14 Settembre 2021

I patti successori e le pattuizioni nulle: i requisiti

di Corrado De Rosa, Notaio Scarica in PDF

Cassazione civile sez. II, 24 maggio 2021, n. 14110 – DI VIRGILIO– Presidente – BELLINI– Relatore

“In tema di patti successori, per stabilire se una determinata pattuizione ricada sotto la comminatoria di nullità di cui all’art. 458 c.c. occorre accertare: 1) se il vincolo giuridico con essa creato abbia avuto la specifica finalità di costituire, modificare, trasmettere o estinguere diritti relativi ad una successione non ancora aperta; 2) se la cosa o i diritti formanti oggetto della convenzione siano stati considerati dai contraenti come entità della futura successione o debbano comunque essere compresi nella stessa; 3) se il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte della propria successione, privandosi, così dello “jus poenitendi”; 4) se l’acquirente abbia contrattato o stipulato come avente diritto alla successione stessa; 5) se il convenuto trasferimento, dal promittente al promissario, debba aver luogo “mortis causa”, ossia a titolo di eredità o di legato.”

CASO

G.G. otteneva dal Tribunale di Milano due decreti ingiuntivi nei confronti dei figli B. e M. per il pagamento di complessivi Euro 90.000,00, deducendo che costoro, in forza di scrittura privata del 25.11.2009, si erano impegnati a corrispondergli una rendita vitalizia per la quale si erano resi inadempienti. B. e M. proponevano opposizione, deducendo che la rendita era stata costituita sulla scorta di scrittura privata che prevedeva l’obbligo in capo al padre di custodire e gestire, possibilmente incrementandone il valore, una collezione di opere d’arte di sua proprietà, con obbligo di non compiere operazioni che ne diminuissero il valore e di non spossessarsene. Gli opponenti sostenevano che il padre si era reso, ancor prima, inadempiente all’obbligazione di non spossessarsi della collezione e di non diminuirne il valore della suddetta collezione. Sulla base di tale considerazione, essi avevano interrotto i pagamenti della rendita. Il breve, il Tribunale riteneva che la scrittura privata de qua integrasse patto successorio e fosse quindi affetta da nullità ex art. 458 c.c.. ed accoglieva pertanto l’opposizione.  Avverso detta sentenza proponeva appello G.G., deducendo: (i) erronea statuizione circa la nullità della scrittura privata per contrasto con l’art. 458 c.c.; (ii) erronea statuizione circa l’insussistente collegamento funzionale tra tutti gli accordi conclusi alla fine del 2009, che quindi andrebbero tutti travolti se si configrasse un patto successorio. La Corte d’Appello di Milano accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, respingeva l’opposizione, confermando l’efficacia dei decreti ingiuntivi. Avverso detta sentenza propongono ricorso per cassazione B. e M..

SOLUZIONE

Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 458 c.c.,. In particolare, secondo la loro tesi, la scrittura privata ricadeva sotto la comminatoria della nullità ex art. 458 c.c., in quanto tra le parti esisterebbe un’aspettativa di carattere successorio dato il rapporto sussistente. Infatti, la scrittura privata era stata strutturata in termini tali da costituire un vincolo giuridico sul patrimonio di opere d’arte allo scopo di evitare la dispersione dello stesso e garantire la trasmissione ai figli al momento dell’apertura della successione. Secondo la Corte di Cassazione il motivo non è fondato. Infatti, la Corte D’Appello aveva correttamente rilevato che la scrittura de qua non integrasse il patto successorio in quanto non ricorrevano i requisiti richiesti e fatti propri dalla giurisprudenza. In altre parole, la pattuizione in commento non poteva considerarsi al pari delle convenzioni che hanno per oggetto la costituzione, trasmissione o estinzione di diritti relativi ad una successione non ancora aperta e facciano, così, sorgere un vinculum iuris, di cui la disposizione ereditaria rappresenti l’adempimento. Pertanto, secondo i giudici di legittimità, la Corte di merito – dimostrato che, nel caso di specie, non sussistesse nessuno dei presupposti costitutivi di un patto successorio- correttamente, riteneva l’assenza delle convenzioni previste dall’art. 458 c.c. e richieste per legittimare la declaratoria di nullità del patto successorio. Pertanto, la Suprema Corte, nel confermare la sentenza di merito, ha escluso la violazione di detto divieto nella predisposizione di una scrittura privata con cui il padre si era impegnato a custodire e gestire, possibilmente incrementandone il valore, una collezione di opere d’arte con l’obbligo di non farne subire un decremento e di non spossessarsene, a fronte della contestuale assunzione dell’obbligo, da parte dei figli, di corrispondergli una rendita vitalizia.

QUESTIONI

La sentenza in commento permette di delineare i requisiti richiesti dalla giurisprudenza affinché una convenzione possa essere considerata un patto successorio. In primo luogo, l’art. 458 c.c. disciplina tre tipologie di patti: istitutivi, dispositivi, rinunziativi. In particolare, è sanzionata con la nullità ogni convenzione con cui si dispone della propria successione e ogni atto di disposizione o di rinunzia sull’altrui successione. In tali patti rientrano atti strutturalmente e causalmente eterogenei: insieme atti tra vivi e a causa di morte. Il fondamento del divieto, si rintraccerebbe nell’inammissibilità nel nostro ordinamento di una terza causa di delazione, che sarebbe il contratto successorio. In altri termini, la delazione contrattuale è vietata in quanto l’eredità può essere devoluta solo per legge o testamento (G. Capozzi, Successioni e donazioni, Giuffrè, 2015, p. 40). La logica sottesa al divieto secondo certa parte della dottrina (Bianca, Diritto Civile, 2, La famiglia. Le successioni, p. 414; Cecere, Patto successorio, in Dig, Cod. Civ., II, Torino, 2004, p. 1101; L. Cariota-Ferrara, Le successioni per causa di morte, I, Napoli, 1961, p. 145; ) è quella di garantire la libertà testamentaria e assicurare la libertà di disporre fino all’estremo limite della vita del de cuius. Tale libertà è infatti garantita dallo strumento testamentario stante la sua revocabilità incondizionata, mentre sarebbe compromessa dal patto successorio che, proprio a causa della sua natura contrattuale, comporterebbe l’irrevocabilità del consenso e vincolerebbe il de cuius. In altri termini, il divieto di patti successori (istitutivi) è ricondotto al ruolo centrale che, nel fenomeno successorio, assume la volontà del testatore, con esclusione di ogni rilevanza della volontà di terzi soggetti. Tuttavia, la Cassazione si è occupata del divieto di patti successori, tema sul quale ha avuto modo di intervenire con un orientamento per lo più teso a ridurre l’operatività del divieto stesso. In tal senso, è da ricordare la sentenza del 18 dicembre 1995 n. 12906, nella quale la Suprema Corte definisce il divieto come “un limite eccezionale all’autonomia privata non suscettibile di applicazione analogica piuttosto che come un principio generale”. Configurano un patto successorio – per definizione non suscettibile di conversione in un testamento, ai sensi dell’art. 1424 c.c., in quanto in contrasto col principio del nostro ordinamento secondo cui il testatore è libero di disporre dei propri beni fino al momento della morte – “sia le convenzioni aventi ad oggetto una vera istituzione di erede rivestita della forma contrattuale, sia quelle che abbiano ad oggetto la costituzione, trasmissione o estinzione di diritti relativi ad una successione non ancora aperta, tali da far sorgere un vinculum iuris di cui la disposizione ereditaria rappresenti l’adempimento” (Cassazione civile sez. II, 06 gennaio 1981, n.63; Cassazione civile sez. II, 19 novembre 2009, n.24450 ). Nel caso in esame, i ricorrenti affermavano il carattere di patto successorio della scrittura privata sottoscritta con il loro padre. Per stabilire se una determinata pattuizione ricada sotto la comminatoria di nullità di cui all’art. 458 c.c., la giurisprudenza ha più volte affermato che occorre accertare: (i) se il vincolo giuridico creato con la convenzione ha avuto la specifica finalità di costituire, modificare, trasmettere o estinguere diritti relativi ad una successione non ancora aperta; (ii) se la cosa o i diritti formanti oggetto della convenzione siano stati considerati dai contraenti come entità comprese nella futura successione debbano comunque essere compresi nella stessa; (iii) se il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte della propria successione, così privandosi del potere di revocare la propria volontà; (iv) se l’acquirente abbia contratto o stipulato come avente diritto alla successione stessa; (v) se il convenuto trasferimento, del promittente al promissario, debba avere luogo mortis causa ossia a titolo di eredità o di legato (Cassazione civile sez. II, 16 febbraio 1995, n.1683). In epoca recente, si è discorso di un fenomeno di erosione del divieto di patti successori (Gazzoni, Patti successori: conferma di una erosione, in Riv. not., 2001, p. 232)  che oggi trova conferma, oltre che nella clausola di salvezza del patto di famiglia, nel Regolamento (UE) n. 650/2012, che, all’art. 25, prevede che, nel caso in cui il patto sia concluso per regolare la successione di più di una persona, esso possa essere disciplinato secondo la legge scelta tra quelle che avrebbero potuto essere scelte anche da uno solo degli interessati. Ciò permette che, se uno solo di coloro che partecipa al patto successorio può scegliere una legge che consente tale patto, esso sarà valido anche per gli altri. Già in precedenza si affermava che i patti successori potessero avere attuazione in Italia se validi secondo la legge straniera applicabile, non essendo contrari all’ordine pubblico (Liserre, in Tratt. Res., V, 1997, p. 4).

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