È possibile escludere il socio di una S.r.l. al di fuori delle cause di esclusione espressamente previste nello Statuto?
di Dario Zanotti, Avvocato Scarica in PDFTribunale di Bolzano, Sez. spec. in materia di imprese, Sentenza del 6 maggio 2020.
Parole chiave: Società a responsabilità limitata – Esclusione – Socio – Giusta causa – Statuto
Massima: “L’art. 2473 bis c.c., introdotto con la riforma del diritto societario del 2003, richiede esplicitamente una predeterminazione statutaria delle ipotesi di esclusione del socio; tale predeterminazione per essere conforme al dato normativo deve rispettare le nozioni di giusta causa e specificità (ciò per evitare che l’istituto dell’esclusione si trasformi in uno strumento, generale e generico, di reazione ad un qualsiasi contegno del socio)”.
Disposizioni applicate: art. 2473 bis c.c.
La sezione specializzata in materia di imprese del Tribunale di Bolzano si è recentemente pronunciata, tra le altre cose, sulla non legittimità dell’esclusione del socio di una s.r.l. in base a clausole statutarie generiche o al di fuori delle ipotesi predeterminate nello statuto, orientamento che, nonostante la sua uniformità in giurisprudenza, non manca di suscitare perplessità e critiche da parte di certa dottrina (e del mondo delle imprese).
Il caso in esame trae origine dalla controversia tra due soci di una s.r.l. (entrambi al 50%) nella quale uno (Caio) ha convenuto in giudizio l’altro (Tizio) chiedendone l’esclusione alla luce di un articolo dello statuto che ha previsto la fuoriuscita dalla compagine sociale del socio che “risulti inadempiente agli obblighi assunti nei confronti della società”. Il socio escludendo, alla luce del dato normativo dell’art. 2473 bis c.c. che prescrive “specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa del socio”, ha pertanto eccepito la nullità di tale clausola statutaria considerata la genericità della disposizione.
Interessante questione risolta in via preliminare riguarda la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti della stessa s.r.l. (in quanto non citata da Caio); in proposito, il Tribunale di Bolzano ha rilevato come nei giudizi di esclusione di un socio di s.r.l. su iniziativa dell’altro socio, la società non è litisconsorte necessario; infatti, non è possibile rinvenire in capo alla s.r.l. alcun interesse a contraddire ai sensi dell’art. 100 c.p.c. poiché alla società non possono derivare né vantaggi, né pregiudizi dalla decisione della causa. Pertanto, la legittimazione attiva e passiva spetta alle sole parti del contratto sociale.
Quanto all’esclusione del socio, il Tribunale di Bolzano ha ritenuto che una clausola che la prevede per generiche inadempienze da parte del socio e/o l’azione fondata sulla generica violazione dei doveri di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c. non sarebbero compatibili con il dettato dell’art. 2473 bis c.c..
Infatti, secondo il Tribunale, il legislatore, nell’introdurre l’art. 2473 bis c.c. con la riforma del 2003, innovando significativamente il sistema previgente, ha previsto nella s.r.l. la possibilità di escludere il socio, oltre che per la mancata esecuzione dei conferimenti (art. 2466 c.c.), anche nel caso di giusta causa indicata in una specifica ipotesi statutaria. Tale norma, che ha carattere inderogabile, richiederebbe dunque esplicitamente una predeterminazione statutaria delle ipotesi di esclusione che rispondano alle nozioni (i) di giusta causa e (ii) di specificità.
In particolare, quanto alla specificità, la giurisprudenza di merito ha costantemente indicato l’esigenza di una tipizzazione dei casi di esclusione mediante l’individuazione di accadimenti definiti e circoscritti (si vedano, come citati dalla sentenza in esame, Trib. Trento, decreto 4.04.2013; Trib. Milano, ordinanza 7.11.2013; Trib. Milano, ordinanza 28.02.2014; Trib. Milano, ordinanza 23.07.2015; Trib. Milano, ordinanza 13.06.2016; si vedano anche Trib. Bologna, sentenza 11.04.2017 e Trib. Napoli, ordinanza 8.02.2020); ciò sarebbe giustificato dall’esigenza di limitare spazi troppo ampi di discrezionalità interpretativa che possano trasformare l’istituto dell’esclusione in uno strumento, generale e generico, di reazione ad un qualsiasi e non predeterminato comportamento del socio, con riflessi negativi sulla quota delle risorse a disposizione dell’attività di impresa e sulle garanzie dei creditori sociali.
Sempre alla luce di tale orientamento, non sarebbe nemmeno possibile procedere ad un’interpretazione correttiva o analogica in applicazione dei principi generali di buona fede e correttezza con riferimento alla risoluzione per inadempimento del contratto ex art. 1453 c.c. (cfr. Trib. Roma, sentenza 28.11.2017; Trib. Milano, ordinanza 09.01.2020; tuttavia, si segnala il parere discordante di Sicchiero, Le ipotesi statutarie di esclusione del socio di s.r.l. sono tassative?, in Contratto e impresa, 2007).
Inoltre, la giurisprudenza, alla quale si associa anche il Tribunale di Bolzano, ha più volte escluso la possibilità di applicare per analogia l’art. 2286 c.c. in tema di società di persone, perché cozzerebbe con il canone della specificità imposto dall’art. 2473 bis c.c. (cfr., come citati dalla sentenza in esame, Trib. Milano, ordinanza 07.11.2013; Trib. Milano, ordinanza 28.02.2014; Trib. Milano, sentenza 05.09.2014, n. 10786; Trib. Roma, sentenza 28.11.2017).
Dalle considerazioni svolte deriva, in conclusione, la nullità di una clausola statutaria che non preveda in maniera specifica quale sia la giusta causa di esclusione del socio (conclusioni alle quali si associano pressoché unanimemente anche dottrina e giurisprudenza di legittimità). Restano tuttavia i dubbi legati alla possibilità di correggere un’interpretazione così rigida in ipotesi (tutt’altro che residuali) di gravi inadempimenti e/o comportamenti abnormi attuati da un socio e non ‘codificati’ nello statuto.