20 Luglio 2021

Riflessi del principio di continuità delle trascrizioni sulla procedibilità dell’espropriazione forzata

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. VI, 30 aprile 2021, n. 11478 – Pres. Cosentino – Rel. Tedesco

Espropriazione forzata immobiliare – Acquisto dell’esecutato mortis causa – Accettazione tacita dell’eredità – Comportamento del chiamato all’eredità – Denuncia di successione – Voltura catastale – Differenze

L’accettazione tacita di eredità può essere desunta dal comportamento del chiamato che ponga in essere atti che non abbiano natura meramente fiscale, quale la denuncia di successione, ma che siano, nel contempo, fiscali e civili, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario, per il pagamento dell’imposta, ma anche dal punto di vista civile, per l’accertamento, legale o semplicemente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi.

CASO

Nel corso di un’espropriazione forzata immobiliare, il creditore procedente promuoveva un autonomo e separato giudizio volto a fare accertare che la debitrice esecutata, ivi convenuta, era erede del marito, essendovi bisogno, al fine di proseguire utilmente l’esecuzione, di trascrivere l’acquisto mortis causa del bene pignorato da parte della moglie, onde assicurare la continuità delle trascrizioni.

Il giudizio si concludeva con l’accertamento dell’accettazione tacita dell’eredità da parte della convenuta, visto che quest’ultima, oltre ad avere presentato la dichiarazione di successione, aveva pure curato la voltura catastale del bene aggredito con il pignoramento. La sentenza di primo grado, gravata dall’esecutata, veniva confermata all’esito del giudizio di appello.

Con il ricorso per cassazione proposto avverso la pronuncia di secondo grado, veniva lamentato che la voltura catastale non implica necessariamente accettazione tacita dell’eredità e che, di conseguenza, i giudici di merito avevano errato nel ravvisare in capo alla convenuta, debitrice esecutata nell’espropriazione immobiliare, la qualità di erede.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui dal compimento di atti – quale la voltura catastale – che hanno un rilievo di carattere non solo fiscale, ma anche civile, può evincersi l’accettazione tacita dell’eredità, che comporta l’acquisto, da parte del chiamato all’eredità, della qualifica di erede.

Ciò a differenza di quanto è a dirsi, invece, con riguardo al compimento di atti – quale la presentazione della denuncia di successione – che hanno rilevanza meramente fiscale e che, come tali, non dimostrano in modo univoco la volontà di accettare l’eredità.

QUESTIONI

[1] Il processo esecutivo è volto alla realizzazione coattiva di un risultato pratico equivalente a quello che il debitore avrebbe dovuto produrre, in adempimento di un obbligo giuridico sancito da un titolo esecutivo; in altre parole, l’esecuzione forzata è diretta non all’accertamento di un diritto, ma alla sua attuazione.

Accade, ciononostante, che il giudice dell’esecuzione sia tenuto, in alcuni casi, a effettuare degli accertamenti aventi natura, per così dire, incidentale: uno di questi è quello che attiene alla verifica della titolarità, in capo al debitore esecutato, del diritto (di proprietà o reale minore) sul bene immobile pignorato, che va compiuta d’ufficio, mediante l’esame della documentazione prodotta dal creditore procedente in ossequio a quanto stabilito dall’art. 567, comma 2, c.p.c.

Si tratta, peraltro, di una verifica di tipo formale, ossia basata su indici di appartenenza del bene desumibili dalle risultanze dei registri immobiliari, che non ha carattere sostanziale: l’appartenenza al debitore del bene immobile pignorato, che risulti da indici documentali propositivi di una titolarità quantomeno formale, integra una condizione dell’azione esecutiva la cui sussistenza dev’essere accertata dal giudice dell’esecuzione al fine di garantire – con un ragionevole grado di probabilità – che l’espropriazione sia condotta su beni dell’esecutato, correttamente individuati quanto ai diritti spettanti sugli stessi e agli eventuali pesi (ipoteche o altre formalità pregiudizievoli) gravanti su di essi.

Attraverso tale verifica, estesa temporalmente al ventennio anteriore alla data di trascrizione del pignoramento, dev’essere accertata la trascrizione di un titolo d’acquisto a favore del debitore esecutato, nonché l’assenza di trascrizioni a suo carico inerenti ad atti di disposizione del bene che risultino precedenti alla trascrizione del pignoramento (si veda Cass. civ., sez. III, 26 maggio 2014, n. 11638).

Quando il bene sia divenuto di proprietà dell’esecutato per effetto di un acquisto mortis causa, occorre che sia stata trascritta l’accettazione (espressa o tacita) dell’eredità, in virtù di quanto stabilito dall’art. 2648 c.c.; a mente del comma 3 della citata disposizione, peraltro, in mancanza della trascrizione dell’accettazione da parte dell’erede, chiunque (compreso il creditore che abbia promosso l’espropriazione forzata nei suoi confronti) può chiedere la trascrizione di uno degli atti compiuti dal chiamato che importino accettazione tacita dell’eredità e che risultino da sentenza, da atto pubblico o da scrittura autenticata o accertata giudizialmente.

La trascrizione dell’accettazione dell’eredità assolve alla funzione di garantire il rispetto del principio della continuità delle trascrizioni di cui all’art. 2650 c.c. (attribuendo efficacia alle successive trascrizioni e iscrizioni eseguite a carico dell’erede e relative a beni compresi nell’asse ereditario) e, in ultima analisi, la stabilità dell’acquisto dell’aggiudicatario: se, infatti, non è effettuata la trascrizione dell’acquisto mortis causa, le trascrizioni e le iscrizioni successive (compresa quella del pignoramento) non producono effetto a carico dell’acquirente successivo (ai sensi dell’art. 2650, comma 1, c.c.), mentre se la continuità viene ripristinata (ai sensi del comma 2 del medesimo art. 2650 c.c.), le successive trascrizioni e iscrizioni producono effetto secondo il loro ordine (verificandosi una sorta di sanatoria retroattiva dell’iniziale carenza della formalità).

Per questo motivo, la trascrizione dell’accettazione dell’eredità che intervenga dopo quella del pignoramento ma prima che sia stata disposta la vendita del bene (o, secondo alcune pronunce di merito, anteriormente all’emissione del decreto di trasferimento) e in assenza di trascrizioni o iscrizioni intermedie (che renderebbero operante la regola dettata dall’art. 2644 c.c.), consente di ripristinare la continuità delle trascrizioni e di assicurare la stabilità dell’acquisto dell’aggiudicatario (dal momento che, a questo punto, la trascrizione del decreto di trasferimento è in grado di esplicare i propri effetti contro coloro che abbiano trascritto o iscritto atti in epoca successiva alla trascrizione del pignoramento).

D’altra parte, la finalità sottesa al rispetto del principio dettato dall’art. 2650 c.c. fa comprendere come l’esigenza di trascrivere l’accettazione dell’eredità ricorra in tutti i casi nei quali, nell’ambito del processo esecutivo, emerga l’esistenza di un acquisto mortis causa riguardante il bene pignorato, sia esso riconducibile direttamente all’esecutato oppure a un precedente dante causa.

Con riferimento all’ipotesi di accettazione tacita dell’eredità (il cui accertamento, qualora non risulti da un atto già di per sé trascrivibile, deve necessariamente passare per il tramite di un ordinario giudizio di cognizione, che si concluda con una sentenza che costituisca valido titolo per la trascrizione), la dottrina e la giurisprudenza concordano nel ritenere che i presupposti fondamentali e indispensabili per poterla ravvisare sono rappresentati dalla consapevolezza nel chiamato dell’esistenza di una delazione in suo favore e dall’assunzione, da parte sua, di un comportamento inequivoco, in cui si possa riscontrare sia l’elemento oggettivo attinente all’atto (che possa essere compiuto solo da chi si trovi nella qualità di erede, come disposto dall’art. 476 c.c.), sia l’elemento intenzionale di carattere soggettivo: sono, così, tradizionalmente considerate forme di accettazione tacita dell’eredità, oltre a quelle espressamente previste dalla legge (in primis, la donazione, la vendita o la cessione dei propri diritti di successione, ex art. 477 c.c.), la proposizione dell’azione di rivendicazione, dell’azione di riduzione (volta a fare valere la qualità di legittimario leso o pretermesso dalla sua quota), dell’azione di risoluzione o di rescissione di un contratto (appartenente al patrimonio ereditario) e dell’azione di divisione ereditaria, la riassunzione di un giudizio già intrapreso dal de cuius, la riscossione di crediti del defunto o il pagamento con il patrimonio dell’eredità di debiti lasciati dallo stesso, il compimento di atti dispositivi (per esempio, vendita o concessione in locazione) di beni appartenenti all’asse ereditario.

La giurisprudenza esclude, invece, che valga a integrare un comportamento rilevante la presentazione della dichiarazione di successione e l’assolvimento della relativa imposta, trattandosi di adempimenti aventi finalità fiscale; del pari, si esclude che possa attribuirsi valenza alla trascrizione del certificato di successione da parte dell’ufficio del registro, anche se redatto in conformità alla dichiarazione di successione, poiché è la stessa norma che prevede tale adempimento (ossia l’art. 5 d.lgs. 347/1990) a stabilire che la formalità è richiesta ai soli effetti stabiliti dal testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale e non costituisce trascrizione degli acquisti a causa di morte degli immobili e dei diritti reali immobiliari compresi nella successione. Allo stesso modo, si ritiene che la richiesta di registrazione del testamento e la sua trascrizione, in considerazione della natura prettamente fiscale caratterizzante tali incombenti, non esprimano in modo univoco la volontà di assumere la qualità di erede.

Al contrario, si sostiene che la voltura catastale può costituire indice della volontà di accettare tacitamente l’eredità, data la sua rilevanza non solo fiscale, ma anche civile: la voltura, infatti, è funzionale, oltre che al pagamento dell’imposta, pure all’accertamento – legale o semplicemente materiale – della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi, con la conseguenza che, secondo l’id quod plerumque accidit, soltanto chi intenda accettare l’eredità adempie l’onere di effettuarla e di attuare così il passaggio della proprietà dal de cuius a se stesso.

Un tanto, peraltro, può essere affermato, per le finalità che qui interessano, unicamente quando la voltura sia stata chiesta personalmente dal chiamato della cui accettazione (tacita) si tratta e non da altro chiamato alla stessa eredità: è evidente, infatti, che una determinata condotta può essere sintomatica della volontà di accettare l’eredità solo se imputabile ovvero riconducibile a colui in capo al quale debbono prodursi gli effetti che da essa vengono fatti discendere.

Applicando i superiori principi alla fattispecie esaminata nell’ordinanza che si annota, i giudici di legittimità hanno ritenuto che andasse esente da censure l’avere ravvisato l’accettazione tacita dell’eredità nella condotta dell’esecutata, la quale aveva curato, oltre alla presentazione della dichiarazione di successione, la voltura catastale; circostanza che aveva condotto alla pronuncia di una sentenza di accertamento costituente titolo idoneo alla trascrizione di tale accettazione ai sensi e per gli effetti previsti dagli artt. 2648 e 2650 c.c., ai fini della regolare prosecuzione del processo esecutivo pendente.

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