Spunti sull’applicabilità degli artt. 135 – 184 L.F. agli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182bis L.F.
di Pier Paolo Avanzini, Avvocato Scarica in PDFCass. Civ., sez. VI – 5, Ord., 2 ottobre 2020, n. 21181 – Pres. Mocci – Rel. Delli Priscoli
Parole chiave: Concordato fallimentare, concordato preventivo, effetto esdebitatorio, coobbligati, fideiussori, obbligati in via di regresso, accordi di ristrutturazione dei debiti.
Massima: Gli artt. 135 – 184 L.F., i quali prevedono che, a seguito dell’omologa del concordato fallimentare o preventivo, i creditori conservano i loro diritti nei confronti dei coobbligati, dei fideiussori del debitore e degli obbligati in via di regresso, rappresentano una deroga sia sostanziale che processuale alla disciplina comune prevista dagli artt. 1239 e 1301 c.c., deroga che si giustifica in virtù della natura pubblicistica del concordato e del relativo favor legislativo. Per effetto di tale deroga, da ritenersi a sua volta inderogabile, i coobbligati, i fideiussori e gli obbligati in via di regresso sono tenuti a rispondere dell’intero debito e a subire le conseguenze, per loro negative, della falcidia concordataria o degli effetti modificativi favorevoli al debitore.
Disposizioni applicate: R.D. 16 marzo 1942, n. 267: art. 135 comma 2 e art. 184 comma 1.
CASO
Il provvedimento in esame è stato pronunciato all’interno di un contenzioso tributario che ha visto l’Agenzia delle Entrate soccombente sia avanti alla Commissione Tributaria Provinciale che Regionale. Tale controversia è stata introdotta mediante ricorso avverso avvisi di accertamento IVA ed IRES proposto da un soggetto responsabile in solido con la società Alfa per il pagamento di dette imposte.
In particolare, nel proporre ricorso, il contribuente ha sostenuto che nulla era da lui dovuto, avendo egli beneficiato degli effetti esdebitatori derivanti dal concordato fallimentare concluso, ex artt. 124 s. L.fall., dalla Società Alfa con i suoi creditori e omologato dal Giudice. Il ricorso è stato accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale.
L’Agenzia delle Entrate ha successivamente deciso di appellare la pronuncia di primo grado avanti alla Commissione Tributaria Regionale. Anche quest’ultima, però, con pronuncia favorevole al ricorrente, ha rigettato l’appello promosso dall’Agenzia delle Entrate sostenendo che: i) l’appellante avesse fondato la sua impugnazione sull’art. 184 L.fall., norma operante in materia di concordato preventivo. La sentenza di primo grado della Commissione Tributaria Provinciale era invece incentrata sul fatto che tra la società fallita ed i suoi creditori era intercorso un concordato fallimentare ex artt. 124 s. L.fall., ipotesi distinta, pertanto, dal contesto di applicabilità dell’invocato art. 184 L.fall.; inoltre ii) il concordato fallimentare, stipulato tra le parti ed omologato dal Giudice, avrebbe determinato una remissione parziale dei debiti d’imposta per gli importi oggetto di falcidia concordataria, liberando così non solo la società debitrice, ma anche i relativi coobbligati.
A fronte della pronuncia di secondo grado, l’Agenzia delle Entrate si è vista costretta a proporre ricorso avanti alla Corte di Cassazione sulla base di due diversi motivi di impugnazione. Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate ha sostenuto di aver invocato solo erroneamente in sede d’appello la norma di cui all’art. 184 L.fall., essendo evidente dal tenore dell’atto di gravame il reale riferimento all’art. 135 L.fall., norma che pone in ambito di concordato fallimentare una disciplina analoga e sovrapponibile a quella dettata dall’art. 184 L.fall. in materia di concordato preventivo. Inoltre, con il secondo motivo di impugnazione, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che, proprio in ragione della disciplina dettata dall’art. 135 L.fall., la Commissione Tributaria Regionale ha errato nel ritenere che la parziale remissione del debito di cui al concordato fallimentare omologato avesse effetto esdebitatorio anche nei confronti dei coobbligati, dal momento che è proprio il citato art. 135, c. 2, L.fall., a prevedere che “i creditori conservano la loro azione per l’intero credito contro i coobbligati, i fideiussori del fallito e gli obbligati in via di regresso”.
SOLUZIONE
Entrambi i suddetti motivi sono stati accolti dalla Suprema Corte.
In primo luogo, i Giudici di legittimità hanno affermato che dall’atto di appello, nel suo complesso, ben si riconosce l’errore commesso dall’Agenzia delle Entrate nel richiamare l’art. 184 L.fall., posto che il principio dedotto da parte appellante a fondamento dell’impugnazione (ovverosia il fatto che i creditori, malgrado l’omologa del concordato, conservano impregiudicati i diritti verso i coobbligati del debitore) è comunemente previsto sia dall’art. 184 L.fall. (norma erroneamente invocata dall’Agenzia delle Entrate) sia dall’art. 135 L.fall. (norma che l’Agenzia delle Entrate avrebbe invece dovuto invocare). Conseguentemente, la Commissione Tributaria Regionale avrebbe dovuto autonomamente procedere “all’esatta qualificazione giuridica delle questioni dedotte in giudizio sostanziali, attinenti al rapporto, o processuali, attinenti all’azione e all’eccezione”.
Per quanto attiene poi al secondo motivo d’impugnazione, la Cassazione ha parimenti accolto le ragioni addotte dall’Agenzia delle Entrate, ribadendo che l’art. 135 L.fall. (parimenti all’art. 184 L.fall.), nel prevedere che a seguito dell’omologa del concordato preventivo i creditori conservano i loro diritti nei confronti dei coobbligati del debitore, dei suoi fideiussori e degli obbligati in via di regresso, rappresenta una deroga alla disciplina comune prevista dagli artt. 1239 e 1301 c.c. Per effetto di tale deroga, che trova sua giustificazione nella natura pubblicistica del concordato e del relativo favor legislativo, i coobbligati, i fideiussori e gli obbligati in via di regresso sono tenuti a rispondere dell’intero debito e a subire le conseguenze, per loro negative, della falcidia concordataria o degli effetti modificativi favorevoli al debitore.
Sulla base di detti principi la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale.
QUESTIONI
La pronuncia della Corte di Cassazione appena esaminata assume rilevanza per gli spunti riflessivi che conseguono al principio di diritto espresso dai Giudici di legittimità nel decidere sul secondo motivo di impugnazione.
Come noto, e come ricordato dalla Suprema Corte, l’art. 135 L.fall. (per quanto attiene al concordato fallimentare) e l’art. 184 L.fall. (per quanto attiene al concordato preventivo) costituiscono leggi speciali che derogano alle regole di diritto comune previste dagli artt. 1239 e 1301 c.c., disposizioni, quest’ultime, espressive di un principio generalmente operante in materia di obbligazioni, secondo cui l’estinzione (totale o parziale) dell’obbligazione principale determina, normalmente, anche l’estinzione (totale o parziale) di quella accessoria. In particolare, l’art. 1239 c.c., in materia di fideiussione, è norma che estende gli effetti liberatori della remissione del debito principale anche al fideiussore. Allo stesso modo l’art. 1301 c.c., in materia di obbligazioni in solido, prevede che la remissione a favore di uno dei debitori in solido libera anche gli altri condebitori, salvo il caso in cui il creditore abbia fatto riserva del suo diritto verso gli altri coobbligati.
Diversamente, in ambito concordatario, proprio in ragione della disciplina posta dagli artt. 135 e 184 L.fall., l’obbligazione gravante in capo ai soggetti coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso non segue le sorti del debito principale. Costoro, infatti, anche a seguito dell’omologa del concordato, continuano a rispondere per il debito originario, rimanendo vincolati per l’intero ammontare dovuto e a prescindere da effetti modificativi/esdebitatori eventualmente disposti dal piano di concordato.
Detta deroga trova suo fondamento sia nella natura pubblicistica della procedura concordataria sia nel relativo favor legislativo. Infatti, nel concordato sia fallimentare che preventivo, in forza del c.d. principio maggioritario, tutti i creditori (aderenti e non aderenti) sono sottoposti alle disposizioni del piano omologato, con conseguente deroga al principio di relatività del contratto di cui all’art. 1372 c.c. Da qui la necessità normativa di prevedere, quantomeno, la salvaguardia dei diritti dei creditori verso i terzi coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso, così da rendere fortemente appetibile, con minor sacrificio possibile in capo alle ragioni creditorie, la procedura di gestione concordata della crisi d’impresa.
Il principio di diritto sopra riportato, prontamente richiamato dalla pronuncia della Suprema Corte in esame, consente di dare ragionata risposta ad un ulteriore quesito che ha coinvolto vari commentatori, ma che allo stato non pare aver trovato occasione di esame in giurisprudenza (quantomeno in quella edita). Ci si deve chiedere, infatti, se la disciplina derogatoria rinvenibile nei citati artt. 135 – 184 L.fall. operi anche in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182bis L.fall.
Ad un siffatto interrogativo la dottrina maggioritaria1 ha dato risposta negativa. In particolare, si è sostenuto che la ratio legis alla base del regime d’eccezione dettato dagli artt. 135 – 184 L.fall. non sia riscontrabile nella normativa dettata in ambito di accordi di ristrutturazione del debito. Diversamente da quanto accade nella procedura concordataria, gli accordi di ristrutturazione ex art. 182bis L.fall. non contemplano il principio maggioritario e la conseguente soggezione dei creditori non aderenti. Infatti, affinché un accordo di ristrutturazione del debito possa essere omologato, devono essere soddisfatti i seguenti requisiti:
a) l’accordo deve essere stipulato con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti;
b) l’accordo deve prevedere il pagamento dei creditori non aderenti nel termine di 120 giorni decorrenti dall’omologa (nel caso di crediti già scaduti a quella data) ovvero dalla rispettiva scadenza (in caso di crediti non ancora scaduti alla data di omologazione dell’accordo di ristrutturazione).
È quindi evidente che, mentre nel concordato i creditori non aderenti sono costretti a sottostare agli effetti modificativi/esdebitatori previsti dal piano omologato, negli accordi di ristrutturazione dei debiti “nessun creditore subisce invito domino limitazioni del suo diritto”2. I creditori non aderenti, infatti, subiscono (solo) una moratoria legale di 120 giorni dall’omologa o dalla scadenza del credito, ma il pagamento di quanto a loro dovuto viene comunque assicurato per l’intero, a pena di inammissibilità dell’accordo. I creditori aderenti, invece, accettano negozialmente di dilazionare, ridurre o rinunciare ai loro crediti, modificando in tal modo consapevolmente i rispettivi rapporti obbligatori. Ma dal momento che dette modifiche o limitazioni sono la conseguenza diretta della volontà contrattuale dei creditori aderenti, non vi è motivo di prevedere un’estensione analogica della disciplina derogatoria dettata in materia di concordato.
Pertanto, a fronte dell’inapplicabilità degli artt. 135 – 184 L.fall., e a fronte dell’applicabilità delle norme di diritto comune in materia di obbligazioni, si deve ritenere che, in caso di omologa dell’accordo di ristrutturazione ex art. 182bis L.fall.:
a) ai creditori aderenti dovranno applicarsi gli artt. 1239 e 1301 c.c. Ne consegue che, qualora l’accordo di ristrutturazione preveda un’estinzione parziale o totale del debito, tale pattuizione non potrà che estendersi ad eventuali coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso. I creditori, infatti, nell’aderire alla rideterminazione del rapporto obbligatorio ne accettano le conseguenze anche rispetto a quest’ultimi;
b) per quanto riguarda, invece, i creditori estranei all’accordo (c.d. non aderenti), potrebbe condividersi la soluzione adottata da certa dottrina la quale ha sostenuto che tali creditori conservano impregiudicato ogni diritto verso i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso, con l’esclusivo limite di non poter agire verso costoro per l’intero, ma eventualmente solo pro quota, nel periodo di moratoria legale di 120 giorni dall’omologazione dell’accordo o dalla scadenza del credito. Ciò in ragione del principio di diritto comune per cui “gli effetti favorevoli verificatisi nella sfera giuridica di uno dei condebitori sono destinati ad estendersi, almeno pro quota, anche a tutti gli altri”3. Tale tesi, però, lo si precisa, potrebbe venire meno qualora si ritenesse la temporanea inesigibilità del credito, di cui al periodo di moratoria legale di 120 giorni, un’eccezione personale opponibile dal solo debitore. Ne conseguirebbe, così, l’applicabilità dell’art. 1297 c.c., il quale prevede che “uno dei debitori in solido non può opporre al creditore le eccezioni personali agli altri debitori”.
La soluzione sopra proposta sembra aver trovato conferma nell’art. 59 del D.lgs. 14/2019 (CCII), la cui entrata in vigore è stata posticipata, come noto, al 1° settembre 2021. In particolare, il 1° comma della citata disposizione prevede che “ai creditori che hanno concluso gli accordi di ristrutturazione si applica l’articolo 1239 del codice civile”. Pertanto, se l’accordo di ristrutturazione dispone una remissione parziale o totale del debito, i fideiussori del debitore potranno, secondo il CCII, beneficiare degli effetti modificativi/estintivi dell’obbligazione principale derivanti dall’accordo omologato. Per quanto riguarda, inoltre, non i fideiussori, ma più genericamente i coobbligati del debitore, pare potersi sostenere che, pur non essendo l’art. 1301 c.c. espressamente richiamato dall’art. 59 del CCII, sia comunque a loro applicabile la disciplina di cui all’art. 1239 c.c. Quest’ultima norma (in materia di fideiussione) e l’art. 1301 c.c. (in materia di obbligazioni solidali) condividono, infatti, la medesima identità di ratio e un regime giuridico del tutto analogo. Ciò si evince, peraltro, dal tenore della Relazione Illustrativa al D.lgs. 14/2019 in cui, con riferimento all’art. 59 del CCII, si è affermato che “la disposizione disciplina gli effetti dell’accordo sui coobbligati ed i soci illimitatamente responsabili. I creditori aderenti sono assoggettati alla disciplina dettata dall’art. 1239 codice civile; disciplina che non si applica, in forza del comma 2, ai creditori non aderenti cui siano estesi gli effetti dell’accordo, i quali conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati”4.
Infine, si conclude precisando che il citato art. 59 del CCII, al 2° comma, dispone altresì che “nel caso in cui l’efficacia degli accordi sia estesa ai creditori non aderenti, costoro conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso”. Tale disciplina derogatoria, del tutto analoga a quella dettata dai citati artt. 135-184 L.fall., si giustifica per il fatto che il CCII, accanto all’ordinario tipo di accordi di ristrutturazione ex art. 182bis L.fall. (art. 57 CCII), prevede un’ulteriore e diversa specie di accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa (con portata ben più ampia rispetto a quella oggi prevista dall’art. 182septies L.fall., cfr. art. 61 CCII) nei quali, in applicazione del principio maggioritario, l’efficacia delle pattuizioni inserite nell’accordo di ristrutturazione omologato si estende a tutti i creditori, siano essi aderenti o non aderenti. Da qui la necessità di richiamare in toto il regime d’eccezione, ex artt. 135-184 L.fall., ad oggi limitato, come sopra visto, alle sole ipotesi di concordato fallimentare o preventivo.
1 Fabiani, Il regolare pagamento dei creditori estranei negli accordi di cui all’art. “182bis” l.fall., in Foro. it., 2006, I, 2563 ss.; Demarchi, Il concordato preventivo: il ruolo dei fideiussori e dei coobbligati, 2007, consultabile sul sito ilcaso.it, v. in particolare pp. da 29 a 31. Trentini, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Wolters Kluwer, Milano, 2012, pp. 331 ss.; Id., Piano attestato di risanamento e accordi di ristrutturazione dei debiti, Wolters Kluwer, Milano, 2016, p. 196; Delle Monache, Profili dei “nuovi” accordi di ristrutturazione dei debiti, in Judicium, 2013, v. in particolare pp. 20 ss. In senso contrario v. Frascaroli Santi, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182bis legge fallim.) e gli effetti per coobbligati e fideiussori del debitore, in Dir. Fall., 2005, I, pp. 845 ss.
2 Così Trentini, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, cit., p. 332.
3 Delle Monache, Profili dei “nuovi” accordi di ristrutturazione dei debiti, cit., p. 19. In termini generici, cfr. Galgano, Trattato di diritto civile, II, Wolters Kluwer, Milano, 2015, p. 24, in cui l’A. afferma che “il codice civile dà, in linea di massima, questa risposta: si propagano agli altri debitori in solido o agli altri creditori in solido le conseguenze favorevoli, non si propagano quelle sfavorevoli”.
4 Cfr. in tal senso la Relazione Illustrativa consultabile al seguente link http://documenti.camera.it/apps/nuovosito/attigoverno/Schedalavori/getTesto.ashx?file=0053_F001.pdf&leg=XVIII#pagemode=none, v. in part. p. 71.