15 Dicembre 2020

I criteri per la ripartizione della reversibilità tra ex coniuge e coniuge superstite

di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile sez. VI, 13 novembre 2020, n. 25656

Reversibilità coniuge divorziato – criteri di ripartizione coniuge superstite

(Art. 5, e art. 9, comma 3 L. n. 898/970)

Ai fini della suddivisione della reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, il criterio legale della durata dei matrimoni deve essere utilizzato ponderando gli ulteriori elementi quali l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge e le condizioni economiche degli aventi diritto.

Anche la convivenza prematrimoniale assume un distinto e autonomo rilievo giuridico, ove il coniuge interessato dimostri la stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale.

CASO

Nel giudizio di appello per la ripartizione della quota di pensione di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, l’ex moglie ottiene il 40% delle somme, mentre il rimanente 60% è attribuito al coniuge attuale e al figlio.

La decisione è impugnata in Cassazione per la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, e art. 9, comma 3.

Secondo la ricorrente coniuge divorziata, la Corte territoriale non avrebbe correttamente applicato i criteri previsti dalla legge sul divorzio, non tenendo conto della lunga durata del suo matrimonio e dando invece rilevanza alla convivenza “more uxorio” intrapresa dall’ex marito prima di sposarsi in seconde nozze.

L’art. 9 comma 2° della legge sul Divorzio prevede che in caso di morte dell’ex coniuge sorge il diritto a percepire la pensione di reversibilità, se il rapporto pensionistico è anteriore alla sentenza di divorzio. Nel caso in cui tale diritto concorre con quello del coniuge superstite, è il giudice a stabilire la quota da attribuire all’ex coniuge titolare di assegno di divorzio, tenuto conto della durata del matrimonio.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso, poiché tendente ad una rivalutazione nel merito di una decisione che è apparsa corretta e motivata.

La giurisprudenza di legittimità ritiene rilevanti al fine della ripartizione delle quote di pensione di reversibilità – oltre alla durata dei rispettivi matrimoni – le condizioni dei coniugi, i redditi, il contributo personale ed economico dato nel corso della vita matrimoniale. Si tratta di elementi correlati alla finalità solidaristica dell’istituto.

Nello specifico della rilevanza della convivenza prematrimoniale, secondo la Cassazione, correttamente i giudici di merito hanno ponderato tutti gli elementi utili ai fini della giusta ripartizione.

La Corte ribadisce l’orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui la convivenza “more uxorio” non ha una semplice valenza correttiva dei risultati derivanti dall’applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, ma un distinto e autonomo rilievo giuridico, in presenza di stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale (Cass. Civ. n. 5268/2020 e Cass. Civ. n. 8263/2020).

La Corte d’appello ha correttamente valutato anche gli altri criteri, come l’entità dell’assegno divorzile e la condizione reddituale ed economica degli aventi diritto.

QUESTIONI

Il criterio legale della durata dei matrimoni individuato dal 3° comma dell’art. 9 Legge Div. deve essere necessariamente contemperato dagli altri parametri che la norma testualmente non prevede. L’utilizzo del solo criterio temporale potrebbe portare a situazioni di iniquità non suscettibili di correzione, privando delle risorse necessarie il coniuge superstite che venga a trovarsi in stato di bisogno, mentre l’ex coniuge potrebbe beneficiare di un trattamento superiore allo stesso assegno di divorzio.

Anche la giurisprudenza di merito ha precisato che il meccanismo di divisione non mira alla perequazione economica fra le posizioni degli aventi diritto, ma è preordinato alla continuazione della funzione di sostegno economico, assolta a favore dell’ex coniuge e del coniuge convivente, durante la vita del dante causa, rispettivamente con il pagamento dell’assegno di divorzio e con la condivisione dei beni economici da parte dei coniugi conviventi (cfr. Trib. Salerno sez. I, 3 gennaio 2020).

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