10 Novembre 2020

Limiti al rilievo dell’incompetenza del giudice dell’opposizione a precetto

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. VI, 28 settembre 2020, n. 20356 – Pres. Scoditti – Rel. Tatangelo

Il Comune nel quale il creditore, con l’atto di precetto, abbia dichiarato la propria residenza o eletto il proprio domicilio, ai sensi dell’art. 480, comma 3, c.p.c., deve ritenersi coincidente con quello in cui ha sede il giudice dell’esecuzione e, pertanto, vale a determinare la competenza territoriale sull’opposizione al precetto medesimo proposta prima dell’instaurazione del procedimento esecutivo (artt. 26 e 27 c.p.c.), mentre l’eventuale contestazione di detta coincidenza (per non esservi in quel comune beni appartenenti all’esecutando, né la residenza del debitore di quest’ultimo), può essere sollevata soltanto dall’opponente, al fine di invocare la competenza del diverso giudice del luogo in cui è stato notificato il precetto, non anche dallo stesso creditore, che resta vincolato alla suddetta dichiarazione o elezione.

CASO

A seguito della notifica di un atto di precetto, il debitore intimato proponeva opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615, comma 1, c.p.c. innanzi al tribunale nel cui circondario era situato il luogo ove il creditore, nel medesimo precetto, aveva dichiarato di eleggere domicilio.

L’opposto eccepiva l’incompetenza per territorio dell’ufficio giudiziario adito, sostenendo che, nella circoscrizione di quest’ultimo, non fossero presenti beni del debitore da sottoporre a pignoramento.

Il Tribunale riteneva fondata tale eccezione e declinava la propria competenza, con decisione avverso la quale il debitore intimato proponeva regolamento di competenza.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione, accogliendo l’istanza del ricorrente, ha affermato che, nell’opposizione pre esecutiva, il creditore non è legittimato a eccepire l’incompetenza territoriale del giudice adito, se è stata determinata dal debitore intimato in base alla dichiarazione di residenza o all’elezione di domicilio contenuta nell’atto di precetto, in ragione dell’inesistenza in quel luogo di beni del debitore pignorabili.

QUESTIONI

Come noto, l’art. 480 c.p.c., nell’individuare il contenuto minimo dell’atto di precetto, stabilisce, al comma 3, che “Il precetto deve inoltre contenere la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per la esecuzione. In mancanza le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso”.

La norma, da leggere in combinato disposto con l’art. 27 c.p.c. (che attribuisce al giudice del luogo dell’esecuzione forzata – a sua volta individuabile alla stregua delle regole dettate dagli artt. 26 e 26-bis c.p.c. – la competenza per le cause di opposizione ex artt. 615 e 617 c.p.c., fatto salvo quanto previsto proprio dall’art. 480, comma 3, c.p.c.), rappresenta un espediente volto a consentire l’individuazione del giudice avanti al quale proporre l’opposizione a precetto pre esecutiva.

Sulla portata di tale disposizione e sulle sue ricadute applicative si è sviluppato nel corso degli anni un vivace dibattito giurisprudenziale, nell’ambito del quale è intervenuta anche la Corte Costituzionale che, con le pronunce n. 84 del 12 giugno 1973, n. 62 dell’8 marzo 1985 e n. 480 del 14 dicembre 2005, ha affermato, da un lato, che la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio del creditore intimante non può essere del tutto arbitraria, ma deve comunque riguardare un comune rientrante (almeno al momento dell’intimazione) nella circoscrizione di un ufficio giudiziario che abbia competenza per il processo esecutivo e, dall’altro lato, che solo nel caso in cui tale dichiarazione o elezione manchi del tutto, il debitore, oltre a potere proporre l’opposizione innanzi al giudice del luogo in cui il precetto è stato notificato, può pure avvalersi della facoltà di notificare l’atto introduttivo del giudizio presso la cancelleria dello stesso, dovendolo, altrimenti, notificare comunque nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto, sebbene si tratti di luogo (potenzialmente) diverso da quello dell’esecuzione. Possibilità questa della notificazione in cancelleria superata per l’avvento della pec e del domicilio digitale del difensore.

Il meccanismo di individuazione della competenza per territorio in ordine all’opposizione preventiva all’esecuzione si fonda, dunque, su una dichiarazione del creditore intimante, che, peraltro, non comporta un vincolo in ordine al luogo in cui sarà poi promossa l’esecuzione.

Può accadere, infatti, che quest’ultima venga legittimamente radicata avanti a un ufficio giudiziario diverso da quello presso il quale pende il giudizio di opposizione a precetto, non solo per la facoltà del creditore di avviare l’esecuzione in un luogo non coincidente con quello in cui è stata effettuata nel precetto l’elezione di domicilio, ma anche perché la competenza del giudice di tale luogo, sussistente al momento della notifica del precetto, potrebbe non essere più predicabile al momento del pignoramento.

Tornando al tema degli effetti riconducibili alla prescrizione dettata dall’art. 480, comma 3, c.p.c., secondo la ricostruzione operata dalla giurisprudenza, si deve affermare che la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio non costituisce requisito di validità del precetto, ma rappresenta un onere per il creditore.

Quanto alla mancata osservanza della norma, si possono verificare due ipotesi:

  • in assenza di dichiarazione di residenza e di elezione di domicilio, il precetto resta valido, con riguardo agli effetti sostanziali dell’intimazione, consentendo, tuttavia, al debitore di proporre opposizione innanzi al giudice del luogo in cui è avvenuta la notificazione del precetto;
  • in presenza di dichiarazione di residenza o di elezione di domicilio inefficace, perché effettuata con riguardo a luogo in cui non può radicarsi l’esecuzione (tenuto conto di quanto stabilito dagli artt. 26 e 26-bisp.c.), ossia in modo difforme dal modello legale prescritto dall’art. 480, comma 3, c.p.c., il debitore potrà (ancora una volta) proporre l’opposizione davanti al giudice del luogo di notificazione del precetto, ma dovrà notificare l’atto introduttivo nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto.

Le situazioni che si determinano in caso di dichiarazione di residenza o di elezione di domicilio, rispettivamente, assente o inefficace non sono perfettamente sovrapponibili e dipendono vieppiù dalla condotta del debitore intimato.

Nel primo caso, non si è in presenza di una difformità dell’atto dal modello individuato dalla norma, trattandosi dell’esercizio di una legittima facoltà del creditore intimante cui consegue – per espressa previsione normativa – la competenza del giudice del luogo di notifica del precetto per l’opposizione preventiva.

Nel secondo caso, invece, si è al cospetto di una violazione del precetto normativo, che impone di effettuare la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio in uno dei comuni nei quali potrà essere radicato il processo esecutivo, difformità cui non può conseguire – in via automatica – la medesima conseguenza prevista per il diverso caso di dichiarazione legittimamente omessa.

L’irrituale dichiarazione di residenza o elezione di domicilio del creditore intimante non equivale alla loro omissione ed esplica effetti ai fini della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di opposizione, nel senso che il debitore sarà tenuto a effettuarla proprio nel luogo risultante dalla dichiarazione o elezione contenuta nel precetto.

La coincidenza tra le due ipotesi (dichiarazione omessa e dichiarazione irregolare) si determina solo in caso di eccezione del debitore volta a sostenere il vizio della dichiarazione e limitatamente alla competenza del giudice dell’opposizione preventiva (nel senso che, in entrambi i casi, assumerà rilievo, a tali fini, il luogo in cui il precetto è stato notificato).

Infatti, in mancanza di contestazione del debitore e qualora egli faccia addirittura implicitamente propria la dichiarazione (irrituale ovvero inefficace) del creditore, proponendo l’opposizione davanti al giudice individuato in base alla stessa, si produrranno tutti gli effetti riconnessi alla dichiarazione e il creditore non potrà contestarli.

In definitiva, secondo i giudici di legittimità, è il debitore l’unico soggetto legittimato a eccepire l’irritualità e, quindi, l’inefficacia della suddetta dichiarazione del creditore intimante, peraltro ai soli fini della competenza, mentre il creditore non può contestarla se è stata determinata sulla scorta della sua stessa dichiarazione fatta propria dal debitore opponente, deducendone la non conformità al precetto normativo (nemmeno ove dimostrasse che, effettivamente, il comune da lui indicato non rientrava nel circondario di un ufficio giudiziario competente per l’esecuzione).

Come rilevato nella sentenza che si annota, se si ammettesse ciò, ne deriverebbe in un’inammissibile alterazione – a tutto vantaggio del creditore intimante – dell’equilibrio processuale tra le parti nella facoltà di determinare il giudice competente per le opposizioni preventive all’esecuzione, in contraddizione con il principio di autoresponsabilità e con gli stessi principi generali che stanno alla base del regime del rilievo dei vizi degli atti con effetti processuali e dell’incompetenza, in base ai quali, di regola, non è consentito a una parte fare valere il vizio di un atto che essa stessa ha causato; pertanto, la parte cui è riconducibile la scelta del giudice davanti al quale pende il processo non può eccepirne l’incompetenza.

Per queste ragioni, l’assunto su cui si fondava il provvedimento impugnato, ossia l’equiparazione, sotto il profilo degli effetti, dell’irregolarità dell’elezione di domicilio effettuata nell’atto di precetto all’assenza di tale elezione, nel senso della sua inefficacia e del conseguente radicamento della competenza inderogabile per l’opposizione in capo all’ufficio giudiziario del luogo di notificazione del precetto, non vale quando a eccepirla e a farla valere sia il medesimo creditore che tale elezione ha effettuato, per sostenere l’incompetenza del giudice adito dal debitore intimato.

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