Inopponibile l’accertamento tecnico preventivo nei confronti di chi non sia stato chiamato nel procedimento, pur avendone ricevuto notizia con raccomandata del difensore del ricorrente
di Silvia Romanò, Dottoranda in Scienze giuridiche europee e internazionali presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCassazione civile, Sez. III, Ordinanza 9 novembre 2020, n. 24981. Pres. Sestini, Estensore Fiecconi
Procedimenti cautelari – Istruzione preventiva – Accertamento tecnico preventivo ante causam – Decreto di fissazione dell’udienza per conferimento dell’incarico – Notificazione con il ricorso – Necessità – Omissione – Inopponibilità dell’a.t.p. a chi non sia stato formalmente chiamato nel procedimento
In tema di accertamento tecnico preventivo ante causam, l’opponibilità del risultato probatorio presuppone che il soggetto nei cui confronti è utilizzato venga validamente evocato nel procedimento cautelare mediante comunicazione del provvedimento di fissazione dell’udienza, in modo che il chiamato possa presentarsi per addurre argomenti a proprio favore (in applicazione del principio, la Suprema Corte ha cassato la sentenza che aveva ritenuto opponibile l’a.t.p. ad un soggetto informato della pendenza del procedimento con una lettera, scritta dal difensore dei ricorrenti, priva del contenuto del ricorso e successiva alla nomina del ctu e alla formulazione dei quesiti).
CASO
Tizio e Caia citavano in giudizio Mevio quale direttore dei lavori nell’ambito di un appalto che i due attori avevano affidato alla società Alfa, nel frattempo fallita. Alfa incaricava Mevio della direzione dei lavori, sennonché, dopo qualche anno dalla costruzione del loro immobile, i due committenti rilevavano nell’opera vizi e difformità rilevanti.
Veniva pertanto chiesto e disposto un accertamento tecnico preventivo (d’ora in avanti, anche solo a.t.p.) ante causam, del quale Mevio veniva a conoscenza con lettera raccomandata inviata dall’avvocato di controparte dopo la nomina del c.t.u. e la formulazione dei quesiti, mediante la quale gli si comunicava la pendenza dell’accertamento verso l’impresa. Nel successivo giudizio di merito Mevio, in qualità di convenuto, eccepiva l’inutilizzabilità dell’a.t.p. nei suoi confronti, la prescrizione del diritto ai danni lamentati dagli attori, nonché, in ogni caso l’inesistenza di qualsivoglia vizio. Pretendeva, inoltre, il pagamento dei compensi non corrisposti.
Il Tribunale accoglieva entrambe le domande: quella principale di risarcimento del danno da difformità e vizi dell’immobile esperita da Tizio e Caia e quella di pagamento dei compensi avanzata da Mevio, compensando le due somme e condannando quest’ultimo al pagamento della differenza.
Entrambe le parti appellavano la sentenza, ma la Corte d’appello, rigettate le proposte impugnazioni, confermava la decisione del giudice di prima istanza.
Mevio ricorreva per Cassazione. I due committenti si opponevano con controricorso.
SOLUZIONE
La Suprema Corte ha accolto il ricorso per cassazione proposto dal direttore dei lavori, cui era stata comunicata la pendenza dell’a.t.p. svoltosi ante causam nei confronti dell’impresa solo mediante lettera raccomandata dell’avvocato dei ricorrenti, priva della forma e del contenuto del ricorso e inviata successivamente alla nomina del c.t.u. e alla formulazione dei quesiti. Il Supremo Collegio, nel riconoscere che il chiamato non fosse stato posto nelle condizioni di contraddire sull’a.t.p., statuisce l’inopponibilità dei risultati probatori raggiunti in tale sede.
QUESTIONI
L’a.t.p. rappresenta uno strumento processuale con funzione accertativa e valutativa dei profili tecnici inerenti a una situazione di fatto. Nell’ipotesi prevista dall’art. 696 bis c.p.c., può rivestire anche una fnzione conciliativa, senza necessità di alcun periculum in mora, al fine dell’accertamento e della determinazione dei crediti derivanti dalla mancata inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito (v. amplius A. TEDOLDI, La consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c., in Riv. dir. proc., 2010, 805 ss.).
Nel caso di specie, la questione dibattuta verte sull’utilizzabilità nel giudizio di merito dell’a.t.p. svolto ante causam.
Dei cinque motivi d’impugnazione, per quanto qui d’interesse, con il primo motivo il ricorrente denunciava violazione e falsa applicazione degli artt. 696 bis e 698 c.p.c., censurando l’utilizzabilità dell’a.t.p. a suo carico richiesto e disposto ante causam nei confronti dell’impresa appaltatrice. Non essendo mai stato l’a.t.p. formalmente acquisito al giudizio, neppure poteva essere assunto a base della decisione, com’è invece accaduto nel caso di specie. Il ricorrente, pur riconoscendo che l’accertamento tecnico possa essere acquisito anche mediante provvedimento implicito, allega non esservi stato neppure quello, dal momento che il giudice di prime cure si era limitato a sentire il c.t.u. sulla relazione redatta in sede di accertamento preventivo.
Con il secondo motivo d’impugnazione – connesso logicamente a quello ora esposto – il ricorrente denunciava violazione degli artt. 694 e 696 c.p.c.: il giudice di merito aveva infatti erroneamente ritenuto utilizzabile nei suoi confronti la consulenza tecnica preventiva, nonostante non fosse stato chiamato a parteciparvi. La tesi del giudice di merito è che, seppur successivamente all’affidamento dell’incarico al CTU, il ricorrente era stato avvisato della pendenza dell’a.t.p. con raccomandata dell’avvocato di controparte. Il giudice di merito aveva pertanto ritenuto sufficiente tale comunicazione per consentire a Mevio la partecipazione al procedimento, così acquisendo i risultati che da questo erano scaturiti. Il ricorrente assume come irrilevante tale comunicazione, oltre che tardiva, ai fini dell’instaurazione del contraddittorio.
La Suprema Corte accoglie entrambi i menzionati motivi d’impugnazione.
Nel caso dell’a.t.p. svolto ante causam, la Corte di cassazione afferma che l’opponibilità del risultato probatorio acquisito in questa sede nel successivo giudizio di merito richiede che il soggetto nei cui confronti venga prodotto sia stato chiamato a parteciparvi.
La lettera scritta dal difensore dei ricorrenti, secondo il Supremo Collegio, non è di per sé idonea a costituire una valida evocazione in giudizio, che presuppone necessariamente l’indicazione del contenuto del ricorso, in modo da porre il chiamato nelle condizioni di partecipare al procedimento. La lettera in esame si limitava a mettere a parte il direttore dei lavori della pendenza dell’a.t.p. nei confronti dell’impresa appaltatrice.
Per giunta la comunicazione era stata effettuata dopo la nomina del c.t.u. e la formulazione dei quesiti, con la conseguenza che, quand’anche si ammettesse che la raccomandata servisse quale vocatio in ius, sarebbe comunque tardiva, non consentendo al chiamato di contraddire utilmente e tempestivamente.
La Cassazione ricorda l’ammissibilità in giudizio delle prove atipiche, tra cui le prove raccolte in altro processo o, meglio, in un procedimento cui la parte era estranea, ma mette in luce come il valore probatorio di tali elementi sia ben diverso da quello di un accertamento tecnico preventivo svolto tra le stesse parti del giudizio di merito. Soprattutto, la regola delle prove atipiche non ha nulla a che vedere con la regola di giudizio adottata dal giudice di merito, che ha considerato utilizzabile l’accertamento tecnico in quanto tale anche nei confronti di un soggetto che al relativo procedimento non aveva potuto partecipare né contraddire, violando il principio del contraddittorio e il diritto di difesa.
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