27 Ottobre 2020

E’ inammissibile l’autonoma impugnativa di una delibera consiliare meramente esecutiva del contenuto di una precedente delibera assembleare

di Eleonora Giacometti, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale di Milano, Sezione Specializzata in materia di Impresa, sentenza n. 2895 del 21 maggio 2020

Parole chiave: delibera del C.d.A. – delibera assembleare – impugnazione – cooperativa –

Massima: E’ inammissibile e non può quindi essere accolta la domanda di annullamento di una delibera del C.d.A. meramente esecutiva del contenuto di precedente delibera assembleare in assenza di contestuale impugnazione di quest’ultima, ossia dell’atto presupposto, e ciò a meno che i profili di illiceità sollevati non riguardino specificamente l’atto impugnato.

Disposizioni applicate: articoli 2388 c.c., 2377c.c., 2378 c.c., 2265 c.c. e 2379 c.c.

Con il giudizio in esame un gruppo di soci di una Cooperativa hanno convenuto quest’ultima per impugnare due delibere consiliari della società che avrebbero illegittimamente determinato dei criteri di ripartizione degli oneri di gestione c.d. “oneri accessori”, ripartizione in forza della quale solo alcune categorie di soci (assegnatari in proprietà indivisa e in godimento semplice o locazione) risultavano onerate del pagamento dei costi di funzionamento della Cooperativa, che secondo le tesi attoree avrebbero invece dovuto essere ripartiti tra tutti i componenti della compagine sociale.

La Cooperativa si è costituita in giudizio, sollevando diverse e numerose eccezioni, ossia (i) la carenza di interesse e di legittimazione ad agire in capo ad alcuni soci; (ii) l’inammissibilità delle domande formulate per il mancato raggiungimento del quorum previsto dalla legge per l’impugnazione delle delibere; (iii) la nullità della citazione per indeterminatezza dell’oggetto e (iv) l’inammissibilità dell’impugnazione delle delibere consiliari per difetto di impugnazione della precedente delibera assembleare, quale atto presupposto di quelle impugnate.

A fronte di tali rilievi, il Tribunale delle Imprese di Milano ha innanzitutto invocato il cd. principio della ragione più liquida, applicando il consolidato orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione secondo cui una domanda può essere respinta sulla base della soluzione di una questione assorbente e di più agevole e rapido scrutinio, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente tutte le altre questioni, anche se preliminari, secondo l’ordine previsto dagli articoli 276 c.p.c. e 118 disp. att. (cfr. S.U. Cass. Civ. 12 dicembre 2014, n. 26242, con cui è stato appunto affermato che “occorre dare priorità alla ragione più evidente, più pronta, più piana, che conduca ad una decisione, indipendentemente dal fatto che essa riguardi il rito o il merito: criterio alla base del quale vi è un’evidente esigenza di maggiore economia processuale, poiché la sua applicazione consentirà di ridurre l’attività istruttoria e quella di stesura della motivazione”).

Applicando tale principio, il Tribunale ha rigettato de plano tutte le domande dei soci attori sul presupposto che fosse innanzitutto fondata l’eccezione della Cooperativa in base alla quale l’impugnazione delle delibere consiliari era inammissibile in quanto non era stata precedentemente impugnata la delibera assembleare sulla cui base le delibere consiliari erano state emesse, essendo le stesse meramente esecutive di decisioni già pienamente formate.

Quanto a tale natura meramente esecutiva, il Tribunale ha infatti evidenziato che i criteri di quantificazione degli oneri accessori tra i soci erano già contenuti e quantificati in una determinata percentuale nella delibera assembleare che, però, non era stata precedentemente impugnata.

E’ stato inoltre osservato che, diversamente opinando, consentire un’impugnativa autonoma e l’annullamento delle delibere consiliari in questione avrebbe:

  1. i) comportato una inaccettabile elusione dei termini per impugnazione dell’atto presupposto, immediatamente lesivo dei diritti dei soci; e
  2. ii) consentito, in modo del tutto contraddittorio, che rimanesse valida ed efficace una delibera assembleare a fronte di una dichiarata illegittimità dei soli esecutivi della medesima (profili di illegittimità peraltro interamente riferibili alla delibera assembleare presupposta).

Per tutte le suddette ragioni il Collegio ha quindi concluso che, a causa dell’omessa impugnazione della delibera assembleare presupposta, divenuta in tal modo inoppugnabile, le domande dei soci attori in merito all’invalidità delle delibere consiliari, ed al conseguente risarcimento del danno, erano da considerarsi inammissibili.