Recesso dal contratto di locazione del locatore fallito: al conduttore in bonis spetta un equo indennizzo, la cui determinazione spetta al giudice delegato
di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDFCassazione Civile, Sezione 6 1, Ordinanza del 7 luglio 2021, n. 19264, Presidente Acierno, Relatore Dolmetta.
“In caso di fallimento del locatore di immobile, quando il curatore esercita la facoltà di recedere dal contratto di locazione ai sensi dell’art. 80, comma 2, l. fall., al conduttore spetta un equo indennizzo la cui determinazione è rimessa al giudice delegato.
In applicazione di tale principio la Suprema Corte ha cassato con rinvio il provvedimento con il quale il Tribunale, pur avendo riconosciuto l’astratta spettanza del diritto, non aveva proceduto alla liquidazione dell’indennità assumendo un difetto di documentazione da parte del conduttore.”
CASO
Nel 2016 due società, la Steelsud s.r.l. e la Futura s.r.l., stipulavano – la prima in qualità di proprietaria e locatrice di beni immobili, la seconda in qualità di conduttrice – dei contratti di locazione immobiliare. Nel corso dello svolgimento dei relativi rapporti sopravveniva la dichiarazione di fallimento della società Steelsud. Nel 2017, il curatore del fallimento dichiarava di recedere dai predetti contratti di locazione, comunicandolo alla società conduttrice Futura. Con la stessa comunicazione dichiarava inoltre di riservarsi di quantificare l’indennizzo per l’anticipato recesso, il quale, in caso di dissenso, sarebbe stato determinato dal giudice delegato. Non raggiungendo le parti un accordo sulla misura l’indennizzo dovuto, nel 2018 la società Futura presentava istanza al giudice delegato chiedendo la liquidazione della somma indennitaria.
SOLUZIONE
Con ordinanza del 2019, il giudice delegato rigettava la richiesta rilevando in proposito come il curatore fallimentare nella sua relazione riferiva che pur non escludendosi in astratto la possibilità di determinare il richiesto indennizzo, il contratto di locazione avrebbe potuto sciogliersi prima della scadenza per altra causa, in quanto risultava una morosità nel pagamento dei canoni locatizi in capo a parte conduttrice. Avverso il provvedimento del giudice delegato, Futura proponeva reclamo ex art. 26 legge fallimentare innanzi alla Corte di Appello di Napoli, la quale dichiarava la propria incompetenza in favore del Tribunale di Avellino. Riassunto il giudizio avanti a tale giudice, questo rigettava il reclamo. In proposito, il Tribunale, richiamando il disposto dell’art. 80 della legge fallimentare[1] ed in particolare del 3 comma di tale disposizione, rilevava che «ratio e fondamento dell’indennizzo è di ristorare il locatore dell’immobile allorquando, in caso di intervenuta pronuncia di fallimento, non possa fare più affidamento su mensilità previamente concordate». Aggiungeva poi il Tribunale che l’unico dato certo a propria disposizione consisteva nell’ammontare della morosità, peraltro nemmeno contestata dalla società reclamante, laddove la pretesa indennitaria – seppure astrattamente spettante – non appariva quantificabile. Il Tribunale proseguiva poi affermando che il reclamo proposto dalla società Futura non risultava «ancorato a dati oggettivi o a documentazione analiticamente verificabile»[2] e concludeva che, «in assenza di elementi giustificativi della pretesa indennitaria, specie con riferimento al quantum richiesto; in presenza, altresì, di chiari e univoci dati attestanti, al contrario, il debito della reclamante verso il Fallimento Steelsud» andasse respinto ed il reclamo igettato.
Avverso tale decisione del Tribunale, la s.r.l. Futura ricorreva per Cassazione. L’unico motivo di ricorso verteva sulla nullità dell’ordinanza del Tribunale per violazione e falsa applicazione dell’art. 80 legge fall. nonché per omessa, insufficiente, contraddittoria, illogica motivazione dell’ordinanza. Secondo la ricorrente infatti il Tribunale aveva confuso l’indennizzo con il pagamento dei canoni pertanto si sarebbe dovuto parlare, nel caso, di «parziale compensazione». In particolare, il ricorso censurava la pronuncia del Tribunale, poiché non aveva considerato che, nella specie, si faceva riferimento a un contratto ancora pendente al tempo della dichiarazione di fallimento della società locatrice e perché, comunque, non aveva applicato la disciplina dettata nella norma dell’art. 80 legge fall., univoca nel riconoscere al conduttore in bonis il diritto a ottenere un equo indennizzo. Resisteva, con controricorso, il fallimento della s.r.l. Steelsud, sollevando eccezioni di inammissibilità e improcedibilità del ricorso proposto.
La Cassazione accoglieva il ricorso ritenendo fondato il motivo di censura.
QUESTIONI
L’ordinanza in oggetto pone rilievo su alcune questioni giuridiche di particolare importanza, tra le quali il diritto del conduttore in bonis all’equo indennizzo nel caso di recesso dal contratto di locazione del locatore fallito; l’esercizio di tale diritto e il ruolo del giudice delegato nel determinare e liquidare l’indennizzo.
Con riferimento al caso di specie, la Suprema Corte chiarisce preliminarmente che si tratta di un’ipotesi di contratto di locazione immobiliare pendente al momento del fallimento del locatore e non del conduttore, contrariamente a quanto assunto dal Tribunale. Ne consegue che alla fattispecie concreta si applichi la norma dell’art. 80 commi 1 e 2 legge fallimentare, non già del comma 3, come erroneamente ritenuto dal giudice di primo grado.
Gli Ermellini pongono poi in evidenza un ulteriore dato materiale: il curatore fallimentare aveva comunicato alla società conduttrice di recedere dai contratti di locazione immobiliare in essere prima dello spirare del termine di un anno dall’avvenuta dichiarazione di fallimento (nel rispetto della prescrizione di cui alla parte iniziale del comma 2 dell’art. 80 legge fall.). Tale dato ha quindi eliminato ogni eventuale possibilità di ipotizzare un successivo – e, per così dire con le parole della Cassazione, ulteriore – scioglimento del contratto di locazione. Invero, hanno precisato i Giudici di Piazza Cavour, un contratto già sciolto – per effetto di un esercitato potere di recesso (o anche per altra ragione) – non può essere sciolto di nuovo, né il recesso è negozio unilaterale passibile di revoca, una volta che, come accaduto nel caso di specie, sia stato efficacemente esercitato. Ciò, specificano gli Ermellini, non incide in alcun modo sul diritto del Fallimento di riscuotere tutti i canoni di locazione che vengano a scadenza sino al momento in cui la dichiarazione di recesso del curatore viene a prendere effetto. L’applicazione della norma dell’art. 80 comma 2 legge fall. comporta che il recesso del curatore venga a prendere effetto, in ragione del disposto dell’ultimo periodo del comma, solo una volta che siano «decorsi quattro anni dalla dichiarazione di fallimento». All’esercizio del recesso da parte del Fallimento del locatore segue subito, il diritto del conduttore al conseguimento di un «equo indennizzo», come connesso all’anticipato scioglimento del contratto, che il recesso del curatore viene a produrre.
Il testo dalla norma dell’art. 80, comma 2, legge fall. è inequivoco: il conduttore vanta un vero e proprio diritto soggettivo, che si fonda direttamente nella legge e che, tra l’altro, si manifesta come diritto non solo all’accertamento della sussistenza degli occorrenti presupposti, ma anche alla concreta definizione del quantum spettantegli appunto a titolo di indennizzo.
Ne segue che, laddove ricorrano effettivamente i presupposti dell’equo indennizzo del conduttore in bonis, il giudice non può comunque fermarsi a riconoscere l’astratta spettanza del diritto di indennizzo, così come ha invece ritenuto di fare il Tribunale di Avellino. Deve, per contro, procedere propriamente all’effettiva definizione della misura di indennizzo che nel concreto spetta al contraente in bonis. Ché la determinazione del giudice si pone, allora, quale passaggio necessario per rendere liquido il credito di indennizzo e quindi lo stesso esigibile.
Non potrebbe in ogni caso rilevare che il contraente in bonis non abbia, nell’eventualità, prodotto documentazione a supporto della propria richiesta di liquidazione dell’indennizzo.
Peraltro, la disposizione dell’art. 80, comma 2, legge fall. non attribuisce al giudice il limitato compito di verificare se la somma pretesa dal contraente in bonis sia da ritenere corretta oppure no, ma assegna al giudicante delegato il potere/dovere di determinare in positivo l’entità dell’indennizzo che spetta al contraente in bonis, al di là (e a prescindere) della richiesta monetaria che quest’ultimo sia venuto a formulare per tale proposito.
D’altra parte, la legge dispone espressamente che il giudice, nello svolgimento della predetta attività determinativa, debba sentire gli «interessati»: così da potere (e, nel caso, dovere) chiedere al contraente in bonis, non meno che al curatore, ogni informazione e dato che stimi possa essergli utile o di cui, comunque, ritenga di avere bisogno ai fini della liquidazione.
[1] R.D. 16 Marzo 1942, n. 267, c.d. Legge Fallimentare, art. 80: “il fallimento del locatore non scioglie il contratto di locazione d’immobili e il curatore subentra nel contratto.
Qualora la durata del contratto sia complessivamente superiore a quattro anni dalla dichiarazione di fallimento, il curatore ha, entro un anno dalla dichiarazione di fallimento, la facoltà di recedere dal contratto corrispondendo al conduttore un equo indennizzo per l’anticipato recesso, che nel dissenso fra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. Il recesso ha effetto decorsi quattro anni dalla dichiarazione di fallimento.
In caso di fallimento del conduttore, il curatore può in qualunque tempo recedere dal contratto, corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l’anticipato recesso, che nel dissenso fra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati.
Il credito per l’indennizzo è soddisfatto in prededuzione ai sensi dell’articolo 111, n. 1 con il privilegio dell’articolo 2764 del codice civile.”
[2] In tal senso il Giudice di merito citava la giurisprudenza di legittimità secondo la quale l’indennizzo da
recesso anticipato dovrebbe corrispondere ai canoni che avrebbero potuto essere percepiti sul mercato delle locazioni (cfr. Cass. Civ. sent., 11 novembre 1994, n. 9423).