Le ipotesi di esclusione del socio di S.r.l.
di Mario Cascavilla Scarica in PDFTribunale di Milano, Sentenza del 9 gennaio 2020
Parole chiave: società di capitali – società a responsabilità limitata – esclusione del socio – mancata esecuzione dei conferimenti – giusta causa
Massima: “A differenza delle società di persone, nella società a responsabilità limitata la cessazione del rapporto sociale con riguardo ad un socio è possibile solo a) nell’ipotesi – e all’esito del procedimento – previsto per il caso di renitenza del socio al versamento della quota di capitale da lui dovuta (art. 2466 c.c.), b) ovvero quando l’atto costitutivo lo consenta, b.1) ma anche in tal caso in ipotesi specifiche, b.2) che integrino, sotto il profilo contenutistico, una giusta causa di cessazione del vincolo sociale (art. 2473-bis). Al di fuori di tali ipotesi, il singolo rapporto sociale non sarà mai unilateralmente risolvibile per decisione maggioritaria”.
Disposizioni applicate: artt. 2466 c.c. – 2473 bis c.c. – 2286 c.c.
Con la pronuncia in commento, la Sezione imprese del Tribunale di Milano si pronuncia sui limiti entro i quali la attuale disciplina della società a responsabilità limitata consente l’esclusione del socio dalla compagine societaria.
Nel quadro normativo successivo alla riforma del 2003, sotto il profilo dei rapporti interni, la società a responsabilità limitata sembra essersi avvicinata alle società di persone. Il D. Lgs. 6/2003 ha accentuato difatti la caratterizzazione personalistica del tipo societario in discorso, ove il contributo del socio molto spesso si qualifica per le sue qualità personali e professionali, piuttosto che per il valore oggettivo di beni apportati. Tuttavia, l’esclusione del socio non costituisce, neppure nel mutato scenario legislativo, un elemento naturale del rapporto sociale nella S.r.l., essendo consentita in soli due casi: quello della mancata esecuzione dei conferimenti da parte del socio, così come previsto all’art. 2466 c.c., e al ricorrere di una giusta causa di esclusione, qualora espressamente e specificamente prevista nello statuto, come prescrive l’art. 2473 bis c.c..
Diversamente, nella disciplina delle società di persone, l’esclusione può avvenire anche in caso di “gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale”, ex art. 2286 c.c., ossia in virtù di una causa di esclusione generica e facoltativa, concettualmente assimilabile a quella che, in materia contrattuale, consente la risoluzione per inadempimento (Ferri, Comm. Scialoja Branca, p. 245).
Nella fattispecie giudicata dalla sentenza che si commenta, il socio di una S.r.l. ha impugnato una delibera con la quale i soci lo hanno escluso dalla compagine societaria. Il motivo era rinvenibile nell’avere il socio compravenduto un mezzo di proprietà della società, ciò che avrebbe leso gravemente il rapporto fiduciario intercorrente tra socio e società.
Ricorreva, secondo la società, una ipotesi di giusta causa di esclusione.
A propria difesa, nell’ottica di ottenere un provvedimento cautelare di revoca della delibera, il socio ha addotto, tra i diversi argomenti, che la sua condotta non avrebbe integrato una ipotesi di giusta causa di esclusione. Quanto precede poiché, mentre la legge prescrive che la causa debba essere espressamente prevista in statuto, nella fattispecie tale documento avrebbe soltanto previsto che “il socio può essere escluso dalla società al verificarsi delle seguenti circostanze oltre a quelle indicate nell’articolo 2466 c.c.: a) interdizione o inabilitazione …; b) … inadempimento del conferimento d’opera o di servizi …; c) in caso di scomparsa o dichiarazione di assenza (…)”.
Il Tribunale di Milano approcciandosi alla decisione ripercorrere brevemente il quadro normativo in tema di esclusione del socio, chiarendo che, nel contesto delle S.r.l., tale risultato può essere legittimamente raggiunto:
A) In caso di mancata esecuzione dei conferimenti
l’ipotesi di esclusione è quella contenuta all’art. 2466 c.c., che si giustifica guardando all’esigenza di garantire ed assicurare in ogni tempo alla società il conseguimento del valore corrispondente al conferimento, in modo che sia garantito ai terzi l’effettività del capitale sociale. Le maggiori perplessità rispetto all’applicazione di tale norma oggi sorgono in caso di morosità del socio nel conferimento della prestazione d’opera: è discusso, in particolare, se la mancanza, scadenza o sopravvenuta inefficacia della polizza assicurativa o della garanzia atta ad assicurare il rispetto delle future prestazioni possa da sola legittimare l’avvio della procedura di esclusione del socio ex art. 2466 c.c. (di recente, il Tribunale di Roma sembra avere concluso per una soluzione positiva, con sentenza del 22 gennaio 2019).
B) Quando l’atto costitutivo lo consente
l’ipotesi è quella prevista dall’art. 2473 bis c.c., introdotto con la riforma del 2003, che consente ai soci di prevedere nello statuto specifiche ipotesi di “giusta causa” esclusione.
In questo caso, però, l’esclusione sarà valida a patto che
B. 1) l’ipotesi di esclusione sia specificamente prevista
il socio non potrà essere escluso sulla base di un generico principio di giusta causa, ma solo in ragione di una causa specifica, individuata e circoscritta; secondo la giurisprudenza, la specificità deve escludersi “allorché la clausola sia formulata in modo da lasciare ampio spazio alla discrezionalità interpretativa, essendo necessario che lo statuto tipizzi i comportamenti che costituiscono giusta causa di esclusione del socio, giacché altrimenti l’istituto si trasformerebbe in uno strumento, generale e generico, di reazione ad un qualsiasi e non predeterminato contegno del socio, in conflitto con gli interessi sociali”. (Trib. Trento, sentenza del 4 aprile 2013); è dunque essenziale che il socio sia messo nella condizione di sapere preventivamente, con certezza, le condotte e le situazioni suscettibili di determinare la sua esclusione;
B. 2) sotto il profilo contenutistico, l’ipotesi integri una giusta causa di cessazione del vincolo sociale
sicché è essenziale che le ipotesi di esclusione facciano riferimento a circostanze che presentano una gravità tale da giustificare l’esclusione, le quali potranno consistere sia in eventi consistenti in inadempimenti da parte del socio ad obblighi previsti dalla legge o inseriti nell’atto costitutivo, sia in altre circostanze che riguardino la persona del socio.
Sulla base di queste premesse ed in ragione del fatto che la condotta del socio non potesse essere ricondotta a nessuna delle ipotesi di esclusione indicate nello statuto, il Tribunale di Milano ha accolto la domanda cautelare del socio sospendendo l’efficacia della delibera.
A nulla sono valsi, peraltro, i tentativi della società di sostenere una sorta di “legittimità a priori” dell’esclusione, giustificata alla luce della violazione, da parte del socio, del principio generale di buona fede contrattuale, nonché alla luce dell’applicazione di alcuni precetti costituzionali. Ad avviso del Tribunale l’applicazione di questi principi non sarebbe idonea a stravolgere l’equilibrato impianto normativo delineato dal legislatore, che in ogni caso di tali principi risulta rispettoso.