28 Settembre 2021

L’espropriazione di beni mobili in regime di comunione legale tra coniugi

di Maddalena De Leo, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile sez. III, 13/5/2021 n. 12879; Pres. De Stefano; Cons. rel. Rossetti.

Comunione legale tra coniugi – scioglimento della comunione legale – pignoramento – aggiudicazione e distribuzione ricavato – assegnazione – espropriazione di beni indivisi – opposizione all’esecuzione – opposizione agli atti esecutivi – opposizione di terzo – artt. 177, 180, 184, 189 c.c.; artt. 491, 494, 509, 599, 615, 617, 619 c.p.c.;

Nel caso di espropriazione di beni in comproprietà tra i coniugi in regime di comunione legale, poiché la comunione legale non è una comunione per quote, è consentito al creditore pignorare l’intero bene, né a ciò può opporsi il coniuge non debitore, il quale ha il solo diritto di percepire, in sede di distribuzione del ricavato, la metà di questo ultimo.

CASO

I tre creditori C.C., Ca.Ca. e E.N., muniti di titolo esecutivo nei confronti di P.L., pignoravano due automobili formalmente risultanti di proprietà del debitore.

La moglie del debitore, A.C., proponeva opposizione di terzo all’esecuzione, sostenendo di essere comproprietaria per la metà delle automobili pignorate in quanto acquistate in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale. La fase sommaria si concludeva con la sospensione dell’esecuzione.

I creditori procedenti introducevano la fase di merito dinanzi al Tribunale di Catania, il quale dichiarava estinto il pignoramento, considerando tardiva la riassunzione della fase di merito nel giudizio di opposizione. Avverso tale decisione veniva proposto appello da parte dei creditori soccombenti: la Corte d’appello di Catania rigettava il gravame, ritenendo che i creditori non potessero pignorare per l’intero le due automobili, poiché non avevano dimostrato che i debiti del coniuge P.L. erano stati contratti nell’interesse della famiglia.

I tre creditori ricorrevano in Cassazione avverso la sentenza d’appello, sostenendo, per quanto qui di interesse, che nel caso di espropriazione di beni in regime di comunione legale tra coniugi è consentito al creditore pignorare l’intero bene, posto che la comunione legale non è una comunione per quote, spettando tuttavia al coniuge non debitore, in sede di distribuzione del ricavato, la metà di questo.

SOLUZIONE

La Suprema Corte, ribadendo il principio di diritto già enunciato in precedenza e ormai consolidato (vedasi, in particolare, Cassazione civile sez. III, 14/03/2013 n. 6575, nonché Cass. n. 18771/2019 e n. 28526/2018), ha ritenuto fondato il motivo in quanto, avendo la comunione legale tra coniugi natura di comunione senza quote, il pignoramento si esegue per l’intero e non in quota pari alla sola metà del bene.

QUESTIONI

In assenza di una disciplina specifica in tema di esecuzione su beni in comunione legale, si è posta la questione della pignorabilità da parte del creditore di un solo coniuge di beni in comunione legale per il soddisfacimento di crediti personali.

Al fine di individuare la soluzione più coerente al sistema codicistico, giova premettere qualche breve considerazione in ordine alle caratteristiche fondamentali della comunione legale.

La comunione legale è il regime patrimoniale legale tra coniugi: in mancanza di convenzioni matrimoniali di adozione di altri regimi, i rapporti patrimoniali tra i coniugi sono governati dal regime della comunione. La comunione legale conferisce uguali poteri di cogestione e uguali diritti sugli acquisti. Viene definita una comunione senza quote o a mani riunite, secondo lo schema della comunione di tipo germanico: i coniugi non sono individualmente titolari di un diritto pro quota ma risultano solidalmente titolari di un diritto avente ad oggetto tutti i beni della comunione. La comunione legale è finalizzata, a differenza della comunione ordinaria, non già alla tutela della proprietà individuale, ma piuttosto a quella della famiglia. Ne consegue che titolari della comunione legale possono essere solo persone tra loro coniugate, dovendosi fermamente escludere che soggetti diversi dai coniugi possano partecipare alla comunione legale.

Ulteriori caratteri inderogabili della comunione legale, che segnano una profonda distanza con la comunione ordinaria, sono da ravvisare nella impossibilità per i coniugi di escludere dalla comunione un certo bene che secondo la disciplina legale ricade in comunione: i coniugi possono solo mutare integralmente il regime patrimoniale, con atti dalla forma solenne opponibili ai terzi soltanto con l’annotazione formale a margine dell’atto di matrimonio; ancora, nella impossibilità di scioglimento della comunione se non nei soli casi previsti dalla legge, tra i quali vi è la possibilità per i coniugi di mutare integralmente il loro regime patrimoniale: tale carattere rende stabile la comunione legale, a differenza della comunione ordinaria che può in ogni momento essere sciolta secondo la previsione di cui all’art. 1111 c.c.; a differenza della comunione ordinaria, nella quale ciascun comunista è libero di disporre della propria quota, ulteriore caratteristica indefettibile della comunione legale è proprio rappresentata dalla indisponibilità della propria quota da parte di ciascun coniuge, il quale può tuttavia disporre dell’intero bene.

Da quanto precede si desume che la quota non rappresenta un elemento strutturale della comunione legale, ma occorre comunque evidenziare che la partecipazione dei coniugi alla comunione in quote eguali rappresenta un principio inderogabile secondo quanto prevede l’art. 210 c.c. La scomposizione in quote è necessaria al fine di applicare gli artt. 189 e 190 c.c.: da un lato, infatti, la quota di ciascun coniuge rappresenta la misura entro cui i beni della comunione possono esser aggrediti dai creditori particolari ex art. 189 c.c.; dall’altro, rappresenta la misura della responsabilità sussidiaria di ciascun coniuge con i propri beni personali verso i creditori della comunione, secondo la previsione di cui all’art. 190 c.c. La quota, infine, ha la funzione di stabilire la proporzione in cui devono essere ripartiti tra i coniugi, una volta sciolta la comunione, l’attivo ed il passivo.

Delineati così brevemente i caratteri della comunione legale, occorre analizzare le possibili soluzioni al quesito iniziale sulla pignorabilità di beni in comunione legale da parte del creditore di un solo coniuge, incominciando dall’analisi della posizione assunta dalla Corte d’appello di Catania, non condivisa dalla Suprema Corte.

Come si desume dalle argomentazioni spese a sostegno del rigetto del gravame, il giudice di seconde cure pare fornire una risposta negativa al quesito sulla pignorabilità di beni in comunione legale da parte del creditore di un solo coniuge, individuando come unica eccezione il caso in cui il debito sia stato contratto nell’interesse della famiglia. Tale soluzione, sebbene soddisfi le esigenze della comunione legale e quindi della famiglia, vanifica in modo irragionevole le ragioni dei creditori dei singoli coniugi per crediti non familiari, derogando altresì all’art. 2740 c.c. che sancisce il principio della responsabilità patrimoniale del debitore, che risponde dei propri debiti con tutti i beni presenti e futuri. Peraltro, la soluzione accolta dalla Corte d’appello di Catania si pone in contrasto anche con l’art. 189 c.c., norma che riconosce al creditore particolare di uno solo dei coniugi il diritto di agire sui beni della comunione, anche se solo in via sussidiaria.

Non potendosi accogliere la soluzione che sostiene la non pignorabilità di beni in comunione da parte del creditore particolare di un solo coniuge ed acclarato, dunque, che il creditore particolare di uno solo dei coniugi può agire in via esecutiva sui beni in comunione legale per il soddisfacimento del proprio credito, si pone l’ulteriore quesito se oggetto del pignoramento possa o debba essere l’intero bene ovvero solo la quota della metà del bene in comunione.

Secondo quanto statuito dalla Suprema Corte nell’importante decisione del 2013, la n. 6575, l’espropriazione della quota della metà del bene contrasta con i caratteri propri della comunione legale per due ordini di motivi: da un lato, l’assenza di quote della comunione legale impedisce al creditore di pignorare una quota soltanto di un bene non diviso in quote; dall’altro, l’impossibilità che un estraneo entri a far parte della comunione legale osta all’applicazione della disciplina della espropriazione di quote ex art 599 c.p.c., in quanto, ammettendo il pignoramento della sola quota della metà, si consentirebbe all’assegnatario o aggiudicatario della quota di entrare a far parte della comunione legale.

La soluzione più coerente ai caratteri della comunione legale è dunque rappresentata dalla necessità di pignorare il bene per l’intero, con conseguente scioglimento della comunione legale limitatamente al bene staggito al momento del trasferimento della proprietà del bene. Allo scioglimento della comunione legale consegue il diritto del coniuge non debitore di ottenere in sede di distribuzione la metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene ovvero la metà del valore lordo del bene in caso di assegnazione, secondo il principio della ripartizione in parti eguali del ricavato della comunione al momento del suo scioglimento: le spese della procedura non possono essere poste a carico del coniuge non debitore, essendosi rese necessarie per il solo fatto del coniuge debitore.

Occorre da ultimo soffermarsi sulla posizione del coniuge non debitore: la soggezione ad espropriazione di un bene sul quale ha eguale contitolarità il coniuge non debitore fa sì che quest’ultimo debba essere considerato soggetto passivo dell’espropriazione, imponendosi pertanto la notificazione del pignoramento anche al coniuge non debitore.

Il coniuge non debitore è legittimato a proporre tanto opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi quanto opposizione di terzo. Nello specifico, attraverso l’opposizione di terzo il coniuge non debitore non può pretendere di escludere dal pignoramento una quota del bene in natura, non essendo titolare di un diritto pro quota sul bene, ma può far valere la proprietà esclusiva del bene staggito, per sua estraneità alla comunione; attraverso l’opposizione all’esecuzione può far valere la non sussidiarietà del bene in comunione, per la presenza di beni personali del coniuge debitore utilmente aggredibili per il soddisfacimento del credito personale: il regime di sussidiarietà previsto dall’art. 189 c.c. viene infatti inteso non come onere per il creditore procedente di esperire preventivamente e con esito negativo l’azione esecutiva sui beni personali del coniuge, ma come onere per ciascun coniuge di opporre od eccepire l’esistenza di beni personali del coniuge debitore, da aggredire preventivamente; attraverso l’opposizione agli atti esecutivi il coniuge non debitore può far valere la nullità degli atti che comportino la violazione o la limitazione del suo diritto alla metà del controvalore del bene, ovvero la nullità degli atti che incidano sullo stesso controvalore del bene, se relativi alle operazioni di vendita o assegnazione.

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