L’atto di citazione invalido come domanda giudiziale può valere come atto di costituzione in mora avente efficacia interruttiva della prescrizione
di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCass., sez. III, 8 gennaio 2020, n. 124, Pres. Sestini – Est. Valle
[1] Effetto interruttivo della prescrizione ex art. 2943 c.c. – Idoneità – Condizioni – Limiti – Fattispecie (artt. 163, 164 c.p.c.; 1219, 2943 c.c.).
L’atto di citazione – anche se invalido come domanda giudiziale e, dunque, inidoneo a produrre effetti processuali – può tuttavia valere come atto di costituzione in mora ed avere, perciò, efficacia interruttiva della prescrizione qualora, per il suo specifico contenuto e per i risultati a cui è rivolto, possa essere considerato come richiesta scritta di adempimento rivolta dal creditore al debitore. (In applicazione del principio, la S.C. ha riconosciuto efficacia interruttiva ad un atto di citazione, nullo per mancanza dell’”editio actionis”, in quanto contenente richiesta di risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c. con indicazione dei soggetti ritenuti responsabili, direttamente o per omesso controllo). (massima ufficiale).
CASO
[1] Il provvedimento in commento trae origine da un ricorso per cassazione proposto avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano confermativa della pronuncia emessa dal giudice di prime cure di rigetto per prescrizione di un’azione risarcitoria promossa ex artt. 2043 c.c. e 164 t.u.f.
Per quanto di interesse nella presente sede, con uno dei motivi del ricorso principale veniva denunciata, in relazione all’art. 360, n. 3), c.p.c., la violazione degli artt. 2943, 1219 c.c. e 164 c.p.c. per avere i giudici di merito ritenuto l’inefficacia, quale atto interruttivo della prescrizione, dell’atto di citazione dagli stessi giudicanti dichiarato nullo per mancanza della editio actionis. Tale atto, infatti, a parere dei ricorrenti conserverebbe pur sempre efficacia interruttiva in base all’art. 2943, quarto comma, c.p.c., quale valido atto di costituzione in mora ex art. 1219 c.c.: tale qualificazione, nel caso di specie, avrebbe evidentemente evitato la prescrizione del diritto al risarcimento del danno azionato dagli attori.
SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte accoglie il ricorso – cassando con rinvio la sentenza impugnata – riconoscendo l’idoneità dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di risarcimento del danno, dichiarato nullo per mancanza degli elementi propri della editio actionis, a interrompere la prescrizione del diritto con esso fatto valere: ciò, in quanto tale atto, dotato degli elementi necessari e sufficienti a tal fine richiesti, e validamente notificato a tutte le controparti, integrerebbe pur sempre un valido atto di costituzione in mora ex art. 1219 c.c. (in senso conforme, nella giurisprudenza di legittimità, già Cass., 7 agosto 1989, n. 3616).
QUESTIONI
[1] La questione affrontata dalla Cassazione nel provvedimento in epigrafe si riassume dunque nella valutazione circa l’idoneità dell’atto di citazione nullo a conservare efficacia interruttiva della prescrizione del diritto con esso fatto valere, in particolare in virtù della possibilità di qualificarlo quale atto di costituzione in mora ai sensi dell’art. 1219 c.c.
Anzitutto, è opportuno ricordare la disciplina predisposta in materia di interruzione della prescrizione che, come noto, rappresenta uno degli effetti sostanziali ricollegati alla proposizione della domanda giudiziale. A tal riguardo dispone l’art. 2943 c.c., il quale pone la regola generale secondo cui la prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio – di cognizione, conservativo o esecutivo -, anche laddove il giudice adito sia incompetente. Inoltre, e per quanto di interesse nella presente sede, al quarto comma di tale norma si prevede che la prescrizione sia interrotta «da ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore».
La disciplina relativa alla costituzione in mora è posta dal già citato art. 1219 c.c., laddove si precisa come essa si effettui «mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto» al debitore.
Nell’ambito di applicazione del menzionato quarto comma dell’art. 2943 c.c., la giurisprudenza ha così potuto ricondurre – sì da considerarla atto di costituzione in mora interruttivo della prescrizione -, pure la domanda giudiziale nulla, alla sola condizione che sussista la prova dell’avvenuta ricezione o conoscenza dell’atto da parte del debitore (così, la già cit. Cass., n. 3616/1989; più recentemente, Cass., 25 maggio 2018, n. 13070 ha precisato come «ciò che sprigiona gli effetti interruttivi-sospensivi ai sensi dell’art. 2945 c.c. non è l’atto interruttivo del processo in sé, bensì tale atto notificato. Il disposto degli articoli 2943 e 2945 c.c. […] non richiede, affinché l’interruzione produca i suoi effetti appieno, che l’atto introduttivo del giudizio notificato rispetti le regole processuali»).
Nel caso di specie, la Cassazione ha provveduto all’esame diretto dell’atto di citazione originario, come detto affetto da nullità, al fine di verificarne l’idoneità a interrompere la prescrizione del diritto al risarcimento del danno oggetto del giudizio. A tal riguardo, è utile ricordare l’orientamento della Cassazione (espresso, tra le altre, da Cass., 28 novembre 2014, n. 25308 e Cass., sez. un., 22 maggio 2012, n. 8077), secondo cui, quando col ricorso per cassazione viene denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento, e in particolare un vizio afferente alla nullità dell’atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti su cui il ricorso si fonda. L’esame dell’atto di citazione originario condotto dai giudici di legittimità ha evidentemente consentito di ravvisare gli elementi necessari e sufficienti per qualificare lo stesso come atto di messa in mora: esso, infatti, conteneva la richiesta di risarcimento dei danni ex artt. 2043 c.c. e 164 t.u.f. con chiara indicazione dei soggetti ritenuti responsabili, ed era stato validamente notificato a tutti i contraddittori. Va detto, peraltro, come permanga un’aporia di fondo, su come possa una citazione nulla per inadeguata editio actionis – e che, come tale, non dovrebbe consentire l’identificazione del diritto azionato – interrompere la prescrizione del diritto, ciò che evidentemente ne presuppone l’identificazione: non resta che ipotizzare che, nel caso di specie. possa esservi uno scarto tra atto di costituzione in mora valido e atto di citazione valido sotto il profilo della editio actionis, nel senso che quest’ultima possa essere inadeguata pur essendo comunque presenti tutti gli elementi di una valida costituzione in mora.
In conclusione, appare allora corretta la decisione assunta, nel senso dell’accoglimento del motivo di ricorso proposto e della cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello milanese.
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