Intestazione di partecipazioni societarie, donazione indiretta ed oneri formali: il pericolo del limitarsi alla lettura delle sole massime giurisprudenziali
di Matteo Ramponi, Avvocato Scarica in PDFCassazione, ordinanza 5 agosto 2019, n. 20888, sez. I civile
DONAZIONE – INDIRETTA – IN GENERE Donazione di denaro finalizzata all’acquisto di partecipazioni societarie – Oneri di forma – Donazione indiretta – Configurabilità – Conseguenze.
Non ricorre il vizio del negozio di donazione per difetto della forma pubblica quando intervenga la cessione di una quota societaria mediante un’apparente vendita, ma in realtà a titolo gratuito, potendo piuttosto ricorrere un’ipotesi di donazione indiretta, che però non esige requisiti formali; nella donazione indiretta, infatti, la liberalità si opera, anziché attraverso il negozio tipico di donazione, mediante il compimento di un atto che, pur conservando la forma e la causa ad esso propria, realizza in via mediata l’effetto dell’arricchimento del destinatario, sicché l’intenzione di donare non emerge in via diretta dall’atto utilizzato bensì, in via indiretta, dall’esame delle circostanze del caso concreto.
Disposizioni applicate
Articoli 769, 782 e 809 cod. civ.
[1] Sul finire degli anni ottanta, Tizione poneva in essere alcune operazioni con i propri figli Caio, Sempronio e Tizia con l’evidente scopo di organizzare il passaggio generazionale delle proprie attività imprenditoriali.
In particolare, per quanto di interesse nella presente sede, veniva costituita la Alfa S.r.l. nella quale Tizione conferiva la propria azienda – di valore superiore al capitale sociale – imputando a riserva il valore eccedente, ma in sostanza andando a coprire la totalità dei conferimenti.
Altre operazioni di trasferimento quote venivano realizzate a favore dei figli, aventi ad oggetto le partecipazioni nelle società Beta s.r.l. e Gamma s.r.l..
Tizia rilasciava, inoltre, procura generale a favore del proprio padre per la gestione delle partecipazioni societarie a lei intestate e, in forza, di detta procura, Tizione stesso procedette, all’inizio del nuovo millennio, a traferire le quote di spettanza di Tizia a favore dei di lei fratelli Caio e Sempronio.
Tizia adiva, dunque, l’autorità giudiziaria al fine di ottenere una declaratoria di nullità o annullamento, per conflitto di interessi ai sensi dell’art. 1394 c.c., dei tre atti di trasferimento, domandando, conseguentemente, la dichiarazione della titolarità delle quote in capo ad essa e la condanna dei convenuti al risarcimento del danno.
Il Tribunale di primo grado, per la parte che qui rileva, dichiarava validamente pervenute a Tizia, per donazione dal padre Tizione, le quote della Alfa e della Beta, annullando i contratti conclusi dal padre con i quali era stato posto in essere il trasferimento delle partecipazioni in queste due società e respingeva, invece, l’azione di caducazione del terzo contratto, avente ad oggetto la quota rappresentativa del 25% del capitale della Gamma s.r.I..
La Corte d’appello riformava, parzialmente, la sentenze di primo grado e, per quanto qui rileva, dichiarava la nullità della donazione del 1988, da Tizione a Tizia, dissimulata sotto l’apparente compravendita della partecipazione rappresentativa del 25% del capitale sociale della Beta s.r.I..
Avverso questa sentenza, Tizia proponeva ricorso in Cassazione cui resisteva con controricorso e proponendo ricorso incidentale Tizione.
[2] Tizia fondava il proprio ricorso su 4 motivi, dei quali i primi tre sono quelli su cui si concentrerà la presente analisi. Con il primo, lamentava violazione degli artt. 782 e 809 cod. civ., per avere la corte d’appello ritenuto che la compravendita della partecipazione della Beta, posta in essere tra Tizione e la figlia Tizia, dissimulasse una donazione diretta della quota, invalida in assenza della forma prevista dalla norma indicata. Il secondo motivo rilevava la violazione degli artt. 1417 e 2725 cod. civ., per aver fondato la dimostrazione della simulazione relativa della cessione di quota della Gamma e della Beta sulla prova testimoniale, in assenza della controdichiarazione scritta, invece necessaria.
Il terzo riguarda la presunta violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere rilevato d’ufficio la simulazione relativa degli atti di compravendita delle quote sociali, avendo, invece, le controparti chiesto solo la simulazione assoluta, domanda avente petitum e causa petendi diverse;
Anche il ricorso incidentale proposto da Tizione si fondava su 4 motivi, ma solo i primi due attengono l’oggetto del presente intervento.
Con tali motivi, egli lamentava violazione e falsa applicazione degli artt. 2721, 2722 e 2725 cod. civ., oltre ad omesso esame di fatto decisivo, in quanto le tre cessioni delle partecipazioni sociali da Tizione a Tizia costituirono meri negozi fiduciari, come risulta dai documenti in atti e dalle stesse ammissioni della controparte; in subordine, rilevava la violazione e falsa applicazione degli artt. 782, 1414, comma 2, 2346, comma 4, 2464, comma 1, e 2699 c.c., 47 L. n. 89 del 1913 (legge notarile), perché anche la donazione operata da Tizione a Tizia in occasione della costituzione della Alfa s.r.l. era diretta, e dunque invalida, come dimostrerebbe la mancanza di proporzionalità tra il conferimento operato dal padre (Lire 9.500.000.000) e la quota al medesimo attribuita (40% del capitale), laddove i figli avevano versato una somma assai inferiore, peraltro fornita loro dal genitore (Lire 108.000.000) ed erano divenuti titolari del capitale residuo (60%). Il controricorrente, in particolare, sottolineava come solo con la riforma societaria del 2003 sono stati ammessi i conferimenti non proporzionali nella s.r.l. e che non rileva la destinazione a riserva del maggior importo versato da Tizione nelle casse sociali; dunque, la quota attribuita a Tizia derivava da una donazione diretta, nulla per mancanza di forma.
[3] La Suprema Corte ha rigettato tanto il ricorso principale quanto quello incidentale, ritenendo, in sostanza, corretta la posizione assunta dalla Corte d’Appello.
In particolare, con riguardo al terzo motivo del ricorso principale, non ha individuato alcuna ultrapetizione con violazione dell’art. 112 c.p.c., laddove il giudice di secondo grado ha qualificato come di simulazione relativa la domanda (subordinata) avente ad oggetto le intestazioni delle quote sociali delle tre società in capo a Tizia.
Invero, al riguardo la corte del merito ha correttamente rilevato come Tizione abbia formulato domanda di simulazione relativa e non assoluta, nonostante la denominazione usata, non avendo chiesto negarsi, in particolare quanto alla Alfa s.r.I., la costituzione della nuova società, ma unicamente di accertare che Tizia non conferì alcunché, e che, dunque, semmai si trattava di accertare l’esistenza di una donazione.
Gli ermellini, al riguardo, evidenziano come il motivo difetti anzitutto di specificità, requisito del ricorso per cassazione a pena di inammissibilità, non riportando l’esatto contenuto delle domande proposte.
La Suprema Corte non prende, poi, specifica posizione sulla qualificazione degli atti di trasferimento delle partecipazioni delle società Gamma e Beta a favore di Tizia, ritenute dal giudice di secondo grado quali donazioni direte dissimulate sotto apparenti negozi di compravendita e, conseguentemente, nulle per mancanza di forma. Gli Ermellini si limitano, infatti, ad evidenziare la non pertinenza dei precedenti giurisprudenziali richiamati dalla ricorrente a sostegno della natura indiretta dei negozi de qua ed a dichiarare il difetto di specificità del secondo motivo di impugnazione rilevando “che i limiti all’ammissibilità della prova per testi sono sottratti al rilievo d’ufficio da parte del giudice, non potendo quindi l’inammissibilità della prova per testimoni della simulazione essere rilevata dal giudice, in assenza di un’espressa eccezione di parte, la quale soggiace al limite della prima istanza o difesa successiva all’assunzione della prova, atteso che la violazione dell’art. 1417 c.c., al pari di quella delle disposizioni di cui agli art. 2721 e 2722 c.c., dà luogo ad una nullità relativa, soggetta al regime di cui all’art. 157, comma 2, c.p.c.. Era dunque onere della ricorrente, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., indicare il luogo ed il tempo della tempestiva deduzione, ai sensi dell’art. 157 c.p.c., della nullità della prova assunta in violazione delle norme invocate”.
[4] Il ragionamento del Giudice di legittimità si fa, invece, più analitico in merito alla qualificazione dell’attribuzione della partecipazione sociale della Alfa srl a favore di Tizia.
Ed è proprio su tale aspetto che il presente contributo vuole porre la maggiore attenzione. Non tanto, o non solo, per le conclusioni cui l’ordinanza giunge; bensì per evidenziare come, in questo caso come altri, la massima ufficiale di una sentenza possa generare confusione e far ritenere che la Cassazione abbia affermato principi di diritto che, ad una più attenta analisi, non si rinvengono nella pronuncia.
Nel testo integrale dell’ordinanza, infatti, viene confermata l’interpretazione data dalla Corte d’Appello, che ha ritenuto l’operazione in oggetto valida, in quanto non configurerebbe una donazione diretta nulla per difetto di forma. Si legge, dunque, che “la corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio, secondo cui nella donazione indiretta la liberalità si opera, anziché attraverso il negozio tipico di donazione, mediante il compimento di un atto che, conservando la forma e la causa ad esso propria, realizza in via mediata l’effetto dell’arricchimento del destinatario, sicché l’intenzione di donare emerge, non già in via diretta dall’atto utilizzato, ma in via indiretta dall’esame delle circostanze del caso concreto, che è compito esclusivo del giudice del merito accertare. Le donazioni di denaro finalizzate all’acquisto di partecipazioni societarie, pertanto, costituiscono donazione indiretta di quel bene, poiché, in presenza di collegamento tra la messa a disposizione del denaro e il fine specifico dell’acquisto del bene, la compravendita costituisce lo strumento del trasferimento del bene, oggetto dell’arricchimento del patrimonio del destinatario”.
Se ci si limitasse alla lettura della massima ufficiale come in principio riportata, si potrebbe ritenere che la Cassazione, oggi, ritenga che la “cessione di una quota societaria mediante un’apparente vendita, ma in realtà a titolo gratuito” sia da ritenersi valida in quanto da qualificarsi come donazione indiretta. L’opinione della Suprema Corte, in realtà e correttamente, è di segno opposto: la compravendita di una partecipazione sociale dissimulante una donazione potrà risultare valida solo se il negozio mezzo utilizzato (vendita) rispetti le prescrizioni formali stabilite dalla legge per il negozio realmente voluto dalle parti (donazione). Tant’è che gli atti di trasferimento delle partecipazioni di Gamma e Beta sono stati ritenuti nulli.
Nel caso, invece, delle partecipazioni della società Alfa, profondamente diversa è la struttura dell’operazione. Non si assiste ad alcun trasferimento diretto da parte del padre a favore dei figli. Al momento della costituzione, egli si è sostituito ai figli nell’obbligo di versamento dei conferimenti corrispondenti alla loro partecipazione, in tal modo realizzando una donazione indiretta.
Non vi è, dunque e contrariamente a quanto si sarebbe portati a credere dalla massima, alcuna valida cessione a titolo gratuito mediante apparente vendita; non vi è alcuna vendita o trasferimento diretto da genitore a figlio.
Centro Studi Forense - Euroconference consiglia