4 Aprile 2018

Sul termine di decadenza per le contestazioni alla C.T.U.

di Marco Russo, Avvocato Scarica in PDF

Cass., sez. II, 5 dicembre 2017, n. 29099. Pres. Bianchini, Est. Orilia

Consulenza tecnica d’ufficio – Osservazioni critiche – Eccezione – Termine – Nullità relativa (C.p.c., artt. 156, 157, 191, 195)

Le contestazioni ad una relazione di consulenza tecnica d’ufficio costituiscono eccezioni rispetto al suo contenuto, e dunque sono soggette al termine di preclusione di cui dell’art. 157 c.p.c., comma 2: conseguentemente, esse devono essere dedotte, a pena di decadenza, nella prima istanza o difesa successiva al suo deposito.

CASO

Il tribunale rigetta la domanda di risoluzione per inadempimento del contratto d’appalto (in particolare di sviluppo di un software destinato alla gestione di risultati elettorali) formulata dall’attore e accoglie invece la riconvenzionale proposta dal convenuto per la dichiarazione dell’inadempimento del committente, nonché la condanna di questi al pagamento delle somme ancora dovute e al risarcimento del danno.

All’esito dell’indagine tecnica disposta in secondo grado, la Corte d’appello ribalta la sentenza del tribunale accogliendo la domanda di risoluzione dell’appellante e attore in primo grado e respingendo la censura sull’irrituale produzione di documenti in sede di consulenza tecnica.

La decisione è impugnata avanti alla Corte di cassazione, tra gli altri motivi, per essersi basata su una consulenza tecnica che, secondo il ricorrente, avrebbe inammisibilmente acquisito nuovi documenti non agli atti (tra cui copia della analisi tecnica della procedura, della base dati e del prototipo forniti al prestatore e copia delle specifiche fornite al prestatore), così permettendo al committente di sopperire alle carenze probatorie riscontrate dal primo giudice.

SOLUZIONE

La Cassazione conferma la decisione di merito nella parte in cui ha ritenuto, basandosi su “quanto dichiarato espressamente dall’ausiliare” che per rispondere al quesito il perito d’ufficio si è basato “principalmente, se non esclusivamente, sui documenti presenti nei fascicoli delle parti” e, con “rilievo” che “tronca definitivamente la discussione sull’argomento”, osserva che “le contestazioni ad una relazione di consulenza tecnica d’ufficio costituiscono eccezioni rispetto al suo contenuto, sicché sono soggette al termine di preclusione di cui dell’art. 157 c.p.c., comma 2, dovendo, pertanto, dedursi – a pena di decadenza – nella prima istanza o difesa successiva al suo deposito”: onere a cui il ricorrente, appellato nel giudizio di secondo grado, non ha tempestivamente adempiuto.

QUESTIONE

L’orientamento è consolidato. Ancora con sent. Cass., 15 novembre 2017, n. 27136 la Corte ha ribadito che il termine per l’effettuazione delle censure alla consulenza tecnica d’ufficio è la “prima istanza o difesa successiva al suo deposito”, e alla stessa conclusione sono giunte recentemente Cass., 4 agosto 2017, n. 19493; Cass., 3 agosto 2017, n. 19427; Cass., 7 luglio 2017, n. 16866; Cass., 25 febbraio 2014, n. 4448.

Non ha risvolti operativi, quanto al termine per la proposizione, distinguere tra i tipi di “contestazione” cui la predetta giurisprudenza fa genericamente cenno.

Non si pone infatti questione laddove la censura si risolva in un’eccezione di nullità relativa della consulenza tecnica d’ufficio, trovando in questo caso disciplina l’art. 157 c.p.c. e dovendosi concludere che, in assenza di tempestiva eccezione, il vizio risulta sanato.

Ma il termine non muta nel caso in cui la “contestazione ad una relazione di consulenza tecnica d’ufficio” riguardi il merito dell’indagine peritale, ossia lamenti la non condivisibilità sul piano tecnico delle conclusioni raggiunte dall’ausiliare del giudice, in quanto necessitanti di un supplemento di indagini.

E’ il caso, frequente nella pratica e quasi “fisiologico” nella dinamica processuale, in cui una delle parti, e verosimilmente quella la cui ricostruzione fattuale risulti avvalorata dagli esiti della perizia, contesti tali esiti non per ragioni legate all’irritualità del subprocedimento ma, sulla scorta delle indicazioni tecniche fornite dal proprio perito, per la qualità intrinseca ovvero per la pretesa insufficienza dell’indagine.

La Cassazione precisa infatti che nel corso del giudizio di merito il giudice ha la possibilità di riconvocare il consulente d’ufficio per domandargli l’integrazione del proprio elaborato: ma laddove la parte abbia trascurato di provvedere tempestivamente alla richiesta di integrazione o chiarimento, non può contestare una carenza della consulenza negli scritti successivi e, in particolare, per la prima volta in sede di legittimità (Cass., 9 settembre 2013, n. 20636).

La tempistica per l’effettuazione delle censure tecniche all’operato del C.T.U. trova oggi regolamentazione nella scansione imposta dall’art. 195 c.p.c.: una sorta di “calendario”, fissato da due distinte ordinanze con la prima delle quali il giudice, nel nominare il consulente e nel formulare i quesiti, fissa udienza per la comparizione del perito e la prestazione del giuramento di rito; con la seconda, il giudice fissa un termine per il deposito della relazione da parte del C.T.U., cui segue un secondo termine “entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione” e un ultimo termine “entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse”.

E’ stata così elevata a regola la prassi per cui i consulenti, già sotto la vigenza del precedente art. 195 c.p.c., sottoponevano alla critica delle parti una bozza preliminare, in antitesi alla modalità operativa – ammessa dalla formulazione previgente della norma, ma sicuramente più dispendiosa in termini di economia processuale (e da alcuni in dottrina definita “deleteria”: Potetti, Novità e vecchie questioni in tema di consulenza tecnica d’ufficio nel processo civile, in Giur. Mer., 2010, I, 24) – della redazione della perizia “al buio” delle possibili censure provenienti dai consulenti tecnici di parte.

La soluzione conduceva infatti ad un ovvio rallentamento nei tempi di conclusione del subprocedimento, stante il possibile richiamo a chiarimenti del C.T.U. e la necessità, che poteva derivarne, di integrazione scritta dell’indagine (eventualità, quest’ultima, che la nuova formulazione dell’art. 195 c.p.c. non può escludere ma che, alla luce della giurisprudenza in commento, sostanzialmente limita all’ipotesi in cui il C.T.U. abbia dissentito dai rilievi del consulente di parte e quest’ultima parte, ribadendo la medesima istanza al giudice, abbia ottenuto da questi la rinnovazione della perizia ai sensi dell’art. 196 c.p.c.).

Esaminando la casistica, un primo ordine di problemi attiene al vizio della consulenza realizzata sulla base di operazioni peritali il cui inizio non sia stato comunicato ad una delle parti costituite.

La giurisprudenza sul punto ritiene che l’omissione, nella misura abbia in concreto privato uno dei soggetti del processo della possibilità di partecipare alla fase in cui il C.T.U. viene a contatto con il materiale che formerà oggetto della propria analisi tecnica, comporta la nullità della perizia laddove il vizio sia eccepito nei termini di cui al secondo comma dell’art. 157 c.p.c. (Cass., 10 dicembre 2010, n. 24996; Trib. Perugia, 23 maggio 2011, in www.plurisonline.it precisa che l’onere di informazione non si estende ai “dati per il prosieguo delle operazioni”, i quali si considerano conoscibili anche dalle parti assenti alla prima o ad altra delle successive sedute).

La medesima natura di nullità relativa appare doversi attribuire anche all’ipotesi in cui il consulente abbia elaborato la versione definitiva della propria perizia negando il diritto delle parti a conoscere preventivamente il testo della prima bozza, e alla diversa fattispecie in cui la consulenza depositata in cancelleria, pur avendo materialmente seguito lo scambio delle bozze e delle osservazioni di parte, non contenga la “sintetica valutazione” di queste ultime.

La giurisprudenza precisa infine che, in ogni caso, sulla validità della relazione del consulente tecnico d’ufficio non incide l’eventuale nullità di alcune rilevazioni od accertamenti compiuti dal consulente medesimo, per violazione del principio del contraddittorio e conseguente pregiudizio del diritto di difesa delle parti, ove tali rilevazioni od accertamenti non abbiano spiegato alcun effetto sul contenuto della consulenza e sulle relative conclusioni finali (Cass., 14 febbraio 2017, n. 3893; Cass., 23 giugno 2011, n. 13892).

Sulla disciplina degli artt. 191 ss. c.p.c. successiva ala L. 69/2009, v. Demarchi, Questioni pregiudiziali di rito, condanna alle spese e consulenza tecnica nella miniriforma del processo civile, in www.ilcaso.it; Esposito, Le modifiche riguardanti l’istruttoria della causa nella disciplina della l. 69/2009, ivi; SassaniTiscini, Prime osservazioni sulla legge 18 giugno 2009, n. 69, in www.judicium.it. Sull’istituto della consulenza tecnica d’ufficio, in generale, v. Auletta, Il procedimento di istruzione probatoria mediante consulente tecnico, Padova, 2002, passim; C.M. Barone, voce “Consulente tecnico, I) Dir. Proc. Civ.”, in Enc. giur., VIII, Roma, 1988; Comoglio, L’utilizzazione processuale del sapere extragiuridico nella prospettiva comparatistica, in Riv. dir. proc., 2005, 1145 ss.; Denti, Scientificità della prova e libera valutazione del giudice, ivi, 1972, 414 ss.; Dones, Struttura e funzione della consulenza tecnica, Milano, 1962, passim; Franchi, La perizia civile, Padova, 1959, passim; Giudiceandrea, voce “Consulente tecnico”, in Enc. dir., IX, Milano, 1961, 531 ss.; Lombardo, Prova scientifica e osservanza del contraddittorio nel processo civile, in Riv. dir. proc., 2002, 1083 ss.; Molfese, Il consulente tecnico in materia civile, Padova, 2003, passim; E. Protettì – M.T. Protettì, La consulenza tecnica nel processo civile, Milano, 1994, passim; Vellani, voce “Consulenza tecnica nel diritto processuale civile”, in Dig. disc. priv., Sez. civ., III, Torino, 1988, 525 ss.