16 Febbraio 2021

La responsabilità dell’ente per la caduta del pedone su strada sconnessa

di Daniele Calcaterra, Avvocato Scarica in PDF

Cass. Civ., 13 Gennaio 2021, n. 456, Ord., Rel. Dott A. Moscarini

Responsabilità da cose in custodia – Prova contraria – Concorso colposo del pedone – Esclusione (art. 2051 c.c.)

[1] L’ente proprietario della strada, per vincere la responsabilità da cose in custodia deve dare la prova che il fatto del danneggiato abbia i caratteri dell’autonomia, eccezionalità, imprevedibilità e inevitabilità e che fosse da solo idoneo a produrre l’evento, escludendo i fattori causali concorrenti, tale essendo la prova che ai sensi dell’art. 2051 c.c. esonera il custode dalla relativa responsabilità.

CASO

[1] Tizio conveniva in giudizio il Comune Alfa chiedendone la condanna al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 2043 c.c. o, in subordine, ai sensi dell’art. 2051 c.c. per la frattura di una vertebra lombare, riportata in conseguenza di una caduta, verificatasi allorquando, mentre attraversava la strada, finiva con il piede in una pozzanghera d’acqua che nascondeva una buca che gli faceva perdere l’equilibrio e lo faceva cadere per terra di schiena.

In primo grado, il Tribunale riteneva raggiunta la prova in ordine alla situazione di insidia o trabocchetto e accoglieva la domanda ai sensi dell’art. 2043 c.c., condannando il Comune al risarcimento del danno.

La Corte d’Appello adita dal Comune, invece, riteneva che la fattispecie dovesse essere inquadrata nell’alveo dell’art. 2051 c.c. e rigettava la domanda attorea sulla scorta della considerazione per cui occorreva valorizzare la condotta colposa del danneggiato – che aveva poggiato il piede proprio nella buca ricolma d’acqua – in termini di caso fortuito, idoneo a interrompere il nesso eziologico tra la condotta omissiva dell’ente proprietario della strada e l’evento dannoso, ai sensi dell’art. 1227 c.c.

Tizio proponeva ricorso in Cassazione per ottenere la riforma della decisione del giudice del merito.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, accoglie il ricorso.

QUESTIONI

La S.C. coglie l’occasione per riaffermare alcuni principi oramai consolidati nel nostro ordinamento, in tema di responsabilità da cose in custodia, di cui all’art. 2051 c.c.

Anzitutto, per la Corte è un dato assodato quello per cui l’art. 2051 c.c. prevede un’ipotesi di responsabilità oggettiva.

La questione concernente la natura della responsabilità sancita dalla norma in commento ha tenuto banco invero per molto tempo. A un primo orientamento che ravvisava nella fattispecie un’ipotesi di responsabilità soggettiva, per colpa, se ne è contrapposto un altro, ormai accolto pacificamente in giurisprudenza, secondo cui si tratterebbe di responsabilità oggettiva.

La differente impostazione ha avuto in passato conseguenze di notevole impatto pratico, tra cui, in particolare la diversa concezione del caso fortuito, cui la norma fa riferimento quale unico limite alla responsabilità che grava sul custode.

È intuitivo che nel caso in cui si segua la concezione soggettiva della responsabilità, si dovrebbe concludere che la prova liberatoria potrebbe consistere anche nella dimostrazione di avere diligentemente adempiuto al dover di custodia. Diversamente, nel caso in cui si segua la tesi della responsabilità oggettiva, nel concetto di caso fortuito potrebbero essere ricompresi solamente fattori esterni e autonomi rispetto alla sfera di controllo del custode, idonei a interrompere il nesso causale tra l’attività di custodia e l’evento lesivo.

Sul punto la Corte si allinea, come dicevamo, a quello che è l’indirizzo ormai costante rinvenibile in giurisprudenza e che ha sposato la teoria della responsabilità oggettiva.

Da qui la considerazione per cui l’art. 2051 c.c.  impone al danneggiato l’onere di provare esclusivamente  il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno; spettando invece al custode la prova liberatoria mediante la dimostrazione del caso fortuito, cioè di un fatto estraneo alla sua sfera di custodia che ha valenza di fattore causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità.

Questi caratteri dovrebbero essere presenti pure nel comportamento del danneggiato, nel caso in cui si voglia addurre tale giustificazione quale prova contraria ai sensi dell’art. 2051 c.c.: dovendo il custode prevenire anche il fatto del danneggiato, per quanto possibile evitandolo, si dovrebbe trattare di comportamenti sui quali il custode non abbia avuto alcuna signoria di controllo, e il cui verificarsi apparisse poco probabile, altrimenti il custode è  pienamente responsabile verso la vittima.

Scendendo nello specifico, l’ente proprietario della strada può superare la responsabilità solo quando la situazione che provoca il danno si verifica non come conseguenza di un difetto di diligenza nella sorveglianza della strada, ma in maniera improvvisa e per colpa esclusiva dello stesso danneggiato.

Sulla scorta di questi principi, la Corte, andando ad esaminare il caso concreto, afferma che il Comune avrebbe dovuto dimostrare quindi che la condotta del danneggiato avesse i caratteri dell’autonomia, dell’eccezionalità, imprevedibilità e inevitabilità e che fosse da sola idonea a produrre l’evento, escludendo i fattori causali concorrenti. Prova che nel caso di specie invece non sarebbe stata fornita.

La Corte rileva infatti che una strada molto sconnessa, con buche e rattoppi, è indice di cattiva manutenzione e non può costituire un’esimente per l’ente, in quanto il comportamento disattento e incauto del pedone non è certo un fatto imprevedibile.

L’ente proprietario di una strada si presume perciò responsabile ai sensi dell’art. 2051 c.c. dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo immanente connesse alla struttura e alla conformazione della stessa e delle sue pertinenze, fermo restando che su tale responsabilità può sì influire la condotta della vittima, la quale però assume efficacia causale esclusiva soltanto ove sia abnorme, cioè estranea al novero delle possibilità fattuali prevedibili in relazione al contesto, potendo, in caso contrario, rilevare, al limite, ai fini del concorso causale ai sensi dell’art. 1227, 1° co., c.c.

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