2 Febbraio 2021

Sulla labile distinzione tra documenti giuridicamente esistenti e inesistenti ai fini della contestazione dei fatti ex art. 115 c.p.c.

di Marco Russo, Avvocato Scarica in PDF

Cass., sez. VI., 3 dicembre 2020, n. 27624 Pres. Amendola, Rel. Cricenti

Procedimento civile – Prova documentale – Fatto – Allegazione – Onere di contestazione – Onere della prova (C.c. artt. 2697, 2702; C.p.c. artt. 115, 116)

In tema di prova documentale, l’onere di specifica contestazione dei fatti opera soltanto nei confronti dei documenti provvisti dei requisiti minimi per essere considerati giuridicamente esistenti (nel caso di specie, la Corte ha ritenuto documento giuridicamente esistente un “preventivo in originale completo di ogni elemento identificativo”, e sulla base di tale qualificazione ha concluso che l’omessa contestazione degli elementi risultanti dal preventivo avesse efficacia ex art. 115 c.p.c. sull’accertamento dei fatti ivi attestati).

CASO

La semplice vicenda processuale che ci occupa vede una società, proprietaria di un autocarro danneggiato durante il transito sotto un ponte posto su strada comunale, citare l’Amministrazione per sentirla condannare al risarcimento del pregiudizio causato dall’omessa segnalazione dell’altezza massima consentita.

Il tribunale, disattendendo le difese del convenuto secondo il quale la responsabilità esclusiva o almeno prevalente avrebbe dovuto rinvenirsi nell’eccessiva velocità del conducente, accoglie la domanda per un importo di poco inferiore a quello richiesto dall’attrice, e provato sulla base di un semplice preventivo.

Il giudizio d’appello, introdotto dal Comune, confermava l’accertamento dell’an della responsabilità ma riduceva il quantum risarcitorio; ciò induceva la società ad impugnare la sentenza per cassazione lamentando, essenzialmente, l’errore consistito nel mancato rilievo del fatto che il Comune, in primo grado, non aveva specificamente contestato l’ammontare del danno, essendosi invece limitato all’apodittica affermazione dell’eccessività della richiesta di risarcimento, e, per tale ragione, la Corte d’appello non avrebbe potuto rimettere il discussione la quantificazione.

SOLUZIONE

La Cassazione accoglie l’impugnazione rilevando che “una contestazione solo generica ed anzi contraddittoria in primo grado comport[a] una acquiescenza che non può essere poi messa in discussione con l’appello”, atteso che “la violazione dell’onere […] di prendere posizione in maniera specifica e non limitarsi ad una generica contestazione ha come conseguenza che non solo l’attore viene esonerato dalla prova del fatto non contestato, ma che non è ammessa una contestazione specifica successiva, ossia fuori termine”.

Nel caso di specie, a giudizio della Corte il Comune non aveva svolto una contestazione specifica dell’ammontare del risarcimento richiesto e “anzi, negli atti difensivi del primo grado ha ritenuto che la responsabilità del conducente, per velocità eccessiva, si poteva dedurre dall’entità dei danni riportati dal veicolo, con ciò ammettendo che tali danni erano, per l’appunto, ingenti”.

Né, sempre secondo l’opinione espressa dalla Corte, è accoglibile l’argomento svolto dal Comune in controricorso, per cui la prova che la società attrice aveva addotto in primo grado era un preventivo, e “poiché il preventivo non è prova, ciò rendeva superfluo contestarlo”: secondo la Cassazione infatti il preventivo è un documento “giuridicamente esistente”, e dunque le sue risultanze, se non specificamente contestate, devono essere poste a fondamento della decisione ex art. 115 c.p.c.

QUESTIONI

L’interessante distinzione richiamata dalla decisione in esame – tra documenti giuridicamente esistenti (in quanto tali, sottoposti all’onere di contestazione) e inesistenti (perciò svincolati da tale onere, ed esemplificati dalla sentenza, in via di obiter dictum, in una “fotocopia incompleta di un atto non sottoscritto”) non trova fonte in Cass., 15 maggio 2013, n. 11765, pure citata in sentenza quale presunto precedente, a propria volta invocato dal Comune resistente nelle difese esperite nel giudizio di legittimità, della tesi per cui sussisterebbe “l’onere di specifica contestazione solo se il documento da contestare è giuridicamente esistente: si trattava di fotocopie non firmate ed incomplete nel contenuto”.

La sintesi operata dalla Cassazione nella motivazione della sentenza in commento fa dire troppo alla decisione del 2013, che non trattava del tema della non contestazione e si limitava invece a confermare (non rilevando, nella sentenza impugnata, l’illogicità lamentata dal ricorrente sulla base della precedente formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.) la motivazione adottata dal giudice d’appello per negare rilievo probatorio, a prescindere dalla contestazione o meno del suo contenuto, ad un preventivo che non solo non era stato “confermato dal suo autore” (si deve presumere, sentito come testimone), ma era stato anche  contraddetto da altri rilievi probatori.

La precisazione della Corte, per cui “il convenuto non ha l’onere di prendere specifica posizione su documenti che non hanno i requisiti minimi per essere considerati tali, condizione questa che precede quella del loro valore probatorio, attenendo alla loro stessa natura giuridica di documenti”, si presta in realtà ad alcuni spunti critici.

Il primo attiene alla soggettività del giudizio sull’assenza dei requisiti minimi affinché, per utilizzare le parole della Corte, il supporto documentale possa essere considerato “giuridicamente esistente”.

Nulla quaestio infatti (ma, come si vedrà, la soluzione non sembra necessariamente transitare dall’applicazione dell’art. 115 c.p.c.) laddove la mancanza degli elementi essenziali è lampante, come è nel caso della “fotocopia incompleta di un atto non sottoscritto”.

In tale ipotesi, estremizzata dalla Corte nell’unico esempio fornito in motivazione, apparirebbe infatti corretta la scelta del giudice del merito di frustrare la pretesa della parte a veder riconosciuto, sulla base della non contestazione del contenuto dello scritto, un significato probatorio al documento. Quest’ultimo risulterebbe infatti prodotto in forma soltanto parziale (il ché, in assenza di deduzioni avversarie sul contenuto ipoteticamente rilevante della parte omessa, potrebbe non rilevare), ma soprattutto (i) sprovvisto di un requisito dichiarato implicitamente essenziale dall’art. 2702 c.c., ossia la sottoscrizione del dichiarante (così, in dottrina, Carpino, voce “Scrittura privata”, in Enc. dir., XLI, Milano, 1989, 805; Irti, Idola libertatis, Tre esercizi sul formalismo giuridico, Milano, 1985, 24; Morello, voce “Sottoscrizione”, in Nss. Dig. It., XVII, Torino, 1957, 1031 che vede nel segno nominale la “chiave di volta dell’intero sistema della scrittura privata”; per altri riferimenti dottrinali v., si vis, Russo, La scrittura privata in senso stretto, in Il documento nel processo civile, a cura di A. Ronco, Bologna, 2011, 73 ss.); e (ii) processualmente irrilevante, qualora, a seguito del (tempestivo, ossia, in applicazione analogica degli artt. 214 s. c.p.c., nella prima udienza o difesa utile: Cass., 18 giugno 2020, n. 11896) disconoscimento della conformità della copia all’originale ex art. 2719 c.c., l’originale stesso non sia stato ritualmente depositato (come si deve immaginare che la Corte abbia presupposto, nel precisare di riferirsi ad una “fotocopia”).

I problemi sorgono quando sia oggettivamente discutibile se il documento presenta o i predetti “requisiti minimi”: si pensi, per una fattispecie affine a quella esaminata nella sentenza, ad un preventivo non formalmente sottoscritto da alcuna persona fisica ma riportante un timbro o redatto su carta intestata del soggetto che rende la dichiarazione.

In tali ipotesi (diverse da quella in cui più radicalmente difetti, oltre alla sottoscrizione, qualsiasi indizio di paternità del documento diverso dall’affermata autografia nel testo, nel qual caso la giurisprudenza propende per l’inutilizzabilità processuale della scrittura, anche in assenza di disconoscimento: Cass., 16 agosto 2004, n. 15949), la distinzione pare foriera di incertezze applicative non conformi alla ratio dell’istituto di cui all’art. 115 c.p.c., che, come osservato dalla stessa Cassazione nel 2017, attiene allo “scopo di valorizzare la leale e non defatigante condotta processuale delle parti e assicurare il pieno espletamento del diritto di difesa dell’attore, messo al sicuro da revirement e deduzioni rateali” (Cass., 28 settembre 2017, n .22701) e dunque poco si presta a discussioni ex post sulla natura o meno di documento; e anzi presuppone, per consentire un’effettiva semplificazione del lavoro del giudice nell’accertamento dei fatti, che la sussistenza o meno dell’onere di contestazione non derivi da un ulteriore apprezzamento dei requisiti minimi del documento nel quale la dichiarazione è contenuta.

La seconda ragione di perplessità attiene all’iter logico- giuridico che ha condotto la Corte alla necessità stessa di distinguere, ai fini degli effetti della non contestazione, tra documenti esistenti e inesistenti giuridicamente.

L’onere di contestazione opera, per espressa previsione dell’art. 115 c.p.c., in materia di fatti. prevedendo un vero e proprio obbligo (“deve”) per il giudice di “porre a fondamento della decisione […] i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita”, e in questo contesto l’applicazione della severa conseguenza dell’omessa specificazione ad un preventivo appare discutibile. Quest’ultimo per sua natura contiene infatti la valutazione “economica” degli effetti di un fatto asseritamente lesivo nei confronti di una delle parti, e non un fatto in sé (tutt’al più esso attesta il fatto che il terzo, nel documento nel quale si estrinseca il preventivo, ha ritenuto che un determinato evento abbia causato ad una parte un danno la cui eliminazione comporterà spese di un certo importo: ma anche in questa ottica l’art. 115 c.p.c. non condurrebbe ad alcun effetto utile a chi invoca la non contestazione).

Proprio perché frutto di una valutazione, l’elemento conoscitivo apportato dal preventivo sembra sfuggire alla logica della non contestazione, così come, in altri settori, è stata ritenuta estranea alla disciplina in parola – e dunque agli effetti di cui all’art. 115 c.p.c. – la componente “normativa” e “non fattuale” dei conteggi allegati da un consulente tecnico “ai fini della quantificazione del credito oggetto della domanda”, essendo “irrilevante la non contestazione attinente all’interpretazione della disciplina legale o contrattuale della quantificazione” e invece “appartenendo al potere-dovere del giudice la cognizione di tale disciplina, mentre rileva quella che ha ad oggetto i fatti da accertare nel processo e non la loro qualificazione giuridica” (Cass., 6 agosto 2019, n. 20998); è stato espressamente negato (da Cass., 5 marzo 2020, n. 6172) che l’onere di contestazione possa riguardare, anziché “fatti storici sottesi a domande ed eccezioni”, le “conclusioni ricostruttive desumibili dalla valutazione di documenti”; e si è affermato, sul piano generale, che le mere “opinioni” (come quelle contenute in una perizia di parte, così Cass., 22 maggio 2014, n. 11349) non rientrano nell’ambito applicativo dell’art. 115 c.p.c. e dunque non sono soggette ad un onere di specifica contestazione.

In quest’ordine di idee, la discutibile precisazione della Corte diventa per altra via persino superflua perché il giudice, nel caso di specie, poteva ritenersi esonerato dal compito di interrogarsi sull’avvenuta contestazione di un documento che non conteneva un fatto, e che dunque non avrebbe potuto in ogni caso vincolare la sua decisione sul quantum risarcitorio sulla base del mero silenzio, sul suo contenuto, serbato della parte nei cui confronti lo scritto era stato prodotto. E perde altresì di rilevanza l’ulteriore quesito, cui non dà risposta la lettura dello svolgimento dei precedenti gradi di giudizio emergente della motivazione della sentenza in esame, se il preventivo sia stato effettivamente citato negli atti della società attrice: qualora infatti, al contrario, il contenuto del documento prodotto non sia stato valorizzato nelle difese scritte, l’insussistenza dell’onere di contestazione sarebbe argomentabile sotto un ulteriore profilo, ossia l’assenza di apposita allegazione in alcuna difesa di parte (in tal senso la citata sentenza Cass., 11349/2004, che in motivazione precisa come “l’onere di contestazione concern[a] i fatti allegati dalla controparte negli atti introduttivi del giudizio, non nei documenti ad essi allegati”).

Sull’onere di cui all’art. 115 c.p.c., senza pretese di esaustività dato il numero di lavori dedicati espressamente all’istituto prima e dopo la nota sentenza delle Sezioni Unite n. 761 del 23 gennaio 2002, v. Battaglia, Sull’onere del convenuto di prendere posizione in ordine ai fatti posti a fondamento della domanda (riflessioni sull’onere della prova), in Riv. dir. proc., 2009, p. 1512 ss.; Carosi, Il principio della non contestazione ad oltre un decennio dalla novella dell’art. 115, comma 1, c.p.c., in Il Processo, 2020, 555 ss.; Carratta, Il principio della non contestazione nel processo civile, Milano, 1995, passim; Id. Principio della non contestazione e art. 115 c.p.c., in Il libro dell’anno del diritto, Roma, 2012, p. 630;  Cea, Le incertezze della cassazione in tema di non contestazione ed il bisogno di nomofilachia, in Foro it., 2012, I, 1575; Id., L’evoluzione del dibattito sulla non contestazione, in Foro it., 2011, V, c.99 ss.; Clerici, Il principio di non contestazione dopo la riforma dell’art. 115 c.p.c., in www.judicium.it; De Vita, Onere di contestazione e modelli processuali, Roma, 2012, passim; Frus, Il principio di non contestazione tra innovazioni normative, interpretazioni dottrinali e applicazioni giurisprudenziali: soggetti, oggetto e modalità della contestazione, in www.judicium.it; Id., Un interessante (ma non condivisibile) principio in tema di onere di contestazione specifica, diretto a spezzare in taluni casi la necessaria circolarità tra onere di contestazione e di contestazione, in Giur. it., 2012, I, 131 ss.; Mocci, Principio del contraddittorio e non contestazione, in Riv. dir. proc., 2011, p. 316 ss.; Pacilli, Osservazioni sul principio di non contestazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2011, p. 299 e segg.; Proto Pisani, Allegazione dei fatti e principio di non contestazione nel processo civile, in Foro it., 2003, I, 604; Tedoldi, La non contestazione nel nuovo art. 115 c.p.c., in Riv. dir. proc., 2011, 76 ss.; Sassani, L’onere della contestazione, in www.judicium.it.