24 Settembre 2019

Gli assetti adeguati e la business judgment rule

di Mario Furno, Avvocato e Professore a contratto di International Business Law presso l'Università degli Sudi di Verona Scarica in PDF

Sentenza n. 5384/2018 pubbl. il 20/11/2018 Tribunale di  Torino Sezione Specializzata in materia di Impresa

Parole chiave: Assetti  Adeguati –  Business Jugdment Rule

Massima: Rientra nei doveri dell’organo amministrativo predisporre un assetto organizzativo amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa e poi agire – assumere decisioni e curarne l’esecuzione, o vigilare che ne sia curata l’esecuzione da parte dei sottoposti – attenendosi alle regole e procedure predisposte. Le scelte operative dell’amministratore sono insindacabili nel merito, secondo la c.d. business judgement rule, salvo il limite della valutazione di ragionevolezza, da compiersi ex ante, e tenendo conto – sempre nell’ordine del limite – della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere

Riferimenti normativi:  art. 2381 commi 3 e 5 c.c (ante riforma); art.2403 (ante riforma); art.375 CCI;  art.3 CCI; art.14 CCI

Caso  Con azione sociale di responsabilità ex art. art.2476 cc.  promossa da due soci di società edile ha contestato agli amministratori, succedutisi nel tempo, di aver proceduto al rimborso in proprio favore spese appostandole nel conto “altri costi del personale”, nonché di aver fatto sostenere alla società spese che risultano non documentate oppure dichiaratamente non deducibili di rilevante entità. Contestava altresì all’AU di aver conferito alla figlia dello stesso incarichi professionali sostanzialmente sovrapponibili con quelli che avrebbe dovuto svolgere l’amministratore, con conseguente insorgenza di danno scaturente dal pagamento del relativo corrispettivo.

Soluzione

La questione riguarda l’obbligo da parte degli amministratori di dotare la società di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato quale principio di corretta amministrazione. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che la mancata osservanza da parte dell’organo amministrativo di procedure contabili ex ante idonee a documentare in modo trasparente le uscite ed a ricostruire a giustificare davanti alla società a posteriori le operazioni fatte fosse conoscibile ed evitabile con l’uso della ordinaria conoscenza. Nel contempo, la determinazione dell’AU di organizzare l’attività facendosi affiancare da una altra figura professionale è stata ritenuta “non irragionevole” dal Tribunale, attesa la contemporanea presenza di diversi cantieri in fase di esecuzione: tale scelta organizzativa compiuta dall’amministratore, avendo natura operativa, è stata definita insindacabile nel merito in ragione della cd. Business Judgment Rule.

Questioni applicate nella pratica

La pronunzia in esame offre l’occasione di affrontare, anche alla luce delle novità introdotte dal CCI, il tema della necessità da parte dell’organo gestorio di dotare la società di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili; offre altresì lo spunto per esaminare se la riforma introdotta in materia dal CCI possa incidere ed in che modo sulla cd. Business Judgment Rule.

Va debitamente premesso che il principio della adeguatezza degli assetti era identificato quale principio di corretta amministrazione già dalla previsione dell’art.2403 c.c.: all’obbligo imposto ex art. 2381 C.c. all’organo gestorio di dotare la società, dapprima, di una struttura organizzativa, amministrativa e contabile adeguata e, successivamente, di darvi esecuzione valutandone l’adeguatezza, corrispondeva l’obbligo del Collegio Sindacale ex art. 2403 c.c. di vigilare sulla effettiva adozione di tali assetti adeguati e sul concreto funzionamento degli stessi trattandosi di “principio di corretta amministrazione”, come enunciato dalla norma stessa.

Secondo autorevole dottrina, il criterio della adeguatezza degli assetti costituiva clausola generale ovvero norma di rango primario connotata di autonoma precettività caratterizzato, come ogni clausola generale, da una variabilità dei contenuti che va declinato in funzione di una serie di parametri attinenti non solo alla specifica attività d’impresa, ma anche al singolo profilo organizzativo, amministrativo e contabile che di volta in volta assume rilevanza. (Meruzzi Giovanni, “L’adeguatezza degli Assetti” in “Assetti adeguati e modelli organizzativi nella corporate governance delle società di capitali, Opera diretta da Maurizio Irrera Ed. Zanichelli)

Data l’impossibilità di definire quindi in modo unitario la nozione di adeguatezza, era opinione comune identificare il dovere di adeguatezza sotto una duplice prospettiva: la prospettiva statica e quella dinamica. All’iniziale dovere dell’organo gestorio di configurare gli assetti adeguati (profilo statico), seguiva il dovere di porre in esecuzione, monitorare e valutare in modo continuativo i presidi organizzativo secondo i principi della proporzionalità, ragionevolezza ed attualità della attività (profilo dinamico) (Meruzzi G., cit.)

In tal senso, la sentenza in esame è un chiaro esempio dell’orientamento consolidatosi in materia: il Tribunale di Torino, infatti, precisa che nel caso in esame si discute della mancata osservanza (profilo statico) da parte dell’organo amministrativo di procedure contabili idonee ex ante a documentare in modo trasparente le uscite e a giustificare di fronte alla società le operazioni eseguite. Il Tribunale rileva che la mancanza, nel caso in esame, aveva caratteristiche tali da essere conosciuta e comunque conoscibile da parte degli amministratori, atteso che la mancata adozione di una procedura adeguata a giustificare le spese era conclamata, persistente nel tempo e risultava relativa a importi contenuti, ma non trascurabili avuto riguardo alla dimensione dell’impresa.

Ne scaturisce quindi la responsabilità dell’organo gestorio, il quale in ragione della ordinaria diligenza avrebbe dovuto monitorare le procedure contabili adottate dalla società e, rilevata la mancanza, intervenire in modo efficace (profilo dinamico).

Nel contempo, il Tribunale di Torino riconosce all’organo gestorio di aver rispettato il principio della adeguatezza degli assetti laddove afferma che la presenza di diversi cantieri in esecuzione e le necessità da questi derivanti (profilo statico) può identificare come ragionevole la scelta dell’amministratore di dotare la società di più figure professionali seppur simili (profilo dinamico).

L’esame della disciplina introdotta dal CCI evidenzia una valorizzazione del principio dell’adeguatezza degli assetti tale, come in seguito si dirà, da divenir esso stesso parte della definizione dell’attività di impresa.

A differenza dell’art. 2381 c.c., l’art.375 del CCI, nel richiamare l’art.3 del CCI (“Doveri del Debitore”), precisa in modo esplicito che la dotazione degli assetti organizzativo è un dovere gestionale dell’imprenditore (in forma societaria o collettiva) (Riolfo Gianluca, Il codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza e le modifiche al codice civile: il diritto societario tra “rivisitazione e restaurazione”, Contratto e Impresa 2/2019 Cedam Wolker Kluwer). Ma non solo. Il dovere di configurare e dotare la società di assetti adeguati trova espressa specificazione nella previsione dell’art. 375 del CCI non solo in relazione alla natura e alle dimensioni dell’impresa, ma anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonchè del dovere di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

Sotto il profilo dinamico, a differenza della previsione di cui all’art.2381 c.c., l’art. 14 del CCI esplicitamente impone all’organo amministrativo di procedere senza soluzione di continuità a valutare l’adeguatezza degli assetti: la norma infatti impone all’organo di controllo della società, tra l’altro “l’obbligo di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente, assumendo le conseguenti idonee iniziative, se l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato…

L’assetto organizzativo è infatti, ai sensi dell’art.12 CCI, uno degli strumenti di allerta della precrisi, dato che gli obblighi (o presidi) organizzativi interni sono espressamente previsti quali strumenti di allerta volti alla tempestiva emersione dello stato di crisi dell’impresa ed alla sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione. In tal senso, come correttamente evidenziato, gli adeguati assetti organizzativi aziendali rappresentano le fondamenta su cui poggia l’intero sistema di early warning attraverso un connotato più dinamico, incentrato soprattutto sulla condivisione più efficiente dei flussi informativi (Guiotto Alberto, I sistemi di allerta e l’emersione tempestiva della crisi, Il Fallimento 4/2019 pag. 409).

Dal quadro così delineato, scaturente dalla disciplina introdotta dal CCI, emerge anzitutto che il criterio della adeguatezza degli assetti organizzativi non è solo principio di corretta amministrazione, ma elemento stesso configurante il concetto di attività di impresa come evincibile dalla nuova formulazione dell’art. 2086 Cc, oltre che strumento di allerta della precrisi.

Ne consegue, inoltre, che sia sotto il profilo statico che dinamico il criterio risulta accresciuto e certamente esteso nel suo contenuto. Sotto il profilo statico è dovere dell’amministratore è configurare per la società un assetto organizzativo amministrativo e contabile rivolto non solo alla attività ma anche alla rilevazione e reazione tempestiva della emersione della precrisi ed alla adozione di idonee misure per superare la crisi. Sotto il profilo dinamico, l’organo gestorio dovrà dotare e valutare costantemente se l’assetto così configurato si riveli adeguato sia alla attività della impresa che alla tempestiva rilevazione in via anticipata della crisi ed alla pronta reazione.

Rimane quindi da verificare se e come, in relazione al criterio della adeguatezza degli assetti, l’imprenditore potrà proteggere le proprie scelte gestionali invocando la cd. Business Judgment Rule, ossia la non sindacabilità nel merito delle scelte da lui operate, con ciò quindi sottraendosi ad un giudizio di responsabilità.

A tal proposito si rammenta che la insindacabilità delle scelte gestionali può essere opposta se le scelte sono conformi alla legge e allo statuto sociale, non contaminate da situazioni di conflitti d’interesse dei gestori, assunte all’esito di un procedimento di assunzione d’informazioni propedeutiche alla decisione gestoria adeguato alle dimensioni dell’impresa e all’incidenza della decisione sul suo patrimonio, razionalmente coerenti con le informazioni e le aspettative di risultato emerse dal procedimento istruttorio. Il limite a tale regola è identificato dalla Corte di Cassazione (Cass. Civ. 15470/2017) identificata nella valutazione della ragionevolezza delle scelte gestionali stesse da compiersi sia ex ante, secondo i parametri di diligenza del mandatario, alla luce dell’art. 2392 c.c. (nel testo applicabile ratione temporis), sia tenendo conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell’apprezzare i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere.

E’ indubbio, sotto il profilo statico, che la mancata configurazione e dotazione di assetti adeguati sfugge alla regola della Business Judgment Rule, poiché configura una violazione ad un espresso dovere di gestione. In tal senso il Tribunale di Milano, Sezione Specializzata in Materia di Impresa nell’Ordinanza 21.04.2017 già aveva identificato quale grave irregolarità giustificante la revoca la mancata istituzione di adeguati assetti organizzativi.

Sotto il profilo dinamico, invece come osservato, il come in concreto strutturare gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili della società, al fine di soddisfare il criterio dell’adeguatezza in funzione delle due dimensioni normativamente rilevanti della natura e dimensione dell’impresa, rimane una scelta afferente, in ultima istanza, al merito gestorio. Per essa vale quindi il criterio dell’insindacabilità delle scelte gestorie, ma nei limiti in cui la scelta effettuata non sia ab origine connotata da un’oggettiva imprudenza in relazione al quadro concreto di riferimento, tenuto conto dei generali doveri di adozione delle cautele e di effettuazione delle verifiche che, in base alla diligenza richiesta dalla natura dell’incarico, appaiano necessarie per assumere la decisione gestoria (Meruzzi G., cit.).

Più in particolare, la valutazione del giudice, compiuta ponendosi ex ante, dovrà aver ad oggetto non solo la congruità della scelta organizzativa e la correttezza del procedimento decisionale seguito, ma anche il contenuto del singolo atto e le sue implicazioni in ordine alla inerenza di tale atto al contesto imprenditoriale di volta in volta in esame (Ambrosini Stefano, La responsabilità degli amministratori, in Abriani, Ambrosini, Cagnasso, Montalenti (a cura di), Le società per azioni in Tratt. Cottino IV/1 Padova 2010, p. 664).

Tuttavia, in relazione alla prevenzione dell’insolvenza, la discrezionalità dell’imprenditore risulterà certamente limitata in considerazione dei meccanismi di allerta interna ed esterna previsti dal Codice della Crisi nonché del monitoraggio degli indicatori a tal fine rilevanti (Abriani Niccolò e Rossi Antonio, “Nuova Disciplina della Crisi d’impresa e modificazione del codice civile: prime letture, Le Società 4/2019).

Tale conclusione dovrà riferirsi anche obbligo di valutare costantemente l’adeguatezza degli assetti: la valutazione costante, infatti, imposta inerirà anch’essa al merito gestorio sotto il profilo del come e quando, incontrando il limite delineato dal principio della diligenza e della corretta amministrazione, oltre che dalla necessaria funzionalità della adeguatezza degli assetti al tempestivo accertamento e contrasto della crisi.

Considerato infine che il criterio della adeguatezza degli assetti è ritenuto quale strumenta di allerta, va segnalata la posizione di chi ritiene concretizzato in sé il mancato rispetto del principio allorquando la crisi venga attivata tramite gli altri presidi identificati dal legislatore: in tal caso, anche a parere di chi scrive, l’emersione della crisi scaturente da altri presidi implica la fallacità dell’adeguatezza dell’assetto in relazione a tale obbligo, con conseguente in linea astratta con conseguente sottrazione delle scelte imprenditoriali alla Business Judgment Rule.