12 Novembre 2019

Momento perfezionativo dell’accettazione di eredità da parte di minore

di Matteo Ramponi, Avvocato Scarica in PDF

SUCCESSIONI “MORTIS CAUSA” – ACCETTAZIONE DELL’EREDITÀ CON BENEFICIO DI INVENTARIO – CASI OBBLIGATORI – EREDITÀ DEVOLUTE A MINORI O INTERDETTI – Mancata rinuncia all’eredità da parte del legale rappresentante del minore – Diritto del minore divenuto maggiorenne di rinunziare all’eredità – Esclusione – Fondamento.

L’art. 489 c.c. non attribuisce al minore, il cui legale rappresentante non abbia rinunciato all’eredità, il diritto di rinunciarvi al compimento della maggiore età, ma soltanto la facoltà di redigere l’inventario nel termine di un anno dal suo compimento così da garantire la sua responsabilità “intra vires hereditatis”.

Disposizioni applicate

Cod. Civ.: artt. 471, 484, 485, 489

[1] Caia – all’epoca del giudizio di primo grado e dell’introduzione del gravame di appello minorenne – si vedeva condannata, in prime cure, al rilascio di un immobile ed al pagamento di canoni di locazione e indennità di occupazione; fattispecie relativamente alla quale ella aveva invocato la limitazione di responsabilità per aver accettato l’eredità con beneficio di inventario, sebbene non avesse redatto l’inventario stesso.

Anche innanzi alla corte d’appello, non vedeva accolte le proprie istanze.

Il giudice di secondo grado, a sostegno della decisione, considerava che, “essendo all’emissione della sentenza di primo grado in corso il termine per l’inventario, la sentenza di condanna della minore quale erede da parte del tribunale fosse pienamente legittima, dovendo la stessa – in conseguenza dell’accettazione beneficiata – rispondere intra vires o ultra vires, rispettivamente a seconda dell’avere o non avere essa adempiuto all’onere di compiere l’inventario nel termine”.

La corte d’appello ha ritenuto infondato l’argomento dell’appellante secondo cui ex art. 489 c.c., non fosse possibile, pendente il termine dell’inventario, alcuna condanna dell’accettante beneficiata. Ha poi ritenuto che la rinuncia all’eredità successivamente operata dalla minore (nel frattempo divenuta maggiorenne) fosse tamquam non esset, essendo possibile la sola limitazione di responsabilità per chi avesse comunque accettato, se l’inventario fosse stato redatto nel termine.

Caia proponeva ricorso avanti la suprema corte, fondandolo su due motivi.

Con il primo lamentava violazione degli artt. 474 e 484 c.c. e ss., ritenendo che “non sarebbe possibile, pendente il termine dell’inventario, alcuna condanna dell’accettante con beneficio, da considerarsi mera chiamata, acquistandosi la qualità di erede attraverso una fattispecie a formazione progressiva costituita dall’accettazione beneficiata seguita dall’inventario nel termine”.

Riteneva, poi (secondo motivo), che il giudizio di secondo grado fosse da riformare nella parte in cui si riteneva che la rinuncia all’eredità, operata dalla minore, fosse tamquam non esset. Secondo la ricorrente “trattandosi di una fattispecie a formazione progressiva, l’accettazione non si sarebbe compiuta senza inventario, restando la minore semplice chiamata. L’art. 471 c.c., nel disporre che non si possono accettare eredità devolute ai minori e agli interdetti se non con il beneficio, lascerebbe aperta la possibilità che, qualora il legale rappresentante non abbia compiuto l’inventario, trovi applicazione l’art. 489 c.c., che stabilisce che i minori e gli altri incapaci non si intendono decaduti, se non al compimento di un anno dalla maggiore età o dal cessare dell’incapacità. Il minore per il quale sia stata operata accettazione beneficiata, secondo la ricorrente, qualora non compia l’inventario entro l’anno dalla maggiore età, non diverrebbe erede puro e semplice, in quanto ciò contravverrebbe alla ratio protettiva dell’art. 471 c.c.. Anche, dunque, a voler ritenere inefficace la rinuncia effettuata, la ricorrente resterebbe mera chiamata”.

[2] La Corte di Cassazione ha esaminato congiuntamente i motivi, ritenendoli infondati e rigettando il ricorso.

Nel percorso argomentativo a sostegno della propria decisione, gli Ermellini – dopo aver richiamato il beneficio di inventario quale unica modalità possibile di accettazione da parte di minori – affermano che “qualora il genitore esercente la responsabilità sul figlio minore, chiamato all’eredità, o comunque il legale rappresentante, faccia l’accettazione prescritta dall’art. 471 c.c., a ciò autorizzato, ne deriva – diversamente da quanto opinato da parte ricorrente –  l’acquisto da parte del minore della qualità di erede. Se il rappresentante non compie l’inventario – necessario per poter fruire della limitazione della responsabilità – si pone, per i minori e altri incapaci, una particolare ulteriore tutela: l’inapplicabilità della decadenza dal beneficio di inventario così come prevista in generale per i soggetti capaci, prevedendo la norma speciale dell’art. 489 c.c., che i minori, gli interdetti e gli inabilitati non si intendono decaduti dal beneficio d’inventario, se non al compimento di un anno dalla maggiore età o dal cessare dello stato d’interdizione o d’inabilitazione, qualora entro tale termine non si siano conformati alle norme della presente sezione” richiamando ulteriori precedenti giurisprudenziali a sostegno della posizione assunta (Cass. n. 1267 del 27/02/1986; Cass. n. 21456 del 15/09/2017 e, soprattutto, Cass. n. 8832 del 23/08/1999 e Cass. n. 8034 del 19/07/1993 a giudizio della quale “l’art. 489 c.c., non attribuisce al minore, il cui legale rappresentante non abbia rinunciato a suo nome all’eredità, il diritto di rinunciarvi al compimento della maggiore età, ma soltanto la facoltà di redigere l’inventario nel termine di un anno dal compimento della maggiore età, in guisa da garantire la sua responsabilità intra vires hereditatis”.

Secondo i giudici di legittimità, la tesi della ricorrente sarebbe viziata “da una confusione circa il portato della nozione di fattispecie a formazione progressiva, riferita dalla dottrina e dalla giurisprudenza all’accettazione beneficiata (composta da dichiarazione e inventario, solo dopo la progressione verificandosi la limitazione di responsabilità) e non già all’acquisto della qualità di erede (fattispecie che si compie uno actu con la dichiarazione di accettazione con beneficio).

[3] Si può concordare con la Suprema Corte circa la confusione che si rinviene in merito al ruolo occupato dalla redazione dell’inventario nell’accettazione beneficiata ed accogliersi con favore lo pronuncia epigrafata. Ma non può tacersi che la “confusione” in cui si afferma essere incorsa la ricorrente è probabilmente dovuta anche ai precedenti giurisprudenziali della Cassazione stessa.

E’ proprio la Suprema Corta, nella pronuncia n. 9514 del 12 aprile 2017 ad affermare come “nel caso che l’accettazione con beneficio d’inventario costituisce l’unico modo di accettazione previsto dalla legge, come nel caso in esame avente ad oggetto una eredità devoluta a persona giuridica, il mancato perfezionamento del modulo legale non può che importare il non conseguimento dello agognato status di erede” con ciò, evidentemente rigettando l’opinione che vede nella dichiarazione di accettazione il momento in cui si diviene eredi.

Ancora, più di recente, si è statuito che “in tema di accettazione dell’eredità, l’inefficacia giuridica della dichiarazione di accettazione beneficiata non seguita dalla tempestiva redazione dell’inventario, non esclude che, entro il termine di prescrizione e salva la scadenza del termine fissato ai sensi dell’art. 481 c.c., l’ente chiamato all’eredità possa nuovamente dichiarare la sua accettazione con beneficio d’inventario” (così, Cass. Civ., Ordinanza n. 14442 del 27/05/2019). Anche in tal caso, è di tutta evidenza che i giudici ritengano come non acquisita la qualità di erede (diversamente non sarebbe possibile una “nuova” accettazione).

Anche nella Suprema Corte, dunque, sembra rinvenibile la stessa confusione che viene “imputata” alla ricorrente[1].

A ben vedere, le questioni sorgono solo nelle ipotesi di eredità devolute a soggetti che non possono accettare se non con beneficio di inventario (minori, incapaci, persone giuridiche diverse dalle società…). Nelle ipotesi “ordinarie” al mancato compimento dell’inventario nei termini consegue la responsabilità illimitata per i debiti di un’eredità che, senza dubbio, si è già accettata.

Orbene, a giudizio dello scrivente, la previsione normativa che impone la procedura beneficiata ad alcuni soggetti, non può portare a riconoscere una diversa natura giuridica, a seconda dei casi, all’accettazione con beneficio di inventario, istituto tipico ed unico.

Si tratta sì di una fattispecie a formazione progressiva, ma solo relativamente al perfezionamento del beneficio, ossia al fine di ottenere l’effetto di segregazione patrimoniale tipico di esso.

Non possono non riconoscersi effetti autonomi – e indipendenti dalla successiva redazione dell’inventario – alla dichiarazione di accettazione dell’eredità. A tale dichiarazione consegue, necessariamente, l’acquisizione della qualità di erede.

Ne deriva che, in caso di eredi incapaci, qualora l’accettazione con beneficio sia stata effettuata nei termini e secondo le modalità di legge, anche in assenza di redazione dell’inventario, costoro avranno acquisito la qualità di eredi e l’incapace sarà erede beneficiato e potrà adeguarsi, per non decadere, alle norme sul beneficio entro un anno dalla cessazione della causa di incapacità o dal compimento della maggiore età.

Ciò rileva, soprattutto, ai fini della prescrizione del diritto di accettare l’eredità. Se, infatti, la dichiarazione di accettazione dovesse ritenersi non sufficiente a far acquisire lo status di erede in capo al soggetto incapace, costui non potrebbe, qualora fossero passati più di dieci anni tra l’apertura di successione e la cessazione della causa di incapacità, accettare l’eredità  – né con beneficio di inventario, né puramente e semplicemente – poiché il relativo diritto sarebbe prescritto (le norme che prevedono la non decadenza dal beneficio, di certo, non incidono sulla decorrenza del termine prescrizionale). Diversamente ragionando dovrebbe concludersi, come pure si è sostenuto, per l’impossibilità per il minore divenuto maggiorenne di acquistare l’eredità, con la tutela relegata ad un’azione di responsabilità nei confronti dei propri rappresentanti legali per non avere adeguatamente curato i suoi interessi.[2]

[1] Si veda, ancora, Cass. Civ., Sez. 2, sentenza n. 21456 del 15/09/2017: “L’art. 471 c.c., disponendo che le eredità devolute ai minori e agli interdetti non si possono accettare se non con il beneficio di inventario, esclude che il rappresentante legale dell’incapace possa accettare l’eredità in modo diverso, sicché l’eventuale accettazione tacita, fatta dal rappresentante con il compimento di uno degli atti previsti dall’art. 476 c.c., non produce alcun effetto giuridico nei confronti dell’incapace. Tuttavia, se a seguito dell’inefficace accettazione dell’eredità per suo conto fatta dal legale rappresentante il soggetto già minore d’età non provvede- ai sensi dell’art. 489 c.c.- a conformarsi alle disposizioni degli artt. 484 e segg. c.c. entro l’anno dal raggiungimento della maggiore età, rimane ferma con pieni effetti l’accettazione pura e semplice già avvenuta nel suo interesse ed acquistano efficacia anche tutti gli atti inerenti all’eredità accettata posti in essere dal rappresentante legale del minore”.

[2] Sull’argomento si veda, anche, M. Ramponi “L’accettazione di eredità ed il perfezionamento del beneficio di inventario”, in EC Legal del 3 maggio 2017, nota a Cass. Civ. Sezione II, sentenza n. 9514 del 12 aprile 2017