23 Marzo 2021

La caducazione del titolo esecutivo per obblighi di fare travolge anche il decreto ingiuntivo emesso per le spese dell’esecuzione in forma specifica, ai sensi dell’art. 614 c.p.c.

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 12 gennaio 2021, n. 269 – Pres. Vivaldi – Rel. Porreca

Esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare – Rimborso delle spese – Decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 614 c.p.c. – Opposizione – Caducazione del titolo esecutivo – Rilevabilità d’ufficio – Sussistenza – Effetti

In tema di liquidazione delle spese sostenute per l’attuazione coattiva di obblighi di fare e di non fare, il decreto ingiuntivo ex art. 614 c.p.c. può essere ottenuto, durante o dopo l’esecuzione, anche per i compensi del difensore del creditore procedente e del consulente tecnico d’ufficio. Nell’ipotesi di opposizione avverso il menzionato decreto ingiuntivo, il giudice è tenuto a rilevare d’ufficio l’intervenuta caducazione del titolo presupposto azionato e, quindi, della stessa legittima ragione creditoria, producendosi l’effetto espansivo enunciato dall’art. 336, comma 2, c.p.c., con la conseguenza che le spese di cui sopra resteranno a carico del medesimo creditore procedente.

CASO

Il debitore nei cui confronti era stata avviata l’esecuzione forzata di obblighi di fare interponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso a favore del creditore procedente ai sensi dell’art. 614 c.p.c. per il rimborso delle spese sostenute fino a quel momento.

Tra i motivi di opposizione, veniva addotto anche quello che faceva leva sul fatto che, dapprima, l’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado in forza della quale era stata promossa l’esecuzione era stata sospesa in sede di appello e che, alfine, il titolo esecutivo era venuto definitivamente meno, essendo stata l’originaria domanda rigettata all’esito del giudizio di rinvio disposto a seguito della cassazione della pronuncia di appello.

L’opposizione al decreto ingiuntivo veniva, tuttavia, respinta tanto in primo quanto in secondo grado, assumendosi che le vicende del titolo esecutivo non influivano sulla sussistenza del credito per spese di esecuzione già sostenute dal procedente.

Il debitore, quindi, proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che l’effetto espansivo attribuibile alla sentenza che aveva determinato la caducazione del titolo esecutivo era idoneo a travolgere anche il decreto ingiuntivo che aveva per oggetto le spese sostenute nell’esecuzione promossa in forza di detto titolo esecutivo.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione ha accolto il ricorso e cassato con rinvio la sentenza impugnata, ritenendo che la sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo posto a fondamento dell’esecuzione forzata è circostanza che va rilevata anche in via officiosa e di cui dev’essere tenuto conto ai fini della regolamentazione delle spese del processo esecutivo, essendo principio consolidato quello in base al quale esse debbono gravare sul debitore esecutato solamente quando l’esecuzione sia stata fruttuosamente esperita.

QUESTIONI

L’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, disciplinata dagli artt. 612 e seguenti c.p.c., rappresenta una delle forme di esecuzione forzata in forma specifica previste dal nostro ordinamento e trova i propri referenti di carattere sostanziale negli artt. 2931 e 2933 c.c. (mentre gli artt. 2930 e 2932 c.c. si occupano, rispettivamente, dell’esecuzione forzata per consegna o rilascio e dell’esecuzione dell’obbligo di concludere un contratto).

Una peculiarità di tale forma di esecuzione forzata, che la differenzia da quella per espropriazione, è rappresentata dal modo in cui vengono liquidate le spese in favore del creditore procedente: l’art. 614 c.p.c., infatti, dispone che, al termine dell’esecuzione o nel corso di essa, la parte istante presenta al giudice dell’esecuzione la nota delle spese anticipate vistata dall’ufficiale giudiziario, a fronte della quale viene emesso un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ai sensi dell’art. 642 c.p.c., avverso il quale, se il debitore vi ha interesse, può essere proposta opposizione nelle forme ordinarie previste dagli artt. 645 e seguenti c.p.c.

Il motivo per cui si rende necessario ricorrere a un simile meccanismo, a differenza di quanto avviene in sede di espropriazione forzata (in cui le spese vengono liquidate con il provvedimento conclusivo del processo esecutivo, attribuendosi a tale titolo al creditore procedente, in via – per così dire – prededuttiva, una parte del ricavato della vendita dei beni pignorati), risiede nel fatto che, considerata la particolare struttura che caratterizza l’esecuzione forzata di obblighi di fare o di non fare, non è contemplato un provvedimento del giudice che vi pone termine e ne dichiara la conclusione e che, in ogni caso, il risultato finale del processo esecutivo non si traduce in una somma di denaro su cui il creditore può trovare soddisfazione.

Nel caso esaminato dalla sentenza che si annota, l’esecuzione forzata era stata avviata in virtù di una sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva. Nell’ambito della procedura così radicata, era stato emesso il decreto ingiuntivo previsto dall’art. 614 c.p.c. (visto che la norma contempla espressamente la possibilità che il provvedimento monitorio venga chiesto e pronunciato anche prima che le operazioni esecutive siano state completate), avverso il quale il debitore aveva proposto opposizione; nel frattempo, tuttavia, la sentenza costituente il titolo esecutivo, all’esito delle impugnazioni proposte avverso di essa, era stata riformata, sicché il creditore si era visto privato del titolo in forza del quale aveva radicato l’esecuzione. Nonostante il debitore avesse evidenziato tale circostanza, il tribunale prima e la corte d’appello poi non l’avevano reputata determinante e avevano, quindi, respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo.

La Corte di cassazione ha innanzitutto evidenziato che il provvedimento monitorio di cui all’art. 614 c.p.c. può avere per oggetto la liquidazione non solo delle spese sostenute per l’attuazione coattiva (sulla base di una nota predisposta dal creditore e vistata dall’ufficiale giudiziario, la quale, integrando per tale ragione prova scritta dotata di efficacia privilegiata, legittima e giustifica l’immediata provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, previa verifica della congruità e delle generale riferibilità delle spese al titolo e della loro necessità, ossia della loro effettiva riconducibilità all’inadempimento dell’obbligo), ma pure di quelle di rappresentanza tecnica (in relazione alle quali, tuttavia, difettando la prova scritta privilegiata, non potrà essere accordata la provvisoria esecuzione a termini dell’art. 642 c.p.c.) e dei compensi del consulente tecnico d’ufficio; quindi, ha esaminato in che modo la caducazione del titolo esecutivo posto a fondamento dell’esecuzione si riflette sul provvedimento monitorio che contenga la liquidazione di tali ultime due voci.

In particolare, l’indagine si è appuntata sulla sorte del decreto ingiuntivo emesso durante l’esecuzione, senza attendere l’esito dell’impugnazione proposta avverso il titolo in base al quale la stessa era stata promossa.

Posto che il venire meno del titolo esecutivo è sempre rilevabile d’ufficio nell’ambito del processo di esecuzione, così come in quello avente per oggetto le opposizioni esecutive, i giudici di legittimità hanno evidenziato che tale evento elide la ragione giustificativa del provvedimento monitorio con il quale sono state liquidate le spese inerenti all’esecuzione, le quali, in applicazione del principio ricavabile dall’art. 95 c.p.c., restano a carico del creditore procedente che abbia avviato il processo esecutivo avvalendosi dell’esecutività provvisoria del titolo, prima che fossero definite le impugnazioni proposte avverso di esso.

Come si evince dal richiamo operato dall’art. 632, comma 4, c.p.c., all’ultimo comma dell’art. 310 c.p.c., le spese del processo esecutivo gravano sul debitore esecutato quando l’esecuzione non abbia raggiunto il suo scopo, o non lo abbia raggiunto per cause non ascrivibili al creditore procedente; anche in sede di opposizione al decreto ingiuntivo con il quale, ai sensi dell’art. 614 c.p.c., siano stati liquidati i compensi di rappresentanza tecnica e di assistenza giudiziale del creditore nell’ambito dell’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, dev’essere dunque rilevato d’ufficio il sopravvenuto venire meno – in tutto o, al limite, anche solo in parte – del titolo esecutivo e la conseguente insussistenza di una legittima ragione creditoria che consenta di porre (integralmente o parzialmente) a carico del debitore le relative spese.

Ciò in applicazione di quanto stabilito dall’art. 336, comma 2, c.p.c. e dell’ivi delineato effetto espansivo che la riforma o la cassazione della sentenza impugnata produce nei confronti degli atti e dei provvedimenti che da essa dipendono.

In altre parole, il decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell’art. 614 c.p.c. non rimane insensibile alle vicende dell’esecuzione nell’ambito della quale è stato pronunciato e, in particolare, del titolo esecutivo che la sorregge, sicché sarà suscettibile di revoca nel momento in cui quest’ultimo dovesse, nelle more, venire meno.

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