5 Gennaio 2020

La postergazione dei finanziamenti dei soci ex art. 2467 c.c. si applica anche alle S.p.A.

di Eleonora Giacometti, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale di Bologna, Sezione specializzata in materia di imprese, Sentenza n. 265 del 31 gennaio 2019

Parole chiave: finanziamento del socio – postergazione – società per azioni –

Massima: “Il disposto dell’art. 2467 c.c. che prevede nelle S.r.l. la postergazione del rimborso del finanziamento del socio prestato in situazioni che avrebbero richiesto un conferimento è estensibile anche ad altri tipi di società di capitali, quali le S.p.A., perché la “ratio” della norma consiste nel contrastare i fenomeni di sottocapitalizzazione nominale delle società “chiuse”. Tale disciplina deve quindi trovare applicazione anche al finanziamento del socio di una S.p.A., qualora le condizioni della società siano a quest’ultimo note, per lo specifico assetto dell’ente (qualora sia di modeste dimensioni o caratterizzato da una compagine familiare o, comunque, sociale ristretta), o per la posizione dal medesimo rivestita, quando sia sostanzialmente equivalente a quella del socio di una S.r.l“.

Disposizioni applicate: artt. 2467 c.c., 2497 quinquies c.c.,

Con la sentenza in esame il Tribunale delle Imprese di Bologna si è pronunciato in merito alla legittimità di una delibera assembleare con la quale era stato disposto l’azzeramento e la ricostituzione del capitale sociale, attuato mediante la rinuncia da parte del socio di maggioranza ad un proprio credito per finanziamento, senza che lo stesso fosse stato concretamente estinto in applicazione del principio della postergazione di cui agli artt. 2467 e 2497 quinquies c.c. (principio che, appunto, prevede la postergazione dei finanziamenti dei soci rispetto alla soddisfazione degli altri creditori, qualora gli stessi siano stati concessi in un momento di eccessivo sovraindebitamento o in presenza di una situazione finanziaria della società in cui sarebbe stato ragionevole effettuare un conferimento).

La sentenza ricorda innanzitutto la ratio del suddetto principio, finalizzato alla tutela dei creditori terzi e volto a contrastare i fenomeni di sottocapitalizzazione di società “chiuse”, determinati dalla convenienza dei soci a ridurre l’esposizione al rischio d’impresa, ponendo i capitali a disposizione dell’ente nella forma del finanziamento anzichè in quella del conferimento.

Come evidenziato anche dalla Corte di Cassazione, tale ratio è compatibile anche con altre forme societarie, come desumibile dall’art. 2497 quinquies c.c. che estende l’applicabilità della postergazione ai finanziamenti effettuati in favore di qualsiasi società da parte di chi vi eserciti attività di direzione e coordinamento, oltre che dall’art. 182-quater c. 3° legge fall. che, ancora, non fa alcuna distinzione tra i tipi societari, con riferimento alla prededucibilità dei crediti nel concordato preventivo e nell’accordo di ristrutturazione.

Conseguentemente, il principio è stato ritenuto estensibile anche alle società azionarie a condizione, tuttavia, che non venga automaticamente applicato, ma che venga effettuata una valutazione del caso concreto finalizzata a comprendere se, per le modeste dimensioni della società o per l’assetto dei rapporti sociali, i soci finanziatori si possano trovare in posizione simile a quella dei soci finanziatori di una S.r.l. (cfr. altresì, Corte Cass., sentenza n. 16291 del 20 giugno 2018).

L’identità della posizione può infatti affermarsi tutte le volte in cui l’organizzazione della società finanziata possa consentire al socio finanziatore di ottenere informazioni paragonabili a quelle che potrebbe ottenere il socio di una S.r.l., ossia informazioni idonee a far apprezzare l’esistenza di un eccessivo squilibrio dell’indebitamento, ovvero di una situazione finanziaria tale da rendere ragionevole il ricorso al conferimento piuttosto che al finanziamento.

Ciò si verifica quando il socio finanziatore non sia un mero investitore, ma sia titolare di una posizione, non necessariamente dominante, all’interno di una società connotata, ed esempio, da: (i) una base azionaria familiare o ristretta; (ii) la coincidenza delle figure dei soci e degli amministratori o, comunque, (iii) la possibilità per il socio di poter apprezzare compiutamente (analogamente al socio di una S.r.l. tipicamente dotato di poteri di controllo ex art.2476 c. 2° c.c.) la situazione di capitalizzazione della società medesima (come affermato dal Tribunale delle Imprese di Milano con sentenza del 4 giugno 2015).

Affermato il suddetto principio, il Tribunale di Bologna ha infine rilevato che, per consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr., ad es., Cass. Civ., sentenza n. 2758 del 23 febbraio 2012), la parte che ha interesse a far valere la postergazione è gravata dell’onere di provare la sussistenza delle specifiche condizioni di insolvenza societaria descritte dall’art. 2467 c.c., onere che, tuttavia, non è stato assolto nel caso concreto, con conseguente rigetto della domanda attorea.