Nullità insanabile della sentenza pronunciata da un organo collegiale e sottoscritta da un magistrato che non componeva il collegio giudicante
di Francesco Tedioli, Avvocato Scarica in PDFCass., sez. lavoro, 9 marzo 2021, n. 6494, Pres. Balestrieri – Rel. Garri
Sentenza – Contenuto – Sottoscrizione di un giudice estraneo al collegio – Nullità ex artt. 132 e 161, comma 2, c.p.c. – Rilevabilità d’ufficio – Provvedimenti conseguenziali della corte di cassazione – Rinvio allo stesso giudice – Riesame del merito – Necessità
(C.p.c. artt. 132, 161 c. 2, 354, c. 1, 360, c. 1, n. 4, e 383, c. 4)
[1] La sottoscrizione di una sentenza emessa da un organo collegiale ad opera di un magistrato che non componeva il collegio giudicante, in luogo del magistrato (nella specie, il presidente) che ne faceva parte e che avrebbe dovuto sottoscriverla, integra l’ipotesi della mancanza della sottoscrizione della sentenza da parte del giudice, disciplinata dagli artt. 132 e 161, comma 2, c.p.c. Il difetto di detta sottoscrizione, se rilevato, anche d’ufficio, nel giudizio di cassazione, comporta la dichiarazione di nullità della sentenza ed il rinvio della causa, ai sensi degli artt. 354, comma 1, 360, comma 1, n. 4, e 383, comma 4, c.p.c. , al medesimo giudice che ha emesso la sentenza carente di sottoscrizione, il quale viene investito del potere dovere di riesaminare il merito della causa stessa e non può limitarsi alla mera rinnovazione della sentenza.
CASO
Il Tribunale di Roma condannava due società al pagamento della differenza retributiva dovuta ad un proprio dipendente, oltre al risarcimento del danno da demansionamento. La Corte d’Appello di Roma, investita di due distinti gravami proposti dalle società e dell’appello incidentale del lavoratore, riuniva le impugnazioni e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riduceva le somme liquidate in favore del dipendente.
Il lavoratore proponeva ricorso per cassazione, denunciando, in particolare, la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e 161 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. La sentenza impugnata era stata sottoscritta da un magistrato, peraltro anche Presidente del collegio, che non aveva partecipato all’udienza di discussione. Il collegio, in sostanza, differiva da quello che aveva trattenuto la causa in decisione quanto a due componenti: solo il consigliere relatore era comune.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, dichiarando la nullità della sentenza, con rinvio alla Corte di appello di Roma. Questa, in diversa composizione, dovrà provvedere al riesame nel merito della causa.
La Sprema Corte ha escluso, in primo luogo, che si sia trattato di un mero errore materiale, emendabile con la procedura di correzione di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., in quanto questa ipotesi si verifica solo quando, nell’intestazione della sentenza, risulti il nominativo di un magistrato non tenuto alla sottoscrizione, diverso da quello indicato nel verbale dell’udienza collegiale di discussione (cfr. Cass., 21 luglio 2014, n. 16582; Cass., 27 maggio 2009, n. 12352; Cass., 20 giugno 2006, n. 14113; 6 luglio 2010, n. 15879, Cass., 11 aprile 2011, n. 8136, le quali – a fronte della prova contraria – comunque, superano la presunzione di errore materiale).
Nel caso di specie, la sentenza depositata è stata, invece, sottoscritta da un giudice diverso da quello che aveva composto il Collegio decidente, così come si desume dal confronto del verbale d’udienza, dal dispositivo reso al termine della camera di consiglio e dalla stessa sentenza.
Non si tratta, di un errore (emendabile o meno), perché la sottoscrizione della sentenza, ad opera di un magistrato che non componeva il collegio giudicante, in luogo di quello che ne faceva parte e che avrebbe dovuto firmarla, integra l’ipotesi della mancanza della sottoscrizione da parte del giudice, disciplinata dall’art. 161 c.p.c., comma 2.
Tale vizio ha, dunque, determinato la dichiarazione di nullità della sentenza ed il rinvio della causa, ai sensi degli artt. 354 c.p.c., comma 1, 360 c.p.c., n. 4, e 383 c.p.c., u.c., al medesimo giudice che ha emesso la sentenza priva di sottoscrizione, il quale non può limitarsi alla mera rinnovazione della sentenza, ma sarà chiamato al riesame della causa nel merito (cfr. Cass., 7 luglio 1999, n. 7055).
QUESTIONI
La sottoscrizione della sentenza da parte del giudice e, nel caso di giudice collegiale, del presidente e dell’estensore, costituisce un requisito essenziale del provvedimento, la cui mancanza ne determina la nullità assoluta ed insanabile.
Più precisamente, si tratta di inesistenza, proprio perché, ai sensi del comma 2 dell’art. 161 c.p.c., non opera la regola della conversione delle cause di nullità in motivi di impugnazione e l’accertamento del vizio è ammissibile in ogni sede (Besso, La sentenza civile inesistente, Torino, 1996, 336; Comoglio, Lezioni di diritto processuale civile, I, Bologna, 2006, 358; Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, 2019, 326).
Il problema, quindi, non involge esclusivamente la composizione del collegio, come accade quando il collegio che ha assistito alla discussione finale è diverso da quello che ha pronunciato il dispositivo all’esito della camera di consiglio (Cass. 15 settembre 2016, n. 18126). Quest’ultima violazione comporta la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 158 c.p.c. e la sua insanabilità è limitata solo entro il grado di giudizio nel quale le nullità si è verificata; deve essere fatta valere con i mezzi di impugnazione che impediscono la sanatoria del vizio conseguente al passaggio in giudicato della sentenza.
Alla sottoscrizione di un soggetto diverso rispetto a quello che ha partecipato alla discussione e ha pronunciato il dispositivo, consegue la sanzione più grave: la medesima che colpisce la sentenza priva di sottoscrizione del giudice: una nullità assoluta e insanabile, equiparabile all’inesistenza, per difetto di un elemento costitutivo.
Come detto, al vizio non si può ovviare con il procedimento di correzione degli errori materiali, né con la rinnovazione della pubblicazione da parte dello stesso organo il quale, emessa la pronuncia, ha ormai esaurito la sua funzione giurisdizionale.
La nullità va accertata e dichiarata in sede d’impugnazione, con conseguente rimessione della causa al medesimo organo che ha adottato la decisione viziata (Cass. 26 maggio 2009, n. 12167; Cass., 28 settembre 2006, n. 21049 Cass., 29 novembre 2005, n. 26040; Cass., 13 maggio 2004, n. 9113; Cass., 17 settembre 2003, n. 13672; Cass., 29 gennaio 2003, n. 1268; Cass., 29 maggio 2001 n. 7275). Si tratta di rinvio improprio, restitutorio: siccome il giudizio è stato definito con una sentenza radicalmente nulla, è come se non fosse mai avvenuto, e, pertanto, lo stesso non va “sostituito” con un altro da svolgersi avanti a diverso giudice dello stesso grado, ma va “rinnovato”‘ dallo stesso giudice funzionalmente competente a giudicare.
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