I 5 sensi della comunicazione
di Amalia Di Carlo - Ufficio stampa di Marketude Scarica in PDFVista, udito, olfatto, gusto e tatto. Cinque sono i sensi che abbiamo a nostra diposizione per esplorare, imparare, ricordare, conoscere, ma anche per farsi conoscere.
E allora perché limitarsi, all’interno della comunicazione di uno studio professionale, ad utilizzarne solo uno o un paio di essi e non cogliere invece tutte le potenzialità del quintetto, per ottimizzarle e declinarle all’interno di un piano di comunicazione efficace.
Vista
Senza dubbio, nell’ambito di un progetto di comunicazione di uno studio professionale, non si può prescindere dal dare la giusta attenzione alla vista, e per vista intendo: da una parte l’immagine e dall’altra il materiale redatto.
Ma analizziamoli uno alla volta.
Curare l’immagine, coordinare i materiali, vestirsi con un logo e mantenere aderenza al progetto è per uno studio, il primo passo da compiere verso l’istituzionalizzazione del proprio brand. Nel momento in cui si intraprende un percorso di lancio sul mercato o restyling, è essenziale che il nome, il logo, la scelta dei materiali di presentazione, il sito, le pagine social, siano allineate ed esprimano i valori portanti del progetto di studio; fatto questo primo passo, bisogna continuare a percorrere il sentiero intrapreso e mantenere saldi i pilastri base della propria immagine, senza sbavature. Se si è scelto di indossare un tight, non ci si può far sorprendere in canotta e bermuda!
A questo deve essere allineato tutto il materiale che viene prodotto per iscritto: dai testi per il sito alla brochure, ai post sui social, fino agli articoli a firma, e alle interviste rilasciate.
Il tone of voice deve essere direttamente collegato al proprio abito e mantenere il medesimo stile. Per questo è importante non solo pianificare i contributi, e selezionare gli argomenti più coerenti alla propria specializzazione, ma come sempre sottolineo, anche i canali sono importanti e vanno individuati con la massima attenzione.
Udito
Bisogna far sentire la propria voce. In primo luogo il “far sentire la propria voce” impone anche di prendersi “il rischio” di esporsi, esprimere pareri controcorrente, analizzare eventi e normative, anche con occhio critico; non uniformandosi necessariamente al parere dei più, ma prendendo il coraggio a quattro mani e provando a esprimere opinioni fuori dal coro. In molti apprezzeranno!
Un modo per farlo può anche essere quello di ideare un palinsesto di podcast, attraverso i quali, non soltanto in senso figurato, ma si può effettivamente far sentire la propria voce, costituendo un canale diretto con il proprio “pubblico”!
Farsi sentire è anche non limitarsi e affidarsi sempre al canale della posta elettronica per comunicare sia con i clienti, che con i colleghi. La cara vecchia telefonata fa sempre molto piacere; ai clienti, in prima battuta, che, in questo modo, apprezzeranno la vostra premura anche semplicemente nel chiedere se possono aver bisogno della vostra consulenza, e si sentiranno più coinvolti e vicini a voi; ma questo principio vale anche per i colleghi con i quali, a volte, è più semplice, e meno oggetto di possibili fraintendimenti, spiegarsi vocalmente.
Olfatto
In questo caso voglio soprattutto sottolineare il fiuto. È di vitale importanza per la sopravvivenza e l’evoluzione di uno studio assecondare l’istinto, soprattutto dei professionisti più esperti, nell’intercettare nuovi trend, settori di sviluppo e mercati. A volte seguire, ed emulare, l’esempio di altri, non solo è controproducente, ma diventa addirittura deleterio per uno studio, che, in questo modo, perde la propria anima per adeguarsi a ciò che accade. Diventa invece più stimolante e soddisfacente intercettare nuovi percorsi, anticipare i tempi, proporre ai clienti soluzioni alternative, espandersi verso nuovi mercati (poco battuti). A costo di sfidare i luoghi comuni ed essere una sorta di “Cassandra”, ma si deve seguire il proprio fiuto, assecondare quelle percezioni che a volte conducono verso luoghi inesplorati, ma che in quanto tali possono vedervi come protagonisti assoluti.
Gusto
“Gli uomini si prendono per la gola” e per uomini intendo il genere umano, sia maschile che femminile. Non sottovalutate mai questo aspetto!
Un invito a colazione può essere il modo più elegante per agganciare una persona e in un contesto piacevole, quale quello del pranzo, nel quale è facile dialogare in un’atmosfera più rilassata, scambiarsi impressioni e lasciar intuire la propria abilità nello svolgere la professione, con battute mirate, ma mai autocelebrative. Ma attenzione: l’invito può trasformarsi in un’arma a doppio taglio. Scegliere accuratamente la location e la tipologia di piatti proposta è fondamentale. Accertatevi di eventuali intolleranze o delle necessità religiose dei vostri ospiti.
Invitare a pranzo una persona che professa l’Islam, in pieno Ramadan, per esempio, non è la mossa più felice del mondo! O proporre un menù a base di pesce a chi ne fosse intollerante; solo per fare qualche esempio.
Ma il gusto non è legato soltanto al palato, ma all’avere buon gusto, per esempio nei modi.
Tenere sempre a mente le buone maniere, l’eleganza nei modi, non è mai un errore.
Troppo spesso per la fretta, per il raggiungimento dell’obiettivo si tralasciano i buoni costumi preferendo l’irruenza, che in alcuni casi però è sinonimo di maleducazione. Ripassiamo il galateo, e abbondiamo con i grazie e i per favore, che in ogni caso non sono mai troppi.
Tatto
Diciamo che questo, dati i tempi, non è proprio il momento più opportuno per stringere le mani, salvo avere con sé, da utilizzare prontamente, una buona dose di igienizzante.
Ma in linea di massima il tatto, il contatto, la presenza fisica, aiutano a consolidare le relazioni, rafforzarle, far percepire la propria presenza costante.
Per questo l’andare a incontrare direttamente i clienti in azienda e costatare di persona le dinamiche, è molto utile per far capire che non si è soltanto professionisti “da scrivania” ma che è importante essere dei partner strategici e accompagnare i clienti in tutte le fasi della vita aziendale. Solo con una costante partecipazione diretta, questo lo si può mettere in atto.
Altro aspetto importante dello stringere mani è quello delle alleanze, delle partnership.
Uno degli elementi sicuramente da coltivare all’interno di uno studio, per il suo sviluppo, è quello di allargare la propria cerchia di cooperazione prendendo parte, ad esempio, a network, siglando accordi con studi che magari sono specializzati in altri rami del diritto, firmare partnership con altre tipologie di professionisti, in modo tale da offrire ai propri clienti la possibilità di potersi affidare a voi anche per competenze non direttamente vostre, ma che tramite le vostre alleanze potete fornire e garantire.
Vista, udito, olfatto, gusto, tatto. Non privilegiate nessuno di questi sensi, ma armonizzateli, utilizzateli al pieno delle possibilità, sfidateli. Ma senza dimenticare il sesto senso.
Quel pizzico di mistero, che vi permetterà di intuire strade impervie, dissuadendovi dal percorrerle ed evitando, così, di inciampare!
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