Ricorso in Cassazione e rimessione in termini ai fini della prova della tempestività della relativa notifica
di Massimo Montanari, Professore ordinario di Diritto processuale civile e di diritto fallimentare – Università degli Studi di Parma Scarica in PDFCass., ord., 28 marzo 2019, n. 8641; Pres. Campanile – Rel. D’Orazio
Impugnazioni civili – Ricorso per cassazione – Notifica – Omesso deposito dell’avviso di ricevimento entro l’udienza di discussione – Rimessione in termini – Condizioni – (C.p.c. artt. 153, 291; L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 6)
[1] Ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione la prova dell’avvenuto perfezionamento della notificazione a mezzo posta dello stesso deve essere data tramite la produzione dell’avviso di ricevimento entro l’udienza di discussione, che non può essere rinviata per consentire all’impugnante di effettuare tale deposito, in contraddizione con il principio di ragionevole durata del processo, sancito dall’art. 111 Cost., ferma la possibilità per il ricorrente di chiedere ed ottenere la rimessione in termini, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere, a norma dell’art. 6, comma 1, della l. n. 890 del 1982, un duplicato dell’avviso stesso. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto, in quanto il ricorrente aveva richiesto all’amministrazione postale il rilascio del duplicato della ricevuta di ritorno solo dopo sei anni dalla data di spedizione dell’atto, senza verificare in precedenza la sorte del plico postale).
CASO
[1] Alla vigilia dell’udienza camerale fissata per la trattazione di un ricorso portato al suo esame, la Corte di cassazione ha ricevuto un’istanza di rimessione in termini, avanzata da parte ricorrente, ai fini, primariamente, della rinnovazione della notifica del ricorso e, in subordine, della prova dell’avvenuto e tempestivo perfezionamento della notificazione originariamente eseguita: prova da somministrare mediante la produzione in giudizio del duplicato dell’avviso di ricevimento del ricorso trasmesso a suo tempo a mezzo raccomandata, fatto oggetto di richiesta, tale duplicato, all’Amministrazione postale nei modi regolati dall’art. 6, l. 20 novembre 1982, n. 890.
La Corte ha giudicato insussistenti gli estremi per poter provvedere nel senso indicato dal ricorrente; e, assodato su quella base come non potesse ritenersi conseguita la prova dell’avvenuta notificazione in terminis del ricorso introduttivo, ha respinto quest’ultimo siccome inammissibile.
SOLUZIONE
[1] Il ragionamento che ha consentito al giudice di legittimità di pervenire alla conclusione testé riferita, può essere articolato come segue.
Premesso come non potessero, nella specie, reputarsi sussistenti i presupposti legittimanti la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.; e così stabilito, pertanto, che, persistendo il ricorrente nell’aspirazione ad una pronuncia sul merito del gravame interposto, quella della remissione in termini si sarebbe profilata come la via obbligata da percorrere: la Corte ha in certo senso invertito l’ordine logico delle questioni, sottoponendo anzitutto ad esame l’istanza di restituzione nei termini formulata in subordine, ossia, come dianzi riportato, ai fini dell’acquisizione della prova documentale attestante l’avvenuta e tempestiva notifica del ricorso.
In proposito, il supremo giudice rammenta che, se la legge non prescrive che al deposito di quel supporto documentale si debba far luogo unitamente a quello dell’atto d’impugnazione, esso, però, soggiace a un preciso limite, rappresentato dall’udienza di discussione. E il ricorrente che non sia in grado di assolvere al proprio onere probatorio nel rispetto di quel limite, non può limitarsi a chiederne lo spostamento, ovverosia a chiedere un mero rinvio dell’udienza, cui drasticamente osta il principio di ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost.: deve necessariamente adire le vie della rimessione in termini di cui all’art. 153 c.p.c. Il problema è, però, che, nel caso di specie – notificazione a mezzo posta e mancata restituzione al notificante dell’avviso di ricevimento, con annessa necessità, per quello stesso soggetto, di procurarsi un duplicato dell’avviso in oggetto mediante richiesta all’operatore postale nei modi di cui al citato art. 6 l. n. 890/1982 -, è principio saldamente acquisito che le vie della rimessione in termini siano proficuamente percorribili solamente in quanto la parte interessata possa allegare di essersi tempestivamente attivata ai fini del rilascio del duplicato de quo: ciò che, nella fattispecie, risultava escluso addirittura per tabulas, dal momento che la richiesta inoltrata a quel fine all’Amministrazione postale recava una data di oltre sei anni successiva a quella di spedizione del plico contenente il ricorso di legittimità.
La Corte non si è, viceversa, misurata direttamente con la richiesta, esperita in via principale, di rimessione in termini per la rinnovazione della notifica del ricorso, limitandosi, a questo riguardo, a richiamare quell’altro suo insegnamento, di portata più generale, per cui, nell’ipotesi di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, quest’ultimo, ove intenda conservare gli effetti della richiesta originaria, è tenuto a riattivare il procedimento notificatorio con assoluta immediatezza, senza, tendenzialmente, superare il limite temporale pari alla metà dei termini di cui all’art. 325 c.p.c. Il principio non si attaglia esattamente alla fattispecie in rassegna. Ma lecito è pensare che, nel rinviare ad esso, la Corte abbia inteso applicarne alla fattispecie la ratio, così che l’immediatezza dell’attivazione di parte, nel rispetto dello stringente limite temporale di cui appena si è detto, abbia a condizionare non soltanto la proficuità della ripresa di un procedimento notificatorio dianzi non giunto a buon fine ma altresì l’accoglibilità dell’istanza di rimessione in termini che si renda del caso, a quello scopo, necessaria: quanto, nel caso di specie, non poteva che condannare all’insuccesso l’iniziativa spiegata a tal fine dal ricorrente, anche sotto questo profilo colpevole di aver atteso oltre sei anni prima di mettersi in moto per la tutela delle proprie ragioni.
QUESTIONI
[1] Volendo ricapitolare i princìpi, ben radicati nella giurisprudenza di legittimità, di cui la presente ordinanza si lascia apprezzare come naturale reductio ad consequentias, essi possono essere così messi in fila: a) la rinnovazione della notificazione può essere ordinata ai sensi dell’art. 291 c.p.c. allorché la notifica si presenti affetta da un vizio di nullità e non quando se ne debba affermare la radicale inesistenza, come invero predicabile, nelle ipotesi di notifica a mezzo posta, allorquando sia mancata la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento (così, da ultima, Cass. 27 ottobre 2017, n. 25552; Cass. 1° ottobre 2015, n. 19623); b) la prova, per il tramite del deposito dell’avviso di ricevimento, dell’avvenuto perfezionamento della notifica a mezzo posta del ricorso in cassazione può essere offerta sino all’udienza di discussione ex art. 379 c.p.c. ovvero sino all’adunanza camerale di cui al successivo art. 380-bis (Cass., Sez. un., 12 maggio 2010, n. 11429); c) nelle ipotesi in cui sia mancata o non sia possibile la produzione all’udienza dell’avviso di ricevimento comprovante il perfezionamento della notificazione eseguita a mezzo del servizio postale, non può essere accolta l’istanza di mero rinvio dell’udienza medesima, per irriducibile contrasto con il principio costituzionale di ragionevole durata del processo (Cass. 28 aprile 2011, n. 9453); d) la parte che sia costretta a chiedere la rimessione in termini per poter utilmente fornire la prova dell’avvenuta notifica di un suo atto processuale, è tenuta a dimostrare, ove debba servirsi a quel fine del duplicato dell’avviso di ricevimento rilasciato dall’Amministrazione postale a norma dell’art. 6 l. n. 890/1982, di essersi tempestivamente attivata presso detta Amministrazione allo scopo di procurarsi quel documento (Cass. 1° ottobre 2018, n. 23793; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26108); e) nel caso in cui la notifica di un determinato atto di gravame non sia andata a buon fine per ragioni non imputabili alla parte richiedente, questa, appreso dell’esito negativo, può conservare gli effetti legati alla richiesta originaria ma solo attivandosi con assoluta immediatezza per riprendere il procedimento notificatorio, come esclusivamente potrebbe dirsi allorché tale attivazione sappia mantenersi entro il limite di tempo della metà dei termini di cui all’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data rigorosa prova (Cass., Sez. un., 15 luglio 2016, n. 14954).
Ben poco rimane da aggiungere a questo complessivo riguardo. Tutti i princìpi appena passati in rassegna appaiono, chi più chi meno, individuare un soddisfacente punto di equilibrio tra le opposte ragioni della celerità del processo e della garanzia dei diritti di azione e difesa delle parti; e, come tali, vanno recepiti, senza lasciare spazio ad obiezioni o rilievi di tenore meramente formalistico.