22 Settembre 2020

Risarcimento danni per infiltrazioni: la corresponsabilità in solido ex art. 2055 c.c. del condominio e dei proprietari delle unità immobiliari

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Corte di Cassazione, Sezione 6^- 2, Civile, Ordinanza del 12 marzo 2020 n. 7044 (Presidente Dott. P. D’Ascola, Relatore Dott. A. Scarpa)

Condominio – Responsabilità ex art. 2051 c.c. – Risarcimento del danno per le infiltrazioni subite – Sussistenza della responsabilità solidale ex art. 2055 c.c. –

Il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, sicché risponde “ex” art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché tali danni siano causalmente imputabili anche al concorso del fatto di un terzo, prospettandosi in tal caso la situazione di un medesimo danno provocato da più soggetti per effetto di diversi titoli di responsabilità, che dà luogo ad una situazione di solidarietà impropria. Nondimeno, la conseguenza della corresponsabilità in solido, “ex” art. 2055 c.c., comporta che la domanda del condomino danneggiato vada intesa sempre come volta a conseguire per l’intero il risarcimento da ciascuno dei coobbligati, in ragione del comune contributo causale alla determinazione del danno.”

CASO

La condomina Alfa s.r.l. citava, dinanzi al Tribunale di Roma, il condominio affinché venisse condannato al risarcimento dei danni subiti dall’appartamento di sua proprietà, a seguito di eventi infiltrativi. Il giudice adito, accoglieva la domanda proposta da Alfa e condannava il condominio all’esecuzione di lavori di ripristino dell’impianto di smaltimento delle acque e di impermeabilizzazione del campo da tennis condominiale, giacché causa delle infiltrazioni oggetto di lite; parimenti, lo obbligava ad indennizzare i danni patiti dall’attrice.

Di converso, il medesimo giudicante, respingeva la pretesa risarcitoria della condomina per il mancato godimento dell’appartamento di sua proprietà, in virtù dell’impossibile attribuzione al solo condominio della responsabilità del nocumento patito dall’attrice, atteso che, agli esiti della CTU, eseguita nel corso del giudizio, si costatava che le infiltrazioni derivavano, “oltre che dalle tubazioni dell’impianto fognario condominiale e dalla superficie del campo da tennis”, altresì dalla “mancanza di impermeabilizzazione di due giardini privati, in proprietà a terzi estranei al giudizio”.

Parzialmente vittoriosa in primo grado, la condomina Alfa impugnava, dinanzi alla Corte d’Appello di Roma, la sentenza del giudice di prime cure, in virtù del diniego da parte di quest’ultimo della domanda risarcitoria per la inutilizzabilità/mancato godimento dei locali di sua proprietà.

La Curia adita avvalorava la sentenza di primo grado, ovverossia confermava l’insussistenza dell’onere risarcitorio a carico del condominio convenuto, in virtù dell’impossibile attribuzione causale delle infiltrazioni alla sola responsabilità del condominio, condividendo de plano le medesime argomentazioni del giudice di primo grado.

A ciò si aggiunga, che secondo il giudice d’appello, la condanna alla messa in pristino dei suddetti beni condominiali, era passata in giudicato per difetto di impugnazione da parte del condominio; il che, dunque, comportava l’attribuzione delle infiltrazioni all’integrale ed esclusiva responsabilità del condominio, ex art. 2051 c.c.

Avverso quest’ultima sentenza, la condomina Alfa proponeva ricorso per Cassazione.

SOLUZIONE

La Suprema Corte di Cassazione accoglieva il ricorso della società con l’ordinanza in rassegna, cassava la sentenza impugnata rinviando ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.

QUESTIONI

L’azione di responsabilità ex art. 2051 c.c., ovverossia quella fondata sulla violazione di un obbligo di custodia, è intrinsecamente differente rispetto a quella fondata sul generale principio del neminem laedere di cui all’art. 2043 c.c.

Ciò in quanto, l’applicabilità dell’una o dell’altra norma consta, sul piano eziologico e probatorio, diversi accertamenti e attiene a distinti temi d’indagine, trattandosi di constatare, nel primo caso, se sia stato attuato un comportamento commissivo od omissivo, dal quale ne è derivato un pregiudizio a terzi, e dovendosi prescindere, invece, nel caso di responsabilità per danni da cosa in custodia, dal profilo del comportamento del custode.

Quest’ultimo, difatti, è elemento neutrale alla struttura della fattispecie normativa di cui all’art. 2051 c.c., nella quale, invece, il fondamento della responsabilità è costituito dal rischio, che grava sul custode, per i danni prodotti dalla cosa qualora non discendenti dal caso fortuito.

Orbene, mentre l’azione di risarcimento dei danni per fatto illecito, di cui all’art. 2043 c.c. comporta la necessità, per il danneggiato, di provare l’esistenza del dolo o della colpa a carico del danneggiante; nel caso di azione fondata sull’art. 2051 c.c., la responsabilità del custode è insita alla fattispecie stessa della custodia, potendo questi liberarsi soltanto attraverso la gravosa dimostrazione del fortuito.

Nel caso di risarcimento del danno da cosa in custodia di proprietà condominiale, secondo il granitico orientamento ermeneutico della Corte di Cassazione; il condominio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all’art. 2051 c.c., dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini1, persino se essi siano causalmente imputabili al concorso del fatto di un terzo2; fatta salva l’ipotesi in cui la condotta di quest’ultimo, rivelandosi autonoma, risulti dotata di efficacia causale esclusiva nella produzione dell’evento lesivo.

Il risarcimento del danno da cosa in custodia di proprietà condominiale, dunque, non si sottrae alla regola della responsabilità solidale di cui all’art. 2055 c.c.; il quale prescrive, per l’appunto, che nel caso in cui il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ognuna di esse è obbligata in solido ad indennizzare il nocumento3.

Alla luce di quanto detto, secondo il Supremo Collegio, nel caso in rassegna, i giudici di primo e secondo grado, interpretavano la questione di diritto, sottesa alla controversia, discostandosi dal succitato orientamento interpretativo. Ciò in quanto, gli stessi, rigettavano la domanda risarcitoria della condomina per il mancato godimento dell’immobile, sulla scorta dell’impossibile imputabilità, al solo condominio, dell’integrale responsabilità del danno.

Secondo la Cassazione, quindi, nel caso di specie, si costituiva la fattispecie di un medesimo danno provocato da più soggetti per effetto di diversi titoli di responsabilità, ovverossia: la responsabilità del condominio, per la custodia dei beni e dei servizi comuni; e la responsabilità dei singoli proprietari, per la custodia delle unità immobiliari a loro appartenenti.

Si ingenerava, dunque, una situazione di solidarietà impropria giacché attinente a rapporti “eziologicamente ricollegati a distinti titoli extracontrattuali” e che consentiva di considerare la domanda del proprietario dell’appartamento danneggiato, sempre come volta a conseguire per l’intero il risarcimento da ciascuno dei coobbligati, in luce del comune contributo causale alla determinazione del danno4.

A ciò si aggiunga che, nel caso in cui la corretta determinazione e graduazione delle colpe sia particolarmente gravosa, il danneggiato può chiedere l’integrale risarcimento, a scelta, ad ognuno dei soggetti responsabili; i quali potranno esercitare l’azione di regresso nei confronti del corresponsabile per ottenere la restituzione pro quota del danno liquidato, in ragione del diverso grado di rispettiva responsabilità5.

Qualora il danno subito da un condomino sia causalmente imputabile al concorso del condominio e di un terzo, al danneggiato che abbia agito chiedendo l’integrale risarcimento dei danni solo nei confronti del condominio, il risarcimento non può essere diminuito in ragione del concorrente apporto casuale colposo imputabile al terzo, applicandosi in tal caso non l’art. 1227 c.c., ma l’art. 2055 c.c., il quale prevede, per l’appunto, la responsabilità solidale degli autori del danno6.

Per tali motivi, il Supremo Collegio accoglieva il ricorso della condomina Alfa, cassava la sentenza da essa impugnata e rinviava la causa alla Corte d’Appello di Roma.

1 Corte di Cassazione, Sezione 3, Civile, Sentenza del 20 agosto 2003 n. 12211.

2 Corte di Cassazione, Sezione 2, Civile, Sentenza del 12 luglio 2011 n. 15291.

3 Corte di Cassazione, Sezione 2, Civile, Sentenza del 29 gennaio 2015 n. 1674.

4 Corte di Cassazione, Sezione 6 2, Civile, Ordinanza del 12 marzo 2020 n. 7044.

5 Corte di Cassazione, Sezione 3, Civile, Sentenza del 20 giugno 2008 n. 16810.

6 Corte di Cassazione, Sezione 3, Civile, Sentenza del 19 marzo 2009 n. 6665.