Ammissibile l’insinuazione ultratardiva in caso di crediti sopravvenuti
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. I, 10 luglio 2019, n. 18544 – Pres. Didone – Rel. Dolmetta
Parole chiave: Dichiarazione di fallimento – Domanda di ammissione al passivo – Crediti sopravvenuti – Termine annuale – Decorrenza
[1] Massima: Le domande di ammissione al passivo di crediti sorti dopo la dichiarazione di fallimento devono essere presentate entro un anno dal momento in cui sono maturate le condizioni per la partecipazione al passivo.
Disposizioni applicate: Cost., artt. 3 e 24; r.d. 267/1942, art. 101
CASO
Una società presentava domanda di ammissione al passivo del credito vantato nei confronti della società fallita a titolo di restituzione di caparra confirmatoria, in conseguenza dello scioglimento del contratto preliminare provocato dal curatore ai sensi dell’art. 72 l.fall.
La domanda veniva respinta dal giudice delegato perché proposta tardivamente, ossia oltre il termine annuale previsto dall’art. 101 l.fall.
Anche l’opposizione ex art. 98 l.fall. veniva respinta: il tribunale rilevava che, non distinguendo la norma tra crediti sorti prima e dopo il fallimento, anche la domanda di ammissione al passivo di questi ultimi dev’essere presentata entro il termine annuale di cui all’art. 101 l.fall., fatta eccezione per l’ipotesi in cui il creditore non sia in grado di rispettarlo senza sua colpa, essendo comunque tenuto a proporla entro un termine congruo. Poiché, nel caso di specie, tra la data di insorgenza del credito e la scadenza del termine per l’insinuazione tardiva erano decorsi cinque mesi, tale lasso di tempo doveva reputarsi congruo per consentire al creditore di fare valere la propria pretesa, sicché giustamente la domanda proposta successivamente non era stata accolta.
La società proponeva quindi ricorso per cassazione, lamentando, in particolare, la violazione dell’art. 101 l.fall.
SOLUZIONE
[1] La Corte di cassazione ha accolto il ricorso, affermando che, per non discriminare coloro che vantano un credito sorto successivamente alla dichiarazione di fallimento, dev’essere accolta la domanda di insinuazione che sia stata proposta entro un anno dal momento in cui si sono verificate le condizioni di partecipazione al concorso fallimentare, anche se tale termine viene a collocarsi successivamente alla scadenza di quello previsto dall’art. 101 l.fall.
QUESTIONI
[1] Nel caso sottoposto all’esame dei giudici di legittimità, si discuteva dell’ammissibilità o meno della domanda di ammissione al passivo di un credito sorto successivamente alla dichiarazione di fallimento, presentata dopo la scadenza del termine annuale stabilito dall’art. 101 l.fall.
Nel ricostruire l’orientamento interpretativo formatosi sull’argomento, la sentenza che si annota ha evidenziato come la Corte di cassazione si sia espressa nel senso di escludere l’applicazione del termine decadenziale di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo rispetto ai crediti che vengono a maturare le condizioni per la partecipazione al concorso fallimentare dopo la sentenza dichiarativa di fallimento (vengono, a tale proposito, citate le pronunce di Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2019, n. 1391, di Cass. civ., sez. I, 31 luglio 2018, n. 20310 e di Cass. civ., sez. I, 31 luglio 2015, n. 16218).
Secondo tale indirizzo, poiché nuovi crediti concorsuali possono sorgere durante tutto l’arco della procedura fallimentare, il termine decadenziale fissato dall’art. 101 l. fall. potrebbe essere già scaduto alla data di insorgenza del credito e, per fronteggiare simile evenienza, non possono reputarsi rimedi adeguati né il meccanismo della domanda di ammissione con riserva di cui all’art. 96 l.fall., né quello delineato dall’ultimo comma dell’art. 101 l.fall. (basato sulla non imputabilità al creditore del ritardo nel presentare la domanda di insinuazione, che non si sovrappone perfettamente alla sopravvenienza del credito).
D’altra parte, anche per i crediti che sopravvengono dopo la dichiarazione di fallimento e prima della scadenza del termine annuale fissato dall’art. 101 l.fall. residuerebbe, ai fini della presentazione della domanda di ammissione al passivo, un tempo comunque più breve (al limite pressoché nullo) rispetto a quello a disposizione di chi vanta un credito sorto in epoca antecedente al fallimento, con conseguenti dubbi di legittimità costituzionale, laddove venisse predicata la necessità di applicare in entrambi i casi la medesima disciplina. In particolare, oltre a essere violato il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., risulterebbe sensibilmente compromesso il diritto di azione (con lesione del principio sancito dall’art. 24 Cost.).
Secondo i giudici di legittimità, dunque, l’esigenza di consentire ai creditori sopravvenuti di fruire di uno spazio temporale non inferiore all’anno per la presentazione delle loro domande risulta ancora più enfatizzata se solo si considera che i creditori anteriori (i crediti dei quali sono sorti in epoca precedente alla dichiarazione di fallimento) dispongono già prima di entrare nella fase regolata dall’art. 101 l.fall. di ampi margini temporali per la gestione e la presentazione delle loro domande di insinuazione.
Nel contempo, la sentenza che si annota ha escluso che il mancato esercizio – da parte del creditore – della facoltà di mettere in mora il curatore, facendogli assegnare un termine per esprimere la propria decisione in merito al subentro o meno nel contratto preliminare ai sensi dell’art. 72 l.fall., potesse giustificare l’applicazione dell’art. 101 l.fall. (come pure prospettato dalla curatela), dal momento che non è consentito tramutare una facoltà (quale quella prevista, per l’appunto, dall’art. 72 l.fall.) in un onere, al fine di introdurre una decadenza non prevista dalla legge.
Del pari infondato, al fine di sostenere che nel caso in questione potesse operare il termine decadenziale sancito dall’art. 101 l.fall., è stato ritenuto il richiamo operato dall’art. 111-bis l.fall. alle modalità previste dal capo V per l’accertamento dei crediti prededucibili, atteso che “la tecnica del «rinvio normativo» comporta sempre (e tanto più quando si tratta, come nel caso, di rinvii di particolare ampiezza) un’applicazione condotta sul filo nei «limiti della compatibilità». Nella specie, del resto, il rinvio alla normativa del Capo V, che è operata dall’art. 111 bis, concerne (solo) le modalità (di accertamento dei crediti), non (anche) i termini. D’altro canto, i crediti sopravvenuti ben possono essere semplici chirografi (secondo quanto accade, anzi, nel caso qui in concreto giudizio): né v’è bisogno di indugiare per mostrare l’inutile complicazione che deriverebbe dal diversificare, in punto di termini, i crediti sopravvenuti prededucibili e i crediti sopravvenuti chirografi”.
Di nessun pregio, infine, sono state ritenute le istanze dirette a sostenere l’applicabilità dell’art. 101 l.fall. sulla base di esigenze di celerità e concentrazione del procedimento di verifica del passivo: in questo senso, è stato osservato che, in ogni caso, il creditore sopravvenuto che tarda a insinuarsi sconta la partecipazione ai soli riparti dell’attivo successivi all’insinuazione e rimane altresì esposto al rischio di non riuscire nemmeno a prelevare le quote che gli sarebbero spettate nei riparti precedenti a termini dell’art. 112 l.fall., ossia quando risulti che il ritardo nell’ammissione del credito non è dipeso da causa a lui imputabile, a fronte del progressivo assottigliamento delle risorse dell’attivo fallimentare conseguente al susseguirsi dei riparti; tali circostanze sono già di per sé idonee a fungere da deterrente contro l’adozione di strategie inutilmente dilatorie.
Fermo restando ciò, la Corte di cassazione ha evidenziato che “Altra cosa è che si ritengano troppo lunghi i termini fissati per la proposizione delle domande di insinuazione: ma questo è discorso che, al di là di ogni riferimento di diritto positivo, attiene alla misura annuale prevista dall’art. 101 in quanto tale, senza alcuna incidenza propria per il regime dei crediti sopravvenuti. Qualunque rilievo sulla concentrazione della procedura di accertamento, poi, non può non fare i conti con la peculiare caratteristica dei crediti sopravvenuti, che in quanto tale esige in ogni caso dei distinguo”.
In definitiva, posto che nemmeno dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al d.lgs. 14/2019 (che, quanto ai tempi e ai modi di proposizione delle domande di ammissione al passivo, reca norme di carattere innovativo e, come tali, non applicabili a fattispecie antecedenti alla sua entrata in vigore) potevano trarsi elementi utili ai fini dell’individuazione della disciplina cui assoggettare la fattispecie oggetto di controversia, i giudici di legittimità hanno escluso la possibilità di estendere ai crediti sopravvenuti il regime dettato dall’art. 101 l.fall. e hanno ritenuto necessario ricavare in via sistematica quello applicabile all’insinuazione di tali crediti: in quest’ottica, è stato affermato che, per rendere equiparabile la posizione dei titolari di crediti sopravvenuti a quella degli altri creditori, la presentazione della domanda di insinuazione deve essere proposta entro un anno decorrente – in tutti i casi nei quali il credito abbia maturato le condizioni di partecipazione al concorso fallimentare dopo l’emissione e la pubblicazione del decreto di esecutività dello stato passivo – dal momento stesso in cui si sono verificate dette condizioni.