La non prededucibilità del credito del subappaltatore di opera pubblica in caso di fallimento dell’appaltatore
di Chiara Zamboni, Assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Ferrara Scarica in PDFCass. SSUU. 2 marzo 2020, n. 5685
Parole chiave: Fallimento – prededuzione – appaltatore – credito del subappaltatore – opere pubbliche
Massima
La possibilità per la stazione appaltante di sospendere i pagamenti, ex art. 118 comma 3, D.lgs. 163/2006, in favore dell’appaltatore di opera pubblica in attesa delle fatture dei pagamenti effettuati da quest’ultimo al subappaltatore deve intendersi operare per imprese in bonis con le quali il rapporto sia in corso e non, invece, nel caso in cui la dichiarazione di fallimento abbia determinato lo scioglimento del contratto di appalto. Una volta intercorso il fallimento, deve essere esclusa la prededuzione dei crediti del subappaltatore e, pertanto, la stazione appaltante è tenuta a corrispondere al curatore il corrispettivo delle prestazioni eseguite fino all’intervenuto scioglimento del contratto. Il subappaltatore sarà, così, soddisfatto nel rispetto della par condicio creditorum.
Riferimenti normativi
Art. 118, comma 3, d.lgs 163/2006 – art. 111 L.F.
CASO
Le Sezioni Unite della Cassazione sono state chiamate a pronunciarsi sul contrasto di orientamenti circa il rapporto tra la prededuzione, ex art. 111 L.F., e la sospendibilità dei pagamenti in favore dell’appaltatore, ex art. 118, comma 3, d.lgs. 163/2006. In particolare, si è domandato alla Suprema Corte se il credito sorto anteriormente alla dichiarazione di fallimento, quale corrispettivo di un subappalto di opere pubbliche, debba essere ammesso in prededuzione.
SOLUZIONE
Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno precisato che la dichiarazione di fallimento determina, nel caso in cui il curatore non dichiari di voler subentrare nel rapporto, lo scioglimento del contratto di appalto. La possibilità di sospendere i pagamenti prevista dall’art. 118, comma 3, d.lgs. 163/2006 ha natura di eccezione di inadempimento, opponibile dalla stazione appaltante all’appaltatore, ed in quanto tale presuppone necessariamente che il rapporto contrattuale sia ancora in corso. Qualora il rapporto si sia interrotto e non sia più possibile opporre l’eccezione di inadempimento, non è ammissibile la prededuzione.
QUESTIONI
La Alfa s.r.l., in qualità di subappaltatrice di opere pubbliche, ha presentato domanda di ammissione al passivo in prededuzione dei crediti vantati nei confronti di Beta s.r.l.
Il Giudice delegato del Fallimento Beta s.r.l., ha ammesso al passivo in via chirografaria i crediti vantati dalla Alfa s.r.l., respingendone la domanda di collocazione in prededuzione.
Alfa s.r.l ha presentato opposizione deducendo che la mancata trasmissione delle fatture quietanzate alla stazione appaltante ha determinato la sospensione del pagamento a favore dell’appaltatrice Beta s.r.l. ex art. 118, comma 3, d.lgs. 163/2006 e, pertanto, ciò giustifica l’ammissione del credito in prededuzione.
Il Tribunale ha rigettato l’opposizione ritenendo che il fallimento dell’appaltatore determini lo scioglimento del rapporto contrattuale e, quale conseguenza, non sia applicabile la sospensione dei pagamenti ex art. 118, comma 3, d.lgs. 163/2006 che presuppone la vigenza del contratto di appalto.
Avverso il rigetto la Alfa s.r.l. ha proposto ricorso per Cassazione.
Il Collegio della Prima Sezione Civ. ha rimesso la questione al vaglio delle Sezioni Unite dopo aver rilevato un contrasto giurisprudenziale circa le modalità di soddisfacimento del credito del subappaltatore di opera pubblica nei confronti dell’appaltatore fallito. Inoltre, ha rilevato la necessità di chiarire se debba essere concessa la prededuzione del subappaltatore nel caso in cui residui un credito dell’appaltatore verso la stazione appaltante e quest’ultima abbia opposto l’eccezione ex art. 118, comma 3, d.lgs. 163/2006.
Le Sezioni Unite sono chiamate, in particolare, a pronunciarsi sul nesso tra la sospendibilità dei pagamenti ex art. 118, comma 3, d.lgs. 163/2006 e l’istituto della prededuzione fallimentare ex art. 111 L.F., secondo il quale sono prededucibili i crediti previsti ex lege e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali.
L’art. 118, comma 3, d.lgs. 163/2006 (abrogato dall’art. 217, d. lgs 50/2016 – Codice degli appalti), applicabile ratione temporis al caso sottoposto alla Suprema Corte, consentiva alla stazione appaltante di inserire nel bando di gara, quale alternativa al pagamento diretto in favore del subappaltatore, l’obbligo dell’appaltatore di trasmettere alla stazione appaltante le fatture quietanziate dei pagamenti effettuati al subappaltatore e, in mancanza, la possibilità per la stazione appaltante di sospendere il pagamento successivo in favore dell’appaltatore.
Secondo un primo orientamento, se la stazione appaltante ha disposto la sospensione del pagamento a favore dell’appaltatore, il credito del subappaltatore deve essere ammesso al passivo in prededuzione, per aumentare l’attivo della massa fallimentare. La sospensione dei pagamenti ex art. 118, comma 3, d.lgs, 163/2006, è ritenuta, secondo questa ricostruzione, una condizione di esigibilità del pagamento da parte della stazione appaltante anche nell’ipotesi di fallimento dell’appaltatore. La prededuzione si configura, così, come lo strumento grazie al quale sia possibile il soddisfacimento del credito del subappaltatore nei confronti dell’appaltatore fallito, senza che sia necessario attendere le operazioni di riparto. L’ammissione in prededuzione del credito del subappaltatore può aversi solo se comporti un sicuro vantaggio per la procedura concorsuale ed un beneficio per la massa dei creditori.
Un secondo orientamento ha successivamente negato la prededuzione del subappaltatore ritenendo che questi debba essere considerato un creditore concorsuale nel rispetto della par condicio creditorum. La prededuzione fallimentare, ex art. 111 L.F., può essere attribuita nei soli casi in cui sia prevista ex lege o sia chiesta per un credito sorto in funzione della procedura concorsuale. Inoltre, il meccanismo di sospensione dei pagamenti ex art. 118, comma 3, d.lgs 163/2006 trova la propria ratio nell’esigenza di favorire il corretto e tempestivo completamento dell’opera pubblica oggetto dell’appalto, e pertanto è applicabile in caso di rapporti di appalto in corso con un’impresa in bonis. Il meccanismo non è stato introdotto avendo quale primario interesse la tutela del subappaltatore e, conseguentemente, non trova ragione una sua applicazione in caso di intervenuto fallimento che determini lo scioglimento del contratto di appalto di opera pubblica.
Le Sezioni Unite hanno accolto il secondo orientamento, ritenendo che non siano ammissibili deroghe alla regola della par condicio creditorum. Il subappaltatore deve essere qualificato come un creditore concorsuale al pari degli altri creditori, nel rispetto della par condicio creditorum, fatte salve le cause legittime di prelazione ex art. 2741 c.c.
La prededuzione può essere riconosciuta nel solo caso in cui la stazione appaltante possa esercitare in concreto il potere di sospendere i pagamenti in favore dell’appaltatore che non trasmetta le fatture quietanziate del subappaltatore. Se il potere non è esercitato o non sia suscettibile di produrre in concreto effetti nei confronti dell’appaltatore, il pagamento del credito del subappaltatore non gioverebbe alla massa fallimentare e non avrebbe ragione di essere favorito.
La sospensione del pagamento, prevista ex lege, è un’eccezione di inadempimento opponibile dalla stazione appaltante all’appaltatore che sia inadempiente all’obbligo di trasmettere le fatture quietanziate. L’eccezione è proponibile a condizione che il rapporto contrattuale sia in corso, dal momento che le parti hanno diritto di far valere eventuali adempimenti o inadempimenti solo nella fase esecutiva del rapporto.
Inoltre, il fallimento rende il contratto di appalto di opera pubblica inefficace ex nunc, e quale conseguenza il contratto non è eseguibile. Il curatore fallimentare ha diritto a recuperare il corrispettivo dovuto per le prestazioni che siano state eseguite fino all’intervenuto scioglimento del rapporto e a tal riguardo, spettandogli l’amministrazione del patrimonio fallimentare, ha l’onere di attivare le iniziative volte a recuperare l’attivo fallimentare per soddisfare la massa dei creditori.
La Sezioni Unite hanno respinto, così, il ricorso chiarendo che il meccanismo della sospensione del pagamento ex art. 118, comma 3, d.lgs. 163/2006 deve essere ritenuto operare nelle sole ipotesi in cui il rapporto negoziale sia in corso con un’impresa in bonis.