24 Settembre 2024

Il termine per proporre l’istanza di assegnazione è perentorio

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 2 agosto 2024, n. 21860 – Pres. De Stefano – Rel. Saija

Espropriazione immobiliare – Istanza di assegnazione – Termine per la presentazione – Natura perentoria

[1] Massima: Deve qualificarsi come perentorio il termine – di dieci giorni prima dell’udienza fissata per la vendita – previsto dall’art. 588 c.p.c. per proporre l’istanza di assegnazione.

CASO

Il creditore intervenuto in un’espropriazione immobiliare proponeva istanza di assegnazione dell’immobile pignorato.

Avendo il giudice dell’esecuzione dichiarato inammissibile l’istanza, perché presentata dopo la scadenza del termine previsto dall’art. 588 c.p.c., l’immobile, all’esito dell’esperimento di vendita tenutosi alcuni giorni dopo, era aggiudicato agli offerenti che avevano presentato l’unica offerta al prezzo minimo (ossia ridotto di un quarto rispetto a quello base, ai sensi dell’art. 571, comma 2, c.p.c.).

Il creditore, quindi, impugnava il provvedimento con cui l’istanza di assegnazione era stata dichiarata inammissibile mediante opposizione ex art. 617 c.p.c., che il Tribunale di Palermo rigettava, rilevando che, nelle more, era stato emesso il decreto di trasferimento in favore degli aggiudicatari e che la somma ricavata dalla vendita era stata distribuita, con conseguente irrevocabilità degli effetti della vendita; l’istanza, in ogni caso, andava considerata senz’altro inammissibile giacché, da un lato, era stata presentata dopo la scadenza del termine – da qualificarsi come perentorio – fissato dall’art. 588 c.p.c. e, dall’altro lato, non era stata accompagnata dal versamento delle somme occorrenti per soddisfare il creditore ipotecario di primo grado.

La sentenza del Tribunale di Palermo veniva gravata con ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione ha respinto il ricorso, affermando – in discontinuità rispetto a un proprio precedente risalente al 2011 – che il termine di dieci giorni prima dell’udienza fissata per la vendita stabilito dall’art. 588 c.p.c. per la presentazione dell’istanza di assegnazione dell’immobile pignorato ha natura perentoria, sicché dev’essere rispettato a pena di decadenza.

QUESTIONI

[1] Intervenuta nell’ambito di un giudizio di opposizione agli atti esecutivi avente per oggetto l’ordinanza d’inammissibilità di un’istanza di assegnazione presentata in un’espropriazione immobiliare, la Corte di cassazione ha condotto una puntuale ricostruzione dell’istituto dell’assegnazione, delineandone – in modo per certi versi innovativo – i tratti fondamentali e fornendo a coloro che operano nel settore della vendita forzata importanti coordinate di riferimento.

L’assegnazione – che rappresenta un modo di soddisfazione dei creditori alternativo rispetto alla vendita – ha assunto un ruolo significativo nell’ambito dell’espropriazione forzata, dal momento che le modifiche apportate alla sua disciplina, anche attraverso l’introduzione di strumenti volti a incentivarne l’utilizzo (si pensi, per esempio, alla possibilità per il creditore di chiedere l’assegnazione in favore di un terzo, ai sensi dell’art. 590-bis c.p.c.), lo hanno indubbiamente reso più attraente.

In virtù di quanto stabilito dall’art. 589 c.p.c., l’istanza di assegnazione deve contenere l’offerta di pagamento di una somma non inferiore a quella prevista nell’art. 506 c.p.c. e al prezzo base stabilito per l’esperimento di vendita per cui è presentata: in ragione di ciò, il prezzo dell’assegnazione, a fronte di successivi ribassi del prezzo base disposti ai sensi dell’art. 591 c.p.c., segue quello della vendita (e non resta ancorato a quello di stima o al prezzo base fissato nell’ordinanza pronunciata dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 569 c.p.c.), sicché l’istanza può essere proposta per il prezzo base fissato per quel determinato esperimento di vendita in relazione al quale viene presentata.

Vista la disciplina dettata dagli artt. 572 e 573 c.p.c., l’istanza di assegnazione rappresenta un valido strumento di cui il creditore può avvalersi qualora intenda evitare che l’immobile venga aggiudicato al prezzo minimo (ossia inferiore di un quarto rispetto a quello base), dal momento che è destinata a trovare accoglimento:

  • quando non sia stata presentata alcuna offerta d’acquisto (indipendentemente dal fatto che si tratti del primo esperimento di vendita o di quelli successivi);
  • quando vi sia una sola offerta inferiore al prezzo base o, in presenza di più offerte, all’esito della gara (cui non è legittimato a partecipare il creditore che ha chiesto l’assegnazione) non sia raggiunto il prezzo base.

Tuttavia, mentre nel primo caso l’assegnazione si pone in termini necessitati, dovendo senz’altro essere disposta, nel secondo caso ciò avviene solo a partire dal secondo esperimento di vendita in poi, dal momento che, in occasione del primo, in capo al giudice dell’esecuzione residua il potere discrezionale – sancito dall’art. 572, comma 3, c.p.c. – di fissare una nuova vendita qualora ritenga possibile conseguire un prezzo superiore, dovendo altrimenti procedere all’assegnazione in favore del creditore istante.

Le modifiche che hanno interessato l’assegnazione riguardano anche il termine per la proposizione dell’istanza: l’art. 588 c.p.c., infatti, stabilisce ora che essa va presentata almeno dieci giorni prima della data fissata per la vendita senza incanto.

L’introduzione di tale termine si spiega con la necessità di consentire al giudice dell’esecuzione (ovvero al professionista delegato alle operazioni di vendita) di conoscere tempestivamente l’esistenza dell’istanza e assumere i conseguenti provvedimenti, sicché ha indubbiamente natura acceleratoria.

Secondo una prima impostazione, peraltro, si tratterebbe di un termine perentorio, da rispettare a pena di decadenza, mentre un’altra impostazione – sposata anche dalla giurisprudenza di legittimità (il riferimento è a Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2011, n. 8857, peraltro riferita a fattispecie soggetta al regime antecedente alle riforme che hanno modificato la disciplina dell’assegnazione, anche per quanto concerne il termine per la presentazione dell’istanza) – propende per la sua natura ordinatoria (con conseguente prorogabilità prima della sua scadenza), in mancanza di un’espressa qualificazione normativa in senso contrario.

Nella sentenza che si annota, il termine di cui all’art. 588 c.p.c. viene qualificato come perentorio, non essendo reputata determinante la circostanza per cui tale natura non viene espressamente attribuita dalla norma, essendo essa desumibile dalla funzione che il termine svolge e dalle conseguenze che la legge ricollega alla sua inosservanza: in questo senso, l’esigenza di velocizzare e rendere più efficiente il processo esecutivo giustifica la perentorietà, perché l’istanza di assegnazione interferisce direttamente con l’aggiudicazione (in particolare quando sia stata presentata un’offerta inferiore al prezzo base), sicché il creditore deve necessariamente esercitare la facoltà processuale attribuitagli in conformità allo schema procedurale delineato dal legislatore, onde non pregiudicare l’interesse contrapposto dell’offerente, che subirebbe gli effetti di un’istanza proposta in violazione di detto schema.

Secondo i giudici di legittimità, “esigenze di certezza e di funzionalità dell’esecuzione forzata, ed in particolare della fase liquidatoria, così come disegnata dalle riforme del 2015-2016, inducono a pretendere da tutti gli interessati (compresi i creditori) il rigoroso rispetto delle scansioni procedurali … e, quindi, dei tempi e dei modi per essa stabiliti, che non possono mutare, senza alterare l’affidamento degli estranei, nel corso della fase della vendita”.

Né tale soluzione comporta un pregiudizio irreparabile per il creditore, che, in caso di tardiva proposizione dell’istanza, può, ricorrendone i presupposti, avvalersi del rimedio generale della rimessione in termini per causa non imputabile (art 153, comma 2, c.p.c.) e, a ogni modo, partecipare alla vendita (anche) mediante la presentazione di un’offerta d’acquisto (il cui termine di scadenza è solitamente successivo a quello previsto dall’art. 588 c.p.c.).

Per quanto concerne, infine, le modalità di presentazione dell’istanza di assegnazione, la Corte di cassazione precisa che, in virtù dell’art. 589 c.p.c., essa deve contenere l’offerta di pagamento di un importo non inferiore a quello previsto nell’art. 506 c.p.c. e al prezzo base stabilito per l’esperimento di vendita per cui è presentata, mentre non occorre che vengano contestualmente depositate le somme necessarie per soddisfare i creditori privilegiati di grado poziore rispetto a quello istante; in effetti, non avrebbe senso onerare il creditore del deposito, sin dalla presentazione dell’istanza, di somme anche consistenti, senza avere la certezza di conseguire l’assegnazione del bene stesso, soprattutto se si considera che coloro che intendono presentare offerte d’acquisto sono tenuti al versamento della sola cauzione, come stabilito dall’art. 571 c.p.c.

Un breve cenno, infine, alla questione – squisitamente procedurale – relativa alla possibilità di coltivare utilmente l’opposizione avverso la declaratoria d’inammissibilità dell’istanza di assegnazione quando sia intervenuta la definizione e la chiusura del processo esecutivo.

In ordine a questo aspetto, i giudici di legittimità hanno censurato la valutazione operata dal Tribunale di Palermo, che aveva negato l’interesse a ottenere una pronuncia sull’opposizione: il suo accoglimento, infatti, avrebbe riverberato i propri effetti – destinati a operare ex tunc – sugli atti successivi dipendenti da quello impugnato e annullato, rendendoli invalidi per derivazione, giusta quanto stabilito dall’art. 159, comma 1, c.p.c., indipendentemente dall’impugnazione del decreto di trasferimento frattanto emesso o dalla contestazione degli esiti della distribuzione.

Opinando diversamente, secondo la Corte di cassazione, verrebbe attribuito al giudice dell’esecuzione un potere esorbitante rispetto a quello del giudice deputato a conoscere la fase di merito dell’opposizione, giacché l’esito di questa finirebbe per dipendere dal fatto che l’esecuzione sia stata sospesa o meno, nel senso che la sentenza potrebbe essere resa solo in caso di sospensione della procedura esecutiva disposta dal giudice dell’esecuzione.

Nel caso di specie, invece, la caducazione del provvedimento che aveva dichiarato inammissibile l’istanza di assegnazione avrebbe comportato la regressione della procedura alla fase immediatamente precedente alla sua adozione: gli effetti dell’istanza di assegnazione, dunque, avrebbero dovuto essere rivalutati e, in presenza di un’unica offerta d’acquisto inferiore al prezzo base, condurre al suo accoglimento.

L’art. 2929 c.c., del resto, fa salva la posizione dell’aggiudicatario solo in relazione ad atti antecedenti alla vendita forzata e non è quindi applicabile quando si discuta della legittimità di quelli assunti nel medesimo subprocedimento liquidatorio, mentre l’art. 187-bis disp. att. c.p.c. tutela la stabilità dell’aggiudicazione (o dell’assegnazione) solo in relazione a fatti che determinano l’estinzione o la chiusura anticipata del processo esecutivo.

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