale ha precisato che, nel caso di più interventi agevolabili sul medesimo immobile, il limite massimo di spesa ammesso alla detrazione è costituito dalla somma degli importi previsti per ciascuno degli interventi realizzati (purché le spese riferite ai diversi interventi siano distintamente contabilizzate e siano rispettati gli adempimenti specifici).
Qualora si tratti di interventi che comportino l’accorpamento di più unità abitative o la suddivisione di un’unica unità abitativa in più immobili, l’Agenzia delle Entrate precisa che occorre fare riferimento alla situazione catastale esistente all’inizio dei lavori e non a quella successiva alla fine dei lavori (in applicazione di quest’ultimo principio, l’Agenzia delle Entrate specifica al contribuente che, in assenza del titolo edilizio al momento dell’interpello, la detrazione potrà essere richiesta solo laddove l’intervento di demolizione e ricostruzione rientri ab origine tra quelli di ristrutturazione edilizia ex art. 3, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 380/2001).
Sulla scorta dell’art. 119, comma 1, D.L. n. 34/2020, nel caso di interventi realizzati su parti comuni di edifici in condominio, l’ammontare di spesa calcolato in funzione del numero delle unità immobiliari di cui l’edificio è composto costituisce il limite massimo di spesa agevolabile riferito all’intero edificio (e non quello riferito alle singole unità che lo compongono)[9]: si tenga peraltro in considerazione che, nel caso di interventi sulle parti comuni, anche le pertinenze debbono concorrere come parte del moltiplicatore per il calcolo del limite massimo di spesa[10].
[1] Per un generale approfondimento sugli immobili interessati dal beneficio fiscale, si rinvia a ZANIN T. (a cura di), “Ecobonus 110% e altre detrazioni casa”, Trento, 2021, pag. 373 e seguenti.
[2] Si veda tuttavia circolare Agenzia delle Entrate n. 19/2020, pag. 249, in cui viene escluso il diverso caso di un’unica unità immobiliare “principale”, rispetto alla quale altre unità immobiliari rivestono mero carattere “pertinenziale” e non possono essere considerate parti comuni dell’edificio: in altre parole, deve trattarsi di “… più unità immobiliari funzionalmente autonome …”.
[3] Paragrafo 1.1, pag. 6.
[4] ZANETTI E.-ZENI A., “Detrazioni per gli interventi “edilizi” e superbonus 110%”, Torino, 2021, pag. 43.
[5] Si vedano gli articoli 1129 e 1138 c.c.
[6] Si veda, anche di recente, Risposta agli interpelli 22/09/2021 n. 620 – Legge e Prassi “Superbonus – Condomini misti” (rubrica non ufficiale).
[7] Per un’esaustiva indagine sulle modalità alternative al bonus diretto, si vedano CHIESA F.-GUGLIOTTA G., “La scelta. Cessione del credito e sconto in fattura al posto delle detrazioni”, in I Focus del Sole 24 Ore, edizione del 29 luglio 2021, n. 23.
[8] ZANETTI E.-ZENI A., op. cit., pag. 48.
[9] Circolare Agenzia delle Entrate n. 24/E del 2020.
[10] FIAMMELLI M., “Superbonus: le pertinenze come moltiplicatore di spesa”, in Fisco e Tasse, 28/10/2020.
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