2 Febbraio 2021

Le donazioni poste in essere in regime di esenzione non devono essere considerate ai fini del coacervo

di Matteo Ramponi, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione Civile, Sez. TRI, Sentenza n. 727 del 19/01/2021

Imposta sulle donazioni –Donazioni effettuate in periodo di esenzione – Coacervo – applicabilità dell’istituto – esclusione

Massima*: Va ritenuto che ai fini del coacervo debbano essere escluse le donazioni che, per quanto tassate ordinariamente nel momento in cui il coacervo stesso viene calcolato ai fini della liquidazione dell’imposta, tassate non erano nel momento della loro realizzazione.

Includere nel coacervo le donazioni anteriori, anche se poste in essere in esenzione da imposta ovvero nel periodo (ottobre 2001 – novembre 2006) nel quale l’imposta di donazione non esisteva “più” ed “ancora”, implicherebbe un maggior prelievo fiscale per effetto dell’erosione di franchigia da parte di donazioni che non potevano essere state poste in essere con scopo elusivo.

* Massima non ufficiale

Disposizioni applicate

Articolo 2, commi 47 e 49, D.L. n. 262 del 2006; articoli 57 e 59 D.Lgs. n. 346 del 1990.

[1] Dopo la conferma da parte della commissione tributaria regionale della Lombardia della decisione di primo grado che aveva ritenuto illegittimo il diniego opposto all’istanza con la quale un contribuente aveva domandato il rimborso della somma corrisposta a titolo di imposta proporzionale (4%) di donazione sull’importo di 1 milione di euro donato alla figlia, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione lamentando violazione e falsa applicazione dell’articolo 2, commi 47 e 49, del D.L. n. 262 del 2006, nonché degli articoli 57 e 59 del D.Lgs. n. 346 del 1990.

Per correttamente inquadrare la decisione in esame si rendono necessarie alcune precisazioni di carattere temporale.

Nel febbraio del 1996, Tizia donava alla propria figlia Caia titoli di Stato per un controvalore di 2 miliardi di Lire. Tale liberalità, in ragione della normativa all’epoca vigente, scontava solo l’imposta fissa, essendo detta categoria di beni esente da imposta di donazione.

Nel 2009 la medesima Tizia effettuava una ulteriore donazione di Euro 1 milione a favore della propria figlia Caia.

Su detta ultima donazione l’Agenzia delle Entrate applicava l’aliquota del 4%, ritenendo integralmente erosa la franchigia riconosciuta in caso di donazione dalla normativa fiscale vigente all’epoca del (secondo) atto.

La Commissione tributaria regionale rilevava, con posizione opposta, che (proprio in ragione della tassazione in misura fissa perché concernente titoli di Stato esenti) il controvalore della prima donazione non si cumulasse con quello della seconda, con la conseguenza che, una volta reintrodotta l’imposta sulle donazioni nell’anno 2006, la seconda donazione rientrava nel limite della franchigia esente per legge.

[2] Il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate si basa sulla considerazione che “per stabilire il regime di franchigia in concreto applicabile, l’amministrazione finanziaria doveva fare riferimento alla disciplina vigente al momento della seconda donazione, verificando se, a norma di quest’ultima disciplina, la precedente donazione di titoli di Stato fosse o meno esente da imposta (…); dalla disciplina così applicabile risultava appunto che i titoli di Stato erano esenti dalla reintrodotta imposta di successione, non anche da quella di donazione.

La pregressa donazione, non essendo in alcun modo esente, concorreva dunque al coacervo erodendo interamente, nella specie, la franchigia”.

[3] La Suprema Corte ha ritenuto il motivo infondato, sulla base delle seguenti argomentazioni.

Dapprima viene affermata la permanenza dell’istituto del coacervo delle donazioni pregresse ai fini del calcolo della franchigia esente.

Le discussioni al riguardo sorte in dottrina e giurisprudenza, trovano giustificazione nello stratificarsi delle disposizioni normative che regolamentano l’imposta in esame.

Nel 1990 veniva introdotta la normativa di riferimento dell’imposta sulle successioni e donazioni (T.U.S. – Decreto Legislativo n. 346 del 1990). Nel 2000 venivano apportate sostanziali modifiche a tale impianto base (Legge n. 342 del 2000), per giungersi l’anno seguente alla soppressione dell’imposta. Infine, nel 2006 si assiste alla reintroduzione dell’imposta in forza di un provvedimento (Decreto Legge n. 262 del 2006 convertito in Legge n. 286 del 2006) oggetto poco dopo la sua conversione in Legge di ulteriori modificazioni (Legge n. 296 del 2006).

Dopo aver chiarito che, sebbene regolata per mezzo di richiami al T.U.S. del 1990, l’imposta oggi vigente deve considerarsi una nuova, gli Ermellini, in relazione al particolare caso che ci occupa, ritengono che l’art. 57 del T.U.S. non sia stato abrogato dalla successiva normativa e che “si rende concretamente applicabile anche in presenza di un sistema di imposizione proporzionale – non più progressivo – ma pur sempre caratterizzato (…) da una franchigia iniziale. Va infatti considerato che l’intento anti-elusivo sotteso all’istituto del coacervo, inizialmente concepito a tutela della progressività delle aliquote, mantiene una sua concretezza e sfera di operatività anche con riguardo a quelle ipotesi nelle quali il patrimonio del donante venga ad essere strumentalmente frammentato attraverso plurime e collegate donazioni, tutte – se singolarmente considerate – di importo ammesso a franchigia”.

Se in tale affermazione la sentenza epigrafata concorda con l’altra più recente pronuncia in argomento (Cass. Civ. n. 11677/2017[1]), dalla stessa si discosta nettamente in ordine alla necessità o meno di considerare (ai fini, ovviamente, del coacervo) anche le donazioni fiscalmente irrilevanti.

Se il precedente sopra citato riteneva potersi dare risposta affermativa a tale quesito, la risposta che oggi viene data dalla Suprema Corte è diametralmente opposta.

Si afferma, infatti che “se è vero che includere nel cumulo le donazioni pregresse fiscalmente irrilevanti non costituirebbe propriamente un’ipotesi di illegittima applicazione retroattiva dell’imposta di donazione, dal momento che non vi è dubbio che la nuova disciplina impositiva verrebbe comunque applicata ad un presupposto (la donazione successiva) realizzatosi successivamente alla sua introduzione, e con riguardo ad un istituto (la franchigia) tuttora operante, altrettanto evidente è che la considerazione, al fine della individuazione della base imponibile, delle donazioni pregresse determinerebbe pur sempre un’applicazione distorta dell’imposta, perché’ concretantesi nel recupero a tassazione, a posteriori, di un atto che il legislatore fiscale aveva già mostrato di ritenere indifferente, e che il contribuente aveva deliberato percependolo proprio come tale.

(…) Includere nel coacervo le donazioni anteriori, anche se poste in essere in esenzione da imposta ovvero nel periodo (…), implica un maggior prelievo fiscale per effetto dell’erosione di franchigia da parte di donazioni che non potevano essere state poste in essere con scopo elusivo (…). Il che appare particolarmente evidente per le donazioni eseguite in periodo di non vigenza dell’imposta, alle quali verrebbe attribuita rilevanza fiscale postuma in forma di erosione di una franchigia prevista su un’imposta che allora non c’era, e la cui re-istituzione ex novo non appariva prevedibile; dunque, un’imposta la cui elusione mediante preordinato frazionamento patrimoniale in vita (…) non poteva neppure concepirsi”.

In relazione, infine, al “momento” in cui considerare l’irrilevanza fiscale della donazione da eventualmente considerare ai fini del coacervo: si deve aver riguardo alla data di perfezionamento della liberalità originaria, ovvero al diverso riferimento temporale della stipulazione del nuovo contratto donativo?

La posizione degli Ermellini (del tutto condivisibile) si assesta sulla considerazione “che ai fini del coacervo debbano essere escluse anche le donazioni che, per quanto tassate ordinariamente nel momento in cui il coacervo stesso viene calcolato ai fini della liquidazione dell’imposta, tassate non erano nel momento della loro realizzazione”.

[4] E’ appena il caso di evidenziare come le conclusioni sopra riportate non siano ritenute riportabili tout court all’imposta di successione.

Più volte, la stessa giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di escludere la permanenza dell’istituto del coacervo relativamente a detta imposta. Ciò in ragione di un differente dettato normativo. Disposizione di riferimento in caso di successione risulta essere l’articolo 8, comma 4 del T.U.S., il quale, pur non esplicitamente abrogato, deve intendersi superato dal nuovo sistema impositivo basato su aliquote fisse: detta disposizione, infatti, contiene la non superabile precisazione (assente nel citato art. 57 T.U.S.) che il coacervo è richiesto “ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili“.[2]

[1] “In tema di imposta sulle donazioni, il valore globale dei beni, al fine della applicazione della franchigia prevista dall’art. 2, comma 49, del d.l. n. 262 del 2006 (convertito., con modifiche, dalla l. n. 286 del 2006), deve essere determinato tenendo conto anche delle donazioni poste in essere prima della data del 29.11.2006, poiché l’art. 57, comma 1, del d.lgs n. 346 del 1990 deve essere interpretato con riferimento alle donazioni in senso civilistico, atti di liberalità del donante a favore del donatario, senza che, dunque, possano essere escluse le donazioni poste in essere tra il 25.10.2001 ed il 28.11.2006 solo perché all’epoca fiscalmente irrilevanti”.

[2] Tra le molte, si vedano: Cass. Civ., Sez. TRI, sentenza n. 24940/2016: “In tema d’imposta di successione, intervenuta la soppressione del sistema dell’aliquota progressiva in forza dell’art. 69 della l. n. 342 del 2000, deve ritenersi implicitamente abrogato l’art.8, comma 4, del d. lgs. n. 346 del 1990, che prevedeva il cumulo del “donatum” con il “relictum” al solo fine di determinare l’aliquota progressiva da applicare, attesa la sua incompatibilità con il regime impositivo caratterizzato dall’aliquota fissa sul valore non dell’asse, ma della quota di eredità o del legato”. Nello stesso senso, Cass. Civ. n. 26050/2016; Cass. Civ n. 5972/2007; Cass. Civ. n. 29739/2008.

Per maggiori approfondimenti, si rimanda a M. Ramponi, “Il coacervo delle donazioni. Problemi generali e ipotesi particolari: le donazioni indirette” in Consulenza Immobiliare n. 13/2019, Euroconference Editoria, pagg. 40 ss.

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